Premio Racconti nella Rete 2024 “La Strega” di Luca Busonera
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024Il bambino osservava le finestre della casa. Dalla strada vuota riusciva a percepire quella presenza nascosta dietro le tende. Sapeva, come tutti, chi lì abitava.
Ogni pomeriggio, assieme al suo gruppo di amici, andava davanti a quella porta blindata di legno rovinato, sfidando la sorte. Quando qualcuno di loro premeva il campanello fuggivano per ogni incrocio, nascondendosi dietro le auto, infilandosi nei cortili aperti, i più paurosi correvano piangendo tra le braccia delle madri.
Nessuno era ancora stato rapito dalla Strega.
Le descrizioni cambiavano al cambiare delle stagioni; aveva i capelli bianchi, neri, gialli, per alcuni era senza. E gli occhi? Rossi come il baratro dell’inferno. Aveva mani scheletriche o grasse, puzzava di muffa o profumava di dolci, volava la notte come pipistrello o si trasformava in un gatto e pisciava dentro i loro giardini.
Era un camaleonte di descrizioni, ma per lui un fantasma di pura energia.
Attratto senza capire il perché, decise infine di affrontare quella figura mai davvero vista. Ogni cellula del corpo gridava di fuggire, sarebbe morto qui e ora, solo, cucinato, mangiato.
La manina incerta si sollevò in aria, l’indice schiacciò il bottone del campanello.
Il trillo risuonò dall’antro più oscuro della Terra, un terremoto lo investì facendolo vibrare di terrore. Recuperò la mano per la paura di vedersela staccare, non senza rancore per ciò che aveva fatto, voleva azzannarla per aver davvero premuto il campanello. La infilò nella tasca, in punizione, paralizzato mosse appena il collo.
Nella finestra a sinistra, la più vicina alla porta, la tenda si aprì lenta e decisa.
Una mano bianca, inanellata di oro rosa, stringeva con delicatezza il tessuto beige.
E la vide, per la prima volta in tutta la sua vita, la vide attraverso il vetro pulito.
Era seduta, di profilo, la crocchia bionda scomparve non appena ruotò la testa nella sua direzione. Ciocche di capelli le tagliavano il viso giovane, nascondendo le piccole rughe ai margini degli occhi, scendendo fino oltre le labbra pitturate di rosso, al di là del mento. I loro occhi erano incollati in un abbraccio magnetico.
Il cuoricino del bambino si riempì di una strana sensazione, il respiro aumentò di intensità e sentì le proprie interiora divorate, cotte dall’interno.
Avevano entrambi gli occhi chiari seppur diversi, la Strega di un grigio indefinito mischiato ad un verde più intenso. E il bambino vide dentro quell’universo in miniatura tutta la malinconia e il dolore che solo lo sguardo è capace di proiettare.
La mano evase dalla prigione di tessuto dei pantaloncini, alzandosi fino alla testa.
Salutò, bocca spalancata, la Strega dagli occhi tristi.
E fuggì via, senza più voltarsi.
Immagino che tutti, da bimbi, abbiamo avuto paura di avvicinare un posto ambiguo. Il tuo racconto, seppure ben strutturato, riporta però alla mente qualcosa di già sentito.
Forse, per incatenarci di più alla storia, potresti far pronunciare dalla voce dei bambini quanto è cattiva questa strega, mostrare con azioni dettagliate e dialoghi quei pomeriggi in cui sfidavano la sorte.
Inoltre, ci sono alcune situazioni che sbalzano me-lettore fuori dal racconto: la signora sposta la tenda e rimane di profilo? Se i capelli coprono le rughe, come fa a conoscerne l’esistenza? “…scendendo fino oltre le labbra pitturate di rosso, al di là del mento” dà l’impressione che il rossetto sia sbavato.
Se mi permetto di farti notare questi particolari è perché anch’io commetto gli stessi errori e sto tentando di superarli.
Confidando che le mie osservazioni possano esserti d’aiuto, ti auguro di trovare la tua voce continuando a scrivere.
Molto carino, con passagi ben costruiti ! Come Anna Rita ti inviterei a rileggere più volte il racconto, in modo di eliminare certe piccole incongruenze