Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “Nonna Gianca” di Sara Romanato (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

RFaceva molto freddo dove viveva Nonna Gianca da ormai molto tempo. Christian non sapeva nemmeno come contarlo. Sapeva solo che lui l’aveva sempre vista là: Nonna Gianca era sempre stata là, in mezzo alle montagne e alla neve alta almeno un metro.

Nonna Gianca non era la vera nonna di Christian e nemmeno Christian era il vero nipote di Nonna Gianca.

Lei non aveva avuto figli nella sua lunga ed emozionante vita; perciò, non poteva nemmeno avere dei nipoti. Ciò che aveva però, da sempre, fatto era prendersi cura dei bambini degli altri. Così aveva accumulato un gran numero di nipoti di cuore, come amava dire. Christian era uno di questi. L’ultimo.

Nel tempo che venne prima dei ricordi di Christian, Nonna Gianca aveva deciso di ritirarsi e, finché non fosse giunto il momento di incamminarsi verso l’ultimo tratto del sentiero, di fermarsi in un luogo tranquillo e appartato. La casupola dove andò ad abitare era abbarbicata sul cucuzzolo di una montagna sempre innevata. Christian sapeva che, dove viveva la nonna, le stoffe e i tessuti non potevano che essere a fiori, la stufa accesa e il caffè sul fuoco. A Nonna Gianca piaceva molto il caffè e, anche se doveva stare attenta a non berne troppo, non se lo faceva mai mancare. Diceva che le faceva passare il mal di testa ma, era solo una scusa!

Un giorno, Christian andò a trovare Nonna Gianca con una notizia. La scuola era terminata e, questa volta, per lui era finita sul serio.

Mancavano gli ultimi metri in salita sul sentiero stretto che conduceva alla casa e lui, con il volto arrossato e gli sbuffi di fiato che uscivano dalla bocca e dal naso, si arrampicava a fatica con un vaso di fiori colorati in braccio.

«Christian!» chiamò Nonna Gianca ancor prima che il ragazzo raggiungesse l’entrata.

«La scuola?»

Christian sorrise. La nonna aveva aiutato così tanti nipoti a sconfiggere i Mostri della scuola (così diceva quando uno non andava bene a scuola) che quello era il suo primo pensiero quando li incontrava.

«Bene, nonna!» rispose. «Ho una grande notizia.»

Nonna Gianca lo guardò compiaciuta e lo fece entrare in casa ma prima, baci e abbracci non gli diedero scampo mentre un sole di cristallo riusciva a malapena a sciogliere la neve sul tetto e a tramutarla in una sinfonia di goccioline e di rigagnoli d’acqua limpida.

«Qui si sta bene!» disse il ragazzo togliendosi la pesante giacca a vento e mettendosi a sedere al tavolo rotondo tra la cucina e il soggiorno.

«Dimmi, raccontami» disse Nonna Gianca sedendo davanti a lui.

«Parto per un viaggio in un Paese Lontano.»

«Che meraviglia!» disse la nonna rimembrando le sue scorribande per il mondo.

«Mi scriverai allora?» chiese.

«Oggi non si scrivono più le lettere. Guarda!» rispose lui titubante, estraendo dalla tasca il suo nuovo telefono.

Christian sapeva che uno dei motivi per cui la nonna era andata a vivere lassù era proprio quello di stare lontana da tutte quelle cose. E non perché nella sua vita si fosse sempre rifiutata di possederle, ma perché credeva fosse giunta l’ora di liberarsene.

Sul tavolo, una vecchia macchina da scrivere, che le aveva procurato il Signor Uccellaio, troneggiava indisturbata e serviva a Nonna Gianca per mantenere i contatti col mondo. Ma il mondo era andato avanti e lei aveva deciso, così, di lasciarlo andare.

«Sei proprio sicuro?» chiese la nonna.

«Girerò parecchio e mi sposterò da un posto all’altro. Sarà sicuramente più facile. Sarà come essere insieme!» disse con sguardo supplichevole.

«Va bene» disse, allora, Nonna Gianca.

Christian sorrise e, dopo aver bevuto il caffè con lei e aver chiacchierato della partenza, salutò la nonna e partì.

Non passò molto tempo che il nuovo telefono di Nonna Gianca aveva un trono tutto per sé sul tavolino a fianco della macchina da scrivere. Ogni tanto emetteva qualche squillo e, la maggior parte delle volte, suonava e suonava ma, dall’altro capo, non era quasi mai la voce di Christian a parlare. Nonna Gianca riceveva messaggi, video e fotografie del viaggio mentre, nel Paese Lontano, gli occhi del ragazzo traboccavano di meraviglia e di cose mai viste.

Una mattina Nonna Gianca scese in paese e portò con sé il nuovo telefono; in fin dei conti, ci si stava anche abituando. L’inverno era alle porte ed era arrivata l’ora di fare provviste. Una volta giunta nella via principale si fermò dal Signor Uccellaio che le aveva procurato dei ricambi per la sua macchina da scrivere.

«Nonna Gianca!» esordì non appena la vide.

La nonna non fece in tempo a replicare che il nuovo telefono cominciò a trillare.

«Sarà lui» disse la nonna facendo cenno all’Uccellaio di attendere.

Si tolse lentamente i guanti e, mentre il telefono squillava e squillava, con un gesto misurato rispose.

«Pronto!»

Il volto della nonna si incupì all’istante poi sbuffò.

«La ringrazio» disse e, con un altro gesto flemmatico, riagganciò.

«Qualcosa non va?» chiese l’Uccellaio mentre dava colpetti alla gabbia dorata che portava montata sul cappello.

«Questo aggeggio squilla sempre per le cose poco importanti» rispose la nonna.

«Sta buono, tu!» disse improvvisamente il Signor Uccellaio rivolgendosi a uno dei due uccellini che custodiva nella gabbia dorata sul cappello. La sua bottega era un emporio dove si trovava un po’ di tutto e, qui e là, cinguettavano uccellini colorati che il Signor Uccellaio custodiva e accudiva come fossero messaggeri divini. Quelli che portava sulla testa, dal piumaggio arcobaleno, soffice e vaporoso e dai piccoli becchi che parevano infuocati dal sole, erano gli ultimi due esemplari di Uccelli del Paradiso.

«Sembrerebbe che sia d’accordo con me» disse nonna Gianca sorridendo.

«Non ha mai fatto così» disse l’Uccellaio pensieroso.

«E, il nipote in viaggio?» chiese.

«Ha preso il volo. Mi manda messaggi, foto e via dicendo» rispose la nonna mostrando alcune immagini sullo schermo del telefono.

Poi, Nonna Gianca ritirò i ricambi, fece provviste e risalì sulla cima della montagna poco prima che facesse buio. Quella notte la bufera di neve imperversò e i chiari segnali dell’inverno si fecero sentire.

Il mattino seguente il nuovo telefono prese a trillare risvegliando la nonna dal sonno.

«Sto tornando!» disse la voce di Christian tramite un audio messaggio.

Gli occhi di Nonna Gianca presero a brillare di gioia come cristalli di neve al sole e, in attesa che Christian spuntasse lungo il sentiero come una macchietta colorata su di un foglio bianco, la nonna si preparò ad accoglierlo.

Il giorno in cui lo vide apparire, il cuore di Nonna Gianca esplose di gioia ma nel momento tanto atteso in cui provò a riabbracciarlo, questi si divincolò. Nonna Gianca si scostò e Christian sfilò il telefono dalla tasca della giacca iniziando, tra trilli e squilli, a fare il resoconto del viaggio. Senza mai guardarla negli occhi.

Una strana sensazione calò tra di loro come un muro invisibile. Nonna Gianca sedeva vicino a Christian, entrambi reggevano i loro telefoni e dimoravano in due galassie separate. Nemmeno quando si salutarono sulla porta una carezza ruppe il gelo.

Nonna Gianca rientrò in casa con uno sguardo inerme. Per diversi giorni non si fece vedere né sentire. Finché il Signor Uccellaio, preoccupato per la sua assenza, decise di arrampicarsi fino alla cima della montagna per bussare alla sua porta.

«Nonna Gianca!» disse vedendola socchiudere l’uscio con molta fatica.

Il suo volto era segnato e lo sguardo privo di luce. L’Uccellaio entrò in casa e, in quel mentre, gli ultimi due esemplari di Uccellini del Paradiso si misero a cinguettare come impazziti. L’Uccellaio si incupì.

Nonna Gianca si accasciò sul divano fiorito e fu allora che il telefono trillò. Lei non sorrise, non pensò a Christian e il suo volto rimase color cenere. Lasciò squillare e ignorò quanto stava accadendo.

Il Signor Uccellaio, che si era tolto l’enorme copricapo affinché gli uccellini si riscaldassero dopo la salita nella neve, notò con evidente terrore che uno dei due esemplari si era accasciato sul pavimento della gabbia dorata.

«Per la misericordia del Dio Arcobaleno!» esclamò senza riuscire a spiegarsi meglio. Poi, si voltò verso Nonna Gianca e vide che anche lei sembrava caduta in un sonno eterno. Svelto aprì la gabbia e prese tra le mani l’uccellino. Lo accarezzò, lo rigirò, lo controllò alzandogli le piccole ali con delicatezza. Poi si avvicinò alla nonna e l’accarezzò, la rigirò e le sollevò le palpebre per accertarsi che stesse solo dormendo.

Tentò di usare il telefono ma non ci riuscì. Il Signor Uccellaio non aveva mai avuto un aggeggio del genere. Pensò, allora, che fosse meglio tornare in paese e chiamare dalla sua bottega. Sistemò la nonna sul divano e si assicurò che fosse ben coperta, poi avvolse l’uccellino in una stoffa a fiori trovata in casa di Nonna Gianca e iniziò la discesa con la gabbia e gli uccellini in testa.

Giunto in bottega poggiò la gabbia con gli Uccellini del Paradiso e provò a chiamare Christian. Chiamò molte, molte, moltissime volte ma mai riuscì a parlarci.

L’indomani partì di nuovo verso la cima della montagna e, una volta arrivato, bussò e ribussò alla porta di casa di Nonna Gianca. Nessuno aprì.

Era partita, nella notte, per la Valle Arcobaleno e solo il Signor Uccellaio sapeva nel profondo cosa significasse. Tornò in paese.

L’inverno attaccava con fendenti di gelo la notte siderale. L’Uccellino del Paradiso giaceva ancora sul suolo della gabbia e l’altro non cinguettava più. Nessuno avrebbe più potuto raggiungere la Valle Arcobaleno, nemmeno Nonna Gianca, se gli uccellini non si fossero ripresi.

Fu allora che sentì bussare. Fuori il buio polare avvolgeva ogni cosa e una tormenta di neve imperversava. Con una lampada andò ad aprire e sull’uscio, flebilmente illuminato dal calore della fiammella, scorse il volto di Christian rigato di lacrime.

«Ci ho provato ma non ci sono riuscito» disse l’Uccellaio porgendogli il telefono della nonna.

«È qualcos’altro che mi ha suggerito di tornare» disse l’ultimo nipote. Prese il telefono, lo spense e lo mise in tasca. In quell’attimo, una luce incredibile squarciò il cielo nero alle sue spalle e lo tinse di un bagliore verde-blu che sembrava contenere all’interno tutti i colori dell’arcobaleno. Poco dopo, un cinguettio celeste si levò dalla gabbia dorata. Gli ultimi esemplari di Uccellini del Paradiso avevano iniziato di nuovo a cantare. Gli occhi dell’Uccellaio erano zeppi di magia e incredulità.

Avvicinandosi alla finestra con gli uccellini tra le mani, Christian e l’Uccellaio videro l’aurora che si era creata in quel paesaggio di neve e di gelo riscaldarlo di luce. Pensarono a Nonna Gianca.

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