Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “Il Modale” di Salvatore Tomasello

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Me ne stavo comodamente seduto sul vecchio divano della mia cameretta ad ascoltare un vecchio disco, e mi ero incantato a guardare alcuni raggi di sole cercare furtivi il dolce profilo di mia sorella Grazia, tutta intenta a stirare la sua camicetta migliore. Sembrava proprio un tranquillo pomeriggio primaverile. Poi lei mi guardò, e la scena cambiò completamente.
Sai, ho parlato di te a una mia allieva del catechismo, si chiama Tiziana.
— In che senso, Grà?
— Mi ha chiesto se avessi un fratello e io gli ho detto di sì. Semplice, no?
— Sì, semplice è semplice, ma perché gli hai detto che ce l’hai un fratello? Non potevi dirle è morto, poverino, magari che ne sai, le rimanevo pure più simpatico.
— Ma che sei scemo? Stai sempre a lamentatte che non conosci una ragazza, che sei solo come un cane, anzi no, scusa, non sei solo, hai la tua bella musica da intenditore a farti compagnia. La verità è che sei vecchio, dentro e fuori, e io sono una cretina a preoccuparmi per te.
— Dai Grà, non volevo…
— Lascia perde, non fa niente. Comunque lei ti vuole conoscere.
— Cioè? Lei vuole conoscere me? E perché?
— Guarda Dù che è normale, e poi basta co’ sta cosa, le ho detto che andava bene domani sera alle sette. Abita a via Mario Chiri 27.
— Scusa, eh, che je dico io a questa?
— Ah non lo so, io il mio l’ho fatto. Vedi tu.
— Ohi Grà, ma quanti anni c’ha? Com’è fatta?
— Quattordici, poi la vedi.
Infilò la camicetta tesa e profumata e se ne andò via soddisfatta. Certo, per lei era facile. Un fidanzato già ce l’aveva e i suoi pomeriggi erano sicuramente più elettrizzanti dei miei.
Per le trentasei ore successive, la mia tranquilla vita da diciassettenne sfigato diventò un incubo. Dovevo tener conto di tante cose: l’aspetto, i vestiti, le parole da dire, ma soprattutto come fare per tenere alto “l’onore” dei ragazzi della borgata, a sentir loro tutti grandi scopatori? Ero certo che un bacio non sarebbe stato un grande problema, mi preoccupava una particolare richiesta tipo: Mi tocchi le tette? Ah, sì, le tette, come no.
Morbide, dure, grosse. O mio Dio, e se poi non mi piace? E se io non piaccio a lei?
Il giorno dopo, alle diciotto e trenta, ero già sotto il civico 27 di Via Mario Chiri, a passeggiare nervosamente avanti e indietro, pensando a una tra le mille frasi sdolcinate da dire. La scelta, alla fine, ricadde su un fichissimo:
— Ciao, piacere. Mia sorella aveva proprio ragione, sei veramente carina.
A quel punto ero sfinito, ma pronto per l’incontro e sicuro che non avrei fatto una pessima figura. Il problema era: Ma come la riconosco questa?
Su un balconcino del secondo piano si intravedevano delle ragazzette e dal portone lì sotto riuscivo a sentire i loro gridolini, le risatine e anche un sarcastico Madonna quanto è brutto. E a seguire un riparatorio E statte zitta, cretina.
— Scendo!
Ammazza se era carina. Minuta, capelli corti, castani come gli occhi, gonnellina rossa, giacchetto di jeans e una camicetta celeste aperta quel tanto che bastava per far intravedere le meravigliose e sospirate tette.
— Ciao. Piacere. Mia sorel…
Mi diede un bacio sulla guancia mettendomi in grosso imbarazzo.
— Sì, tua sorella aveva ragione, sei proprio un tipo particolare. Andiamo a fare un giro. Ti va? – disse lei.
— Sì certo. – risposi io, arrossendo.
Dimostrava più dei suoi quattordici anni, non solo per il visetto, ma soprattutto per la sfrontatezza nel camminare. Ogni suo passo era come una specie di danza: destro, mossetta, sinistro, anchetta, e poi che dire di quella gonnellina? A ogni alito di vento le si alzava, e lei? Niente, non faceva niente per coprire le gambe. La verità, però, era una sola: mi sentivo a disagio.
— Perché non ce ne andiamo al parco?
No, era veramente troppo, non potevo accettare quel suo fare così da sfacciata. Dovevo rispondere come si deve:
— Pensa che te lo volevo chiedere io. E che classe fai?
— Vado al San Francesco d’Assisi. Frequento il secondo e sono anche molto brava. Invece tu? Dai, dimmi qualcosa di te, sono curiosa.
Era decisamente un passo avanti.
— In realtà c’è poco da dire. È che la mia vita non è molto eccitante.
— Dai, uno come te, non ci credo. Ti vedrai di sicuro con qualcuna del tuo gruppo, o magari con qualche zecca conosciuta al “Forte Prenestino”. Hai visto? È uscito un nuovo spettacolo di Dario Fo, Mistero Buffo, dicono che sia grandioso, come al solito dalla parte del popolo. A proposito, hai sentito che vorrebbero fare un collettivo di quartiere? Sarebbe ora, non si capisce tutto questo parlare male di noi ragazze. E le minigonne no, e i capelli a caschetto alla Valentina nemmeno, insomma, non se ne può più. E poi le sigarette, da vere troiette. Anzi, ne vuoi una?
— No, grazie.
Sarebbe stato meglio uccidermi. Ci sedemmo su una delle panchine da pomicio vicino al “Panettone”.
— Sì, hai ragione, a volte esagerano con tutte queste storie. E poi che sarà mai una minigonna, anzi, è piacevole guardare due belle gambe.
Dall’occhiataccia che mi lanciò, capii che non aveva gradito e che magari era il caso di parlare di qualcosa che conoscevo.
— E che musica ascolti?
— Ah, bella domanda? Tanta. E tu?
E che cavolo! Non ne azzeccavo una. A quel punto dovevo scegliere tra un bel Riders on the Storm o sparire…
Le risatine e i gridolini di un gruppetto di ragazzette sedute su una panchina vicino la nostra mi fecero pensare al balconcino di Via Mario Chiri.
— Scusa, ma non sono… – lei mi anticipò con un inaspettato:
— Conosci La canzone del sole di Battisti?
— Si certo, ma loro non sono…
— Lo so, lo so, si vede che sei un tipo da Pooh.
No, i Pooh no! Non potevo accettarlo.
— Anche se non sembra, in fondo non sono poi così patetico. Hai presente Miles Davis?
— No, mi dispiace. – fece lei, a disagio.
— Lui è il maestro del jazz modale, dovresti ascoltare Kind of Blue.
— Il morale?
— Il modale, il jazz modale.
— E che è?
— È quando la musica non segue nessuna regola ed è libera, proprio come te. E poi no, non mi vedo con nessuna, non frequento il “Forte”, ma me faccio volentieri una canna quasi ogni sera proprio qua dietro, dentro a ‘sto rudere, e questo è il mio primo appuntamento. E me sa che loro so’ le amiche tue.
Lei ci pensò un attimo, e poi si sciolse.
— Sì, scusa – disse sorridendo. – Ecco, quella un po’ paffutella è Tiziana.
— Ah! Bene. E allora tu saresti?
— Martina, la sorella maggiore di Tiziana, piacere. È che ti abbiamo visto con i capelli lunghi, un po’ fricchettone, pensavamo che fossi un pallonaro eee…
— Eee…
— Devo dire che no, non lo sei.
— Grazie. Ma potevo superare la prova anche con tua sorella, non trovi?
— Sì, ma lei è molto, come dire…
— Timida? Più di me?
— Diciamo che quando ti ha visto non gli sei piaciuto e non se l’è più sentita.
— Un po’ lo capisco sai. Vabbè, fa niente. Ciao Martina.
Feci per alzarmi, non sapendo se sentirmi sollevato o triste, e lei mi disse:
— Senti, ma lo sai che mi piacerebbe saperne di più sul morale?
— Il modale. Dai, vieni con me, ti porto in un posto magico.
La presi per mano, sotto gli occhi delle amiche, e mi diressi verso il mio posto sicuro, il “Panettone”.

Alzai la testa, e lei fece lo stesso e rimase a bocca aperta. Ci sdraiammo e io iniziai:
— Lo sapevi che queste erano le terme più belle dell’antica Roma? Esistono tipo, non lo so, te direi ’na cazzata, ma quer buco lassù è meglio del Planetario. La vedi quella costellazione?
— Quale?
— Quella lì dai, quella vicino al Carro. Se chiama Cassiopea e c’ha ’na storia.
— Racconta.
— Allora, c’entra la figlia Andromeda, che lei diceva che era più bella de certe stronze, tipo le ninfe. St’Andromeda alla fine s’è sposata con Perseo e pure lei è diventata ‘na costellazione.
— Ma dai.
— E sì. Certe leggende so’ proprio belle.
— Ma sai che nessuno me l’aveva mai raccontate.
— Pensa che dall’altra parte c’è un colombario, la tomba dei Gordiani, che se non l’avevano chiuso, giuro che te ce portavo. Dentro ce sta ’na grotta che arriva fino a Largo Preneste. Pensa che ’na vorta er Caracca ce s’è pure perso. Pe’ tirallo fori, nun poi capì! Pompieri, guardie forestali. Aveva fatto proprio ’na…
— Fico! Ma il modale?
— Beh, il modale è un…
La baciai sulle labbra.

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7 commenti »

  1. Tieni sempre il… modale alto. Troppo divertente.

  2. Che belli i primi amori, i primi batticuori. Hai saputo dare molta spontaneità a questa storia semplice, ma molto dolce, che mi ha trascinata sognante fino alla fine. Complimenti.

  3. Umorismo, ingenuità e leggerezza mai banale. La descrizione delle costellazioni mi ha fatto morire. Buon ritmo e dialoghi ben costruiti. Bravo Salvatore!

  4. Divertente, leggero e ben costruito, mi hai fatto fare un piacevole salto indietro nei ricordi. Bravo.

  5. Complimenti Salvatore.
    Semplice, ben scritto, dritto dentro la storia. L’apertura è simpaticissima. Hai anche sviluppato bene il pensiero dell’adolescente.
    Unico commento: alterni una parola romana a molte in italiano perfetto. Forse aggiungerei qualche ‘strascico’ in più, da utilizzare come climax, in un finale dove il solo dialetto parlato suggerisce una fiducia ritrovata.

  6. Racconto molto simpatico!
    Un tuffo nel passato! I primi amori!

  7. Ma il modale glielo racconterà a Martina? E Tiziana e le amiche quanto rosicheranno? La dolcezza, le paure, le scoperte di quegli anni… Bravo Salvatore!

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