Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “La bottiglia d’olio” di Paola Pisano

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

– Scusi mi può passare la sua bottiglia di olio, per cortesia?

– Ce l’ha anche lei sul tavolo.

– Sì ma nella mia c’è del fondo.

– Va bene, allora visto che io sono solo come lei, venga al mio tavolo.

Lo guardò meglio. Avrebbe potuto essere suo padre. Le ricordava il suo professore di filosofia al liceo. C’erano altri tavoli occupati e un cameriere che le girava continuamente intorno, guardandola con occhi tra il cortese e il lascivo.

Si poteva fare.

Si alzò con il suo piatto di insalata mista in  mano e si spostò al tavolo accanto dove un elegante signore in giacca verde a quadri e papillon bordeaux su camicia bianca, la seguì con un sorriso.

– Molto piacere. Aurelio Michelini – le disse allungando la mano destra.

– Francesca Giuliani – rispose stringendo quella mano forte e un po’ ruvida.

– Non vorrei apparirle insolente, ma ogni tanto scambiare due parole con una persona sconosciuta è un ottimo diversivo alla monotonia e alla noia che talvolta prende quando si sta da soli. Ero solito frequentare spesso questo locale con mia moglie e ancora adesso mi piace venire qui e, come adesso, immaginare che mia moglie è all’ingresso a chiacchierare con la proprietaria del ristorante e non al piano terra del Flaminio – Prima Porta.

Abbozzò un sorriso rivolto a Francesca, che rimase interdetta perchè si trattava del cimitero.

– Io vengo qui quando faccio tardi in ufficio e non ho voglia di cucinare. Anche il mio fidanzato mi ha lasciata.

Che risposta sciocca aveva dato e se ne pentì subito. Come aveva potuto mettere sullo stesso piano la morte di una moglie con il fatto che quel cretino del suo ex dopo l’ennesimo litigio, conseguente all’ennesimo tradimento, l’aveva lasciata dicendole che non era abbastanza moderna, che non aveva ampie vedute ed altre stupidaggini del genere.

– Mi spiace molto averle ricordato un evento doloroso – rispose invece l’elegante signore.

– No no, anzi, mi scusi lei. Io non so niente di sua moglie, ma il mio Ettore le posso assicurare che era un vero idiota, che mi ha fatto solo perdere del tempo. Forse prezioso visto che ho pure 37 anni – si sentì di aggiungere Francesca.

Era doloroso toccare quel tasto. Si era innamorata di quell’uomo come un’adolescente alle prime armi e aveva davvero pensato e sperato di poter mettere su famiglia, prima di accorgersi, purtroppo dopo diversi anni, che una famiglia e anche dei figli non facevano proprio per lui.

– Allora mai nome fu meno azzeccato. Ettore figlio di Priamo nell’Iliade di Omero lascia la sua Andromaca con il piccolo figlio Astianatte, per difendere Troia, venendo poi ucciso da Achille – rispose il gentile signore.

Francesca sorrise. Era per certo un professore, ma non di filosofia.

– Lei è un professore, vero? – disse

– Sì di matematica – rispose ridendo –  ma la mitologia greca e latina mi hanno sempre appassionato.

– Ma figurati – pensò a voce alta – avrei detto di filosofia.

– Esiste una stretta connessione tra matematica e filosofia. Per la filosofia la matematica è il campo della conoscenza certa e garantita ed esiste anche una filosofia della matematica, quale branca della filosofia della scienza… Mi scusi la sto annoiando.

– Assolutamente no. Anzi continui pure, mi fa tornare indietro, ai tempi del liceo.

Il professore aveva così ripreso a parlare di filosofia e logica matematica, spaziando da Platone a Odifreddi, tra un boccone e l’altro del suo spezzatino con patate, mentre Francesca, dinanzi alla sua triste insalata mista della casa, si consolava con il vino rosso, trascurando la sua acqua naturale.

Si rivedeva in quel banco in terza fila, né troppo avanti sotto la cattedra né troppo indietro e a  lato parete, nè troppo esibita né troppo nascosta e sempre di lato ad osservare gli altri. Così come la sua vita. Anche adesso, impiegata in banca, aveva messo la sua laurea a pieni voti in economia e commercio a disposizione di una grande impresa, che l’aveva collocata all’ufficio mutui, dove vedeva passare giovani coppie, per le quali il desiderio di costruire il proprio nido era superiore all’immenso impegno economico che ciò comportava.

Vedeva il timore nei loro occhi, frenato però dalla gioia di investire in un futuro che si prospettava comunque roseo. E invidiava quelle coppie, perchè invece per lei il futuro era sempre qualcosa da doversi prevedere il più possibile e da temere, e da qui tutta una serie di considerazioni che avevano reso la sua vita una vera e propria gabbia.

– E’ sicura che non la sto annoiando?

Il professore aveva finito lo spezzatino, mentre la sua insalata mista era ancora sul piatto. In compenso il vino rosso era quasi finito.

Entrambi guardarono la bottiglia e risero.

– Bene – disse il professore – vedo che il vino ha sciolto la mia lingua e forse anche i suoi pensieri per cui adesso mi racconti qualcosa anche lei.

– Beh, non è che ci sia molto da raccontare..

Ma il vino ormai aveva davvero fatto il suo effetto e cominciò così a parlare di sé, particolari della sua vita che quasi neppure ricordava, ma che come per magia ritornavano alla sua memoria, riemergevano come le bolle d’aria che tornavano in superficie, liberate dalla bottiglia vuota, che da bambina affondava nell’acqua del mare.

La sua sfortuna con gli uomini, il suo rapporto contrastato con la madre, rimasta vedova troppo presto, l’assenza di fratelli o sorelle, ma la presenza di tanti cugini, che però adesso avevano le loro vite per cui a lei toccava sempre fare da baby sitter ai tanti bambini, quando per le festività natalizie si incontravano tutti insieme a casa di zia Linda, che non si era mai sposata ed invitava tutte le sorelle e i vari nipoti per Natale, cominciando ad organizzare le idee e lanciare inviti fin da settembre.

Ecco adesso sentiva di assomigliare a zia Linda e forse avrebbe fatto la sua fine di eterna signorina, che non sembrava poi così malvagia, visto che la zia era sempre sorridente e gioiosa.

Si scosse e vide che il professore la guardava con occhi bonari.

– Anche io non ho fratelli né sorelle e neppure ho avuto figli, quindi mi va peggio, visto che adesso sono anche rimasto solo, ma cerco di riempirmi la vita con tante attività che oggi, da pensionato, ho il tempo di coltivare. A questo proposito mi farebbe piacere poter sfruttare le sue competenze contabili per una lotteria che stiamo organizzando in favore di una scuola di suore canossiane in Burundi. Vogliamo realizzare un po’ di soldi e stiamo coinvolgendo parecchi negozi per ottenere premi, ma le regole da rispettare sono parecchie. Come al solito ci vogliono documenti, autorizzazioni e tutta una serie di adempimenti che mai avrei immaginato. Ma si sa, dove gira del denaro bisogna essere accorti. Per capire meglio di che cosa si tratta la vorrei mettere in contatto con un mio giovane ex collega Gianluca Baldi, professore di lettere, che sta raccogliendo idee e consigli. Guardi, a dimostrazione di quanto le dico le faccio vedere il video che è stato preparato, giusto a fini pubblicitari.

Prese il suo cellulare e con inaspettata abilità le aprì un video in cui un giovane uomo parlava, seduto su una panca all’esterno di una bassa struttura di legno bianco eretta su un terreno polveroso, completamente circondato da bambini neri. Due seduti sulle sue gambe, uno appoggiato da dietro sulle sue spalle e una ventina tutti intorno, stretti tra loro per rientrare nella ripresa.

Mentre l’uomo parlava, illustrando il progetto, le numerose facce scure in cui brillavano piccoli denti bianchissimi in grandi sorrisi, si muovevano, ondeggiavano qua e là, talvolta si scontravano, finendo per colpire anche la testa del giovane insegnante, che a stento riusciva a trattenersi dal ridere.

Si vedevano i suoi riccioli scuri raccolti in un ciuffo dietro la testa e le braccia robuste che cercavano di frenare invano quelle ripetute cariche.

Il finale del video fu una risata generale con bambini che si abbracciavano, saltellando e cantando una nenia in una lingua sconosciuta.

– Che cosa mi dice?  Immagino che il suo lavoro la impegni molto, pensa di potercela fare a dedicarci un poco del suo tempo?

Francesca si scosse e lo guardò sorridendo,

– Beh, sì, penso che .. sì penso di potercela fare.

– Bene allora finisca la sua insalata che vado a pagare. Mi permetta di offrire io stasera, non mi costerà poi molto.

Alzandosi le sorrise ammiccando.

Francesca finì la sua insalata in due bocconi, e avvertì pure risalirle da dentro una gran voglia di cibo, come non sentiva da tempo. Si alzò, pensando a tutte quelle scatolette che aveva a casa in dispensa e che comprava al supermercato, attratta da colori e ingredienti strani, ma che poi non mangiava e si consolò al pensiero. Doveva pure prepararsi a quell’impegno diverso e nuovo che il destino le aveva regalato.

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2 commenti »

  1. Certe volte un incontro è casuale solo in apparenza;è piuttosto dovuto al desiderio e al bisogno di incamminarsi in nuovi percorsi e in nuove esperienze, dove mettersi in gioco in maniera più viva..
    Un bel racconto, con dialoghi che si susseguono in maniera efficace,sostenendo la trama..

  2. Quante volte non seguiamo quello che una occasione casuale ci potrebbe offrire. E quello che perdiamo non lo sapremo mai purtroppo . Pur vero che non tutto si può seguire, però, chissà. Bei dialoghi.

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