Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “La tregua” di Marco Tartaglione

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Non importa quando. Non importa nemmeno dove. Non importa il mio nome, né tantomeno la mia provenienza. Importa che fa freddo. Fa freddo in questi solchi di terra scomposta, che abbiamo raschiato a fatica in questo ruvido suolo di territori lontani, probabilmente troppo lontani anche solo per essere visualizzati con la giusta precisione nella mente di chi, questi territori, li ha sempre visti disegnati su una cartina geografica appesa ad una parete. Importa, invece, che la guerra è iniziata ormai da tempo, troppo tempo, chiamando migliaia di uomini ad annientarsi a vicenda per assecondare le sordide brame di quei perfidi burattinai che la guerra non la combattono, ma la comandano soltanto dall’alto dei propri troni dorati.

Importa anche che oggi non è una data qualsiasi: oggi è infatti il 24 dicembre, la vigilia di Natale. Un giorno speciale anche per noi, pedine tremanti e fossilizzate nel terreno con i fucili stretti tra le mani, che, tra un colpo di tosse e un sospiro di disperazione, aneliamo profondamente di tornare presto a casa per riabbracciare le nostre famiglie. Per i media, la stampa e i libri di storia di domani, noi e quelli di fronte a noi, siamo nulla più di due qualunque schieramenti armati, asserragliati confusamente ai capi opposti dell’ennesima scacchiera forgiata dall’assurdità del Male. In realtà, però, siamo un po’ più di questo. Siamo persone. Persone fatte di carne e di ossa. Persone infreddolite, affamate, sfinite. Persone stremate, a cui è stato ordinato di uccidere altre persone più stremate di noi.
Siamo anche persone che oggi hanno deciso di mettere per un attimo da parte ogni mattanza, decorando le proprie trincee con delle candele ed intonando canti natalizi in rispetto a questo giorno di festa.

E così l’etere notturno dell’inverno, che sovrasta anche questi territori lontani, non è più squarciato dal sibilio nefasto di proiettili o dal frastuono tonante dei cannoni, ma riecheggia magicamente delle delicate note di Oh Holy Night e dal sorprendente scambio di reciproche e sincere promesse di cessare il fuoco, sia dalla nostra che dall’altra parte. Iniziamo a fare capolino, prendendo ulteriore coraggio, come se quello avuto fino a questo momento non fosse sufficiente, protetti dal motto “voi non sparate, noi non spariamo”. Di lì a poco la no man’s land, la terra di nessuno, così chiamano quello spazio che separa la nostra fazione dall’altra, comincia a poco a poco a riempirsi di uomini dalle divise diverse. Uomini dall’accento e dalla parlata diversa, uomini dal colore dei capelli diversi, dai tratti somatici diversi, dalle carnagioni diverse, che, però, quando si stringono la mano, si scattano foto e si scambiano piccoli doni, fraternizzando tra di loro, non sembrano poi alla fine così tanto diversi.

In questa situazione, già di per sé incredibile, all’improvviso qualcuno tira fuori un pallone creato con degli stracci, dando ufficialmente inizio a una partita di calcio, forse la più memorabile di tutta la storia dello sport. Quasi non mi sembra vero. Mi stropiccio gli occhi per una manciata di secondi, come se la stanchezza accumulata e qualche cispa di troppo mi avessero appannato la vista o ingannato con una sorta di allucinazione onirica. E invece è tutto vero. Un campo che fino a qualche ora prima era stato teatro di massacri e atrocità, adesso ospita porte formate da giacconi, assi o pali rinvenuti qua e là, un pubblico inaspettatamente coeso e due squadre avversarie che si fronteggiano festanti e sorridenti. Nonostante la gioia del momento, non mi illudo più del dovuto, so perfettamente che già da domani la guerra tornerà ad imporsi con tutta la sua tremenda brutalità.
Eppure è straordinario come questo frangente di sport, di comunanza, di pace, fuggevole e fragilissimo, sia riuscito a ripristinare una normalità quasi spaventevole, a cui nessuno era più abituato da un pezzo.

Non ho notizie certe sul risultato della partita, anche se, con tutta onestà, credo che i nostri l’abbiano spuntata con un roboante 4 a 2 finale. O almeno questa è la voce che circola in giro tra le nostre fila.
Ben presto però l’incanto di questa atmosfera si esaurisce con le prime luci dell’alba, come una sigaretta aspirata con troppa bramosia e troppo in fretta da un condannato prima della sua inevitabile esecuzione.
Ci salutiamo per l’ultima volta con pacche sulle spalle e sorrisi interrogativi, mentre nel mio cuore mi chiedo se l’uomo che ora ho davanti sarà lo stesso a cui domani toglierò la vita o lo stesso che domani toglierà la vita a me.

Nei giorni immediatamente successivi arrivano nuove notizie. Non buone purtroppo. Ci viene detto che ciò che è avvenuto non è stato accolto con lo stesso nostro entusiasmo dagli alti comandi, i quali, anzi, accecati da furiosa disapprovazione, hanno ordinato che in futuro il conflitto non venga mai più interrotto per simili sciocchezze, neanche nella notte di Natale, in modo da evitare il ripetersi di spiacevoli e vergognose situazioni come questa. Sciocchezze… Spiacevoli… Vergognose…
Fanno addirittura di tutto per tenere nascosto l’accaduto, di tutto, fino a quando qualcuno prende l’intrepida iniziativa di rivelare al mondo intero la verità, la bellissima ed emozionante verità su quella notte tra il 24 e il 25 dicembre, quando una semplice partita di calcio, giocata nel più improbabile dei luoghi e in un momento storico ancor più improbabile, ha assunto le sembianze di un autentico miracolo di Natale. Non importa quando. Non importa nemmeno dove. A importare deve essere il come.

Continuo a pensarci. Ci penso e ci ripenso ininterrottamente…
Penso a come sia stato possibile che proprio qua, nel mezzo di una delle sue infinite distese ricoperte da fango e sangue, la Guerra si sia assopita per qualche ora, come fosse un Gigante truce e spietato che si abbandona esausto all’ombra di una quercia, concedendosi qualche attimo di tregua, svigorito dalla propria ineluttabile ferocia.
Continuo a pensarci. Ci penso e ci ripenso ininterrottamente… e alla fine mi sono convinto di questo: anche nella notte più tenebrosa l’essere umano può davvero essere capace di cambiare le cose, se solo si ricorda di riaccendere la luce sulla propria umanità dimenticata, ma non ancora completamente smarrita.

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4 commenti »

  1. La guerra è un orrore grande, che cancella ogni umanità, ma basta poco, basta una tregua, perché l’ umanità torni timidamente a far capolino..Tuttavia non ha tregua la partita a scacchi di chi siede al tavolo della guerra …Un bel racconto, con la sua amara verità .

  2. Completamente d’accordo col tuo pensiero.
    Grazie mille Angela! Felice che il mio racconto ti sia piaciuto 😀

  3. Bello e, purtroppo per noi, attualissimo. Concordo in pieno con Angela. Un ottimo esercizio per la memoria e da non perdere mai. Grazie.

  4. Grazie a te per il commento Marco!
    Mi fa piacere che il mio racconto sia piaciuto anche a te! 😀

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