Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “Figurina 66” di Matteo Vergassola

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Come ogni inizio dicembre, Boris controllava sul computer l’uscita del nuovo album di figurine calciatori Panini, attendendo con ansia il tempo che lo separava dall’acquisto. Infatti, come ogni anno, puntualmente, Boris faceva quella collezione. A scuola tutti si divertivano a collezionare le figurine, scambiare i calciatori sopra raffigurati e aprire più pacchetti possibili. Spesso quel desiderato album diventava il tema del semestre scolastico, dove Boris monopolizzava le discussioni con la sua passione, conoscenza e numero di figurine possedute. Infatti per Boris era La Collezione, con la L e C maiuscola, era il suo motivo di orgoglio, di cui andava fiero ed estremamente geloso.

Nondimeno, era una delle ragioni che lo faceva così faticare a scuola, per avere dal padre una buona paghetta con cui comprare altre buste di figurine. E quindi, appena poteva, si recava dal loro edicolante di fiducia sotto casa, Eugenio. Eugenio era un simpatico vecchietto e Boris amava andare da lui a comprare i pacchetti, nella sua piccola edicola all’angolo della scuola. Per Boris, Eugenio era anche l’unico che capiva veramente la sua passione, il suo entusiasmarsi alla vista delle nuove figurine. Boris si era sempre chiesto se, in gran segreto, anche l’edicolante facesse quella collezione. Si chiedeva perché nel caso lo tenesse nascosto, c’era forse qualcosa di cui vergognarsi?

Era il 12 di gennaio e quell’anno era diverso. La collezione sarebbe uscita solo quel giorno, in netto ritardo. Boris aveva letto, infatti, che ci sarebbero state diverse novità. Una però lo aveva colpito più di tutte: una figurina leggendaria. Non si sapeva niente di essa, se non che avrebbe avuto un grande valore e il numero 66 sulla collezione. Ma chi rappresentava? Quale percentuale c’era di trovarla? Queste e altre domande attanagliavano lo stomaco di Boris mentre si accingeva ad aprire i suoi cinquanta pacchetti di figurine. Custoditi all’interno di un piccolo scrigno, risultato di tutti i fondi messi da parte e ottenuti dal padre, Boris ora le guardava con un misto di inquietudine e ansia.

“Avanti, apri i pacchetti!” lo esortò il suo amico Marcus, seduto di fianco a lui con il suo misero bottino di tre pacchetti. Marcus era un ragazzo robusto, appassionato di calcio a cui piaceva collezionare figurine, ma era pessimo a scuola. Aiutava Boris a integrarsi con gli altri, lo difendeva e in cambio si affidava a Boris per avanzare con la sua collezione, visto che la sua paghetta era misera. Quella che inizialmente poteva sembrava più un accordo commerciale tra Marcus e Boris, in realtà, era stato l’incipit di qualcosa. Ora i due sembravano affiatati, soprattutto da quando Boris lo aveva invitato a “sbustare” insieme. “Sbustare” era il rito con cui Boris apriva i pacchetti di figurine e a cui nessuno era lecito partecipare. Per Boris, la Dea bendata non andava disturbata, neanche dai suoi genitori.

Ulteriormente esortato da Marcus, Boris si apprestò a iniziare quel rito: l’apertura dei suoi tanto agognati pacchetti. Ancora più carico di tensioni rispetto agli altri anni, strofinò le mani sulla carta delle buste, sognando ad occhi semichiusi la figurina leggendaria. Con un accuratezza da incisore, eseguì uno strappo netto per aprire la parte superiore del pacchetto, assicurandosi che nessuna figurina venisse danneggiata. Poi, delicatamente e lentamente, assaporando ogni singolo momento, estraeva le sue figurine. Le guardava attentamente, ognuna per una. E per ognuna, godeva di quei secondi di pura eccitazione. Aveva sempre completato la sua collezione prima di tutti gli altri, ma con quella figurina leggendaria poteva cambiare tutto. Perciò, quella volta, nel rito, l’ansia prese il posto dell’eccitazione.

E poi arrivò la delusione.

Dei suoi tanto sudati cinquanta pacchetti, nessuno conteneva quella leggendaria figurina. Marcus, avendo subito afferrato la situazione, cercò di distrarlo, aprendo i suoi frettolosamente. E poi, come spesso piace alla Dea bendata, sorridere a chi non cerca e negare a chi anela, la figurina leggendaria numero 66 apparve nel terzo pacchetto. Boris urlò dallo stupore. Era semplicemente perfetta. Carta lucente, scritte che esaltavano il nome del calciatore, colori sgargianti e raffigurazione perfetta di quello che era l’idolo del padre di Boris: Dino Zoff.

“L’abbiamo trovata!” disse Marcus, alzandosi in piedi. La posò, lasciandola in contemplazione, e iniziò a esultare come un bambino. Boris era contento ma sapeva che la figurina non era sua. Iniziò a pensare come scambiarla se non fosse per Marcus, che ripresosi, interruppe i suoi pensieri. Senza pensarci, gli disse che sarebbe stata sua, a patto che, per quell’anno, loro due avessero fatto la collezione insieme. Quell’anno avrebbero vinto la gara a chiudere la collezione per primi, insieme. Boris non seppe replicare, colmo di un sentimento mai provato.

Mentre i due si accingevano a dirigersi a scuola, Boris teneva saldamente in mano la custodia della figurina 66. Era chiaramente la più preziosa e l’avrebbe mostrata a sua padre quella sera stessa. Non vedeva l’ora.

Poi tutto successe rapidamente.

Si ritrovò per terra, a seguito di una violenta spinta. Lui e Marcus erano stati circondati dal gruppo di bulli della scuola. Erano cinque e dalle loro facce si capiva che cercavano cibo o soldi. Come un gruppo di animali famelici, si avventarono prima su Marcus. Boris era un inetto a combattere. Uno di loro, quello che sembrava il capobranco, sferrò un calcio così violento allo stomaco di Marcus che lo fece rimettere bile e tossire vigorosamente. Boris impallidì.

“Fermi, fermi! Basta!” gridò Boris, mettendosi in mezzo, in un moto di coraggio inaspettato.

“Prendete questa figurina e portata all’edicola di Eugenio, vi dara un sacco di soldi!” Marcus avrebbe voluto replicare, invitandolo a non cedere la tanto preziosa figurina, ma la sua gola non riuscì a emettere alcun suono. Dal canto loro, gli aggressori, che conoscevano la fama di Boris di grande collezionista, accettarono la carta e si dileguarono rapidamente. Boris, piangendo, si chinò sul suo amico

“Mi dispiace che hai dovuto dare la nostra figurina” disse Marcus con un filo di voce. Boris abbracciandolo disse

“No, sono io che ti devo chiedere scusa. Quella figurina non vale niente rispetto a te. Mi dispiace, sono un pessimo amico capace solo di collezionare e non di aiutare” e continuando a piangere, Boris versò fiumi di parole per dirgli ciò che solo l’amicizia poteva fargli dire.

Ma così come i bulli spesso sono bravi a picchiare e meno a usare la testa, quei finti spavaldi furono subito riconosciuti dal buon Eugenio. Questo, allertata la polizia, non solo riuscì a far punire i bulli ma restituì la tanto agognata figurina a Boris e Marcus. I due, felici come non mai, da quel giorno decisero di collezionare le figurine sempre insieme, divertendosi sotto il segno della figurina 66.

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