Premio Racconti nella Rete 2024 “Le otto stelle della Dea” di Alessandro Manini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024«Sarà anche meglio così, ma, non so perché, prima mi piaceva di più.» sbuffò Nicolas scrutando i caratteri sullo schermo. Il PC portatile giaceva sulla scrivania sparsa di cartacce, tazzine da caffè e cucchiaini impilati in pericolanti sculture.
Sospirando, andò alla finestra: gli storni erano un velo strapazzato dal vento contro un cielo nuvoloso come i suoi pensieri.
Tornò al computer: «Prima era come un campo di battaglia in cui non si capiva un cazzo, adesso almeno si distinguono i reggimenti avversari, ma lo sento distante, come se non mi appartenesse più.»
Risoluto, avviò il comando di stampa e la macchina a destra dello schermo rilasciò sette fogli. Li osservò senza leggere: «In effetti il testo anche solo a guardarlo sembra più snello. Almeno risparmio inchiostro.» storse la bocca.
Spillò il fascicolo, lo infilò in una foderina di plastica, indossò giacca, sciarpa e uscì. Appena fuori di casa gettò un’occhiata al cielo che si era fatto più scuro: “Via, prima che piova.” pensò incamminandosi con la cartellina sotto braccio e lo sguardo fisso sul selciato.
La pioggia grondava accumulandosi sotto le motociclette che sfrecciavano incuranti del maltempo, seguite da una coda nebulizzata come di un propulsore ad acqua. Al centro la vestale Verelan conduceva la formazione, alla sua sinistra sorella Andalis, a destra sorella Joarra. Con le loro candide livree dalle mantelline ricamate con le sette stelle della Dea Jandal, sembravano spettri diafani lanciati su un’ampia strada notturna.
La luci di Ancana si avvicinavano, ma i primi lampioni distavano ancora diversi chilometri.
«Dobbiamo fermarli prima che raggiungano la città o potremmo perderli!» avvisò Verelan alla radio integrata nel casco.
«Per fortuna non c’è traffico.» commentò Joarra «Andalis, come stai?»
«Bene, della ferita resta solo la macchia di sangue.» rispose la giovane premendosi l’addome.
«Li abbiamo quasi raggiunti, accorciamo le distanze sulla dritta!» incitò Verelan «Andalis, se non riesci a proseguire, trova un riparo e chiama i soccorsi.»
«Reverenda, quell’essere mi ha salvato la vita.»
«Come? Ti ha sparato un cecchino.»
«Con una sostanza fosforescente più dolorosa del proiettile, ma ha rimarginato la ferita in pochi secondi.»
«Dea! Sparano!» strillò Joarra mentre un fascio laser le passava a meno di un metro sopra alla testa: «Sorelle, attente: si perde aderenza, troppa acqua!» avvertì in seguito alla brusca schivata.
«Maledizione!» gridò Verelan, imitandola quando un altro lampo rosso balenò su di loro. Altri tre raggi sferzarono l’asfalto bagnato e il guardavia sollevando scintille e nuvole di vapore.
«Allargate la formazione!» ordinò la vestale.
«Che avranno in mente quegli esseri? Prima ci sparano, poi ci curano, poi ci sparano di nuovo…» ringhiò Joarra.
«Io so solo che lui era bellissimo!» affermò Andalis.
«Lui?» sbalordì Joarra.
«Suppongo fosse un lui: alto, moro, profondi e tormentati occhi blu…» sospirò la ragazza.
«Ma ti sembra il momento?» la sgridò Verelan «Restate concentrate, la mia psico-gemma è quasi a portata!» urlò poi impennando, ma raggiunto lo svincolo i quattro inseguitori la sorpresero dividendosi. Due uscirono dileguandosi in tangenziale, gli altri due proseguirono accelerando davanti a loro.
Verelan rallentò incerta, ma Andalis intervenne: «L’alieno che mi ha guarita è ancora davanti a noi.»
«Ricevuto, allora proseguiamo. Ignorate gli altri due.» ordinò la vestale.
«Reverenda, che intendete fargli una volta catturato?» chiese Andalis crucciata.
«Che domande, interrogarlo. Se non fossimo intervenute chissà cos’avrebbe fatto alla senatrice. Dobbiamo scoprire chi sono, da dove vengono e soprattutto che diavolo vogliono!»
Giunsero i primi lampioni a rischiarare la strada. La città era sempre più vicina e un gigantesco fulmine la incorniciò per un istante in un’accecante gabbia frastagliata. I due esseri dalle fattezze così simili alle loro si tuffarono aggressivi nel più intenso traffico cittadino. Il più grosso dei due, un energumeno di un metro e ottanta di altezza, avvolto in un trench svolazzante, inclinò la moto ponendosi perpendicolare alla strada e scivolò a tutta velocità sotto ad una vettura antigravitazionale in attraversamento. Strisciò a terra tra fumo, spruzzi e scintille fino a rialzarsi e proseguire dall’altra parte. Il compagno invece, di fronte allo stesso ostacolo, inchiodò, scalò le marce e restò indietro.
«Oh, Dea!» gridò Andalis.
«Sarà anche un alieno, ma con la moto ci sa fare più di noi.» sbalordì Joarra.
«È lui quello che ti ha medicata?» chiese Verelan.
«Sì, è incredibile.» rispose trasognata Andalis.
«Per la Dea, concentrati!» la richiamò la vestale.
«Voi non l’avete visto da vicino!» protestò lei.
«Andalis, attenta all’auto!» Joarra agì d’istinto assorbendo l’impatto al posto della consorella, «Jan-dal! Ah!» invocò ruzzolando fuori strada.
«Joarra!» gridò Andalis sconvolta.
«N-non… ahi! Ah! S-sto bene…» pianse Joarra tremando rannicchiata nel fango.
«Andalis, penso io a Joarra, tu vedi di non perdere quel mostro e aggiornaci.»
«S-sì, reverenda. Joarra, perdonami!» gemette la ragazza.
“Ma dov’è?” si chiese poco dopo accelerando “Dea, l’ho già perso, ma l’altro è rimasto indietro, che si siano divisi?”
Andalis inseguì il più esile dei due alieni per le vie di Ancana: “Mh, conosco poco questa zona.” pensò sbirciando le insegne luminose e gli ologrammi pubblicitari dei negozi, ma tornò subito al suo bersaglio e sgranando gli occhi lo vide impuntare in una pozzanghera, cadere dalla moto e ruzzolare sull’asfalto per metri.
“È mio.” esultò arrestandosi in mezzo alla traversa deserta, tra le vetture antigravità parcheggiate a bordo strada grondanti di pioggia.
L’alieno si rialzò dolorante e, vedendola avvicinarsi, alzò le mani in segno di resa.
“Due braccia, due gambe, un viso barbuto, ma simile al nostro: un maschio. Ma i maschi sono estinti da duemila anni. Chi è questa gente? Da dove viene?”
«Reverenda, sto per sondare uno dei bersagli. Joarra?» trasmise per radio la ragazza.
«Stabile.» la rassicurò Verelan «Intensifica la tua telepatia con la psico-gemma; estrai il più possibile, ma niente imprudenze. Attendo i soccorsi e ti raggiungo.»
Andalis protese un piccolo tetraedro di cristallo che irradiava una luce dorata. L’alieno lo fissò intimorito.
“Ora tu mi dirai ogni cosa.” pensò congiungendo nella trance la sua mente a quella dell’alieno, ma giunse appena a sfiorare la superficie dei suoi pensieri che un’intensa fitta alla testa le fece cadere il tetraedro in una pozzanghera.
Riaprì gli occhi a fatica con le mani premute alle tempie e sbalordì: “Mia Dea, l’ha ucciso! L’alieno dagli occhi blu è tornato e l’ha ucciso, spezzando il mio legame psichico con il suo compagno!”
La lama intarsiata di glifi incandescenti in pugno al tetro guerriero vaporizzava la pioggia prima ancora che vi si posasse e così il sangue del capo mozzato del suo compagno.
“Oh Dea, Dea, Dea!” inorridì Andalis. Impietrita, l’osservò buttare i resti del suo simile in un tombino e filar via in moto.
«Bene e poi arriva Verbena, che bla bla bla…»
«Verbena? Ah, Verelan!»
«Sì, lei, ma non vedi che hai di nuovo abbandonato Iolanda?» chiese il signor Roberto togliendo gli occhiali per ricambiarne lo sguardo e tamburellando con le dita sul lucido mogano della scrivania ridotta ad una scacchiera di torri di fascicoli, libri e cartelle.
«I-Iolanda? Joarra.» mormorò perplesso Nicolas con una mezza rotazione sulla sedia girevole di fronte alla scrivania.
«Sì, lei.» rispose il signor Roberto eseguendo un gesto di sufficienza con la mano.
«Beh, ha subito un grave incidente.»
«Appunto, quindi presumo che ora la lascerai marcire in un ospedale. So cosa stai cercando di fare, Nicolas, ma non funziona. Falla finire qui o eliminala del tutto.»
«Io non capisco che fastidio dia.» ribatté Nicolas.
«Il coraggioso salvataggio dell’amica le dà spessore, ma non basta a renderla un personaggio funzionale come Annalisa.» spiegò il signor Roberto.
«An… Andalis.»
«Sì, lei.» rispose il signor Roberto «Nel successivo dialogo che intratterranno con l’alieno ti sei costretto a spartire le battute tra le due suore.»
«Sacerdotesse.»
«Sì, loro, ma il punto è che sarebbe tutto molto più semplice sia per me che per te se di due ne facessi una.»
«Mmh.» sospirò Nicolas «Beh, questa è la versione di quel dialogo in cui ho seguito le sue istruzioni.» disse consegnando i fogli.
«Bene, abbi un po’ di pazienza mentre leggo.»
«Prego.» disse Nicolas appoggiando il mento al pugno e il gomito al bracciolo. Fissò lo sguardo tra due pile di libri sulla scrivania e vagò con la mente: “Eliminare Joarra.”
“Due mesi.” sospirò Andalis sbirciando nella camera d’ospedale della consorella Joarra “Vengo qui ogni giorno da due mesi e non un accenno di miglioramento. Stesa a letto come in punto di morte, proprio non capisco; Jandal, nostra Signora, proteggila.”
«Andalis,» la salutò in un sussurro la giovane sacerdotessa dai capelli rossi e il volto pallido spruzzato di lentiggini «ho visto i notiziari, cos’è successo a tutte quelle persone?»
«Una strage, Joarra.» esordì Andalis stravolta sedendosi al capezzale «Sono stati gli alieni. Hanno ucciso ogni essere vivente su un intero piano di uno dei più prestigiosi palazzi del centro di Ancana e hanno rapito la senatrice.» singhiozzò.
«Oh, mia Dea.» gemette Joarra.
«Sono apparsi dal nulla e…» si interruppe Andalis non trattenendo oltre le lacrime.
«Sorella, non è colpa tua.»
«Tutti non fanno che ripetermelo, ma non è vero. Se non mi fossi distratta tu ora non saresti qui e sorella Verelan avrebbe acciuffato quei mostri.» singhiozzò.
«Dunque anche lui, l’alieno di cui mi hai parlato tanto, è responsabile?»
«Non si sa, ma pare che i suoi simili lo abbiano abbandonato e tutte le vestali del monastero lo stanno braccando. Ma parliamo d’altro, come stai oggi?» chiese la bionda Andalis dal viso tondo, gli occhi azzurri e la pelle di porcellana. Prese il suo fazzoletto di seta, su cui erano ricamate con fili argentati le sette stelle della Dea Jandal e asciugò il sudore dalla fronte dell’amica.
«Come al solito.» sussurrò Joarra sforzando un sorriso.
«Joarra, per l’amor della Dea!» scattò Andalis «Avevi una gamba rotta e un principio di commozione cerebrale, ma ormai sei guarita! Non è possibile che con tutta la nostra tecnologia medica e i nostri poteri taumaturgici, tu stia ancora così male!»
«Non so che dire, sorella.»
«Joarra, non so se anche il bel guerriero dagli occhi blu sia responsabile o meno della strage e magari si unirà a noi, ma tu servi! Hai capito? Devi aiutarci a combattere questa minaccia! Tu servi!» cercò di scrollarla.
«Credo sia proprio questo il punto, sorella.» disse Joarra rivolgendole un dolce sorriso «Io non servo.»
Joarra svanì davanti agli occhi sbarrati e colmi di lacrime di Andalis: le coperte si sgonfiarono, il letto restò vuoto.
«Jo-Joarra? Joarra!» chiamò disperata la ragazza, affondando il volto nel cuscino dell’amica scomparsa.
“Una bella scena, peccato non poterla scrivere, non avrebbe senso nella mia ambientazione.” rimuginava Nicolas mentre il signor Roberto terminava la lettura.
«Oh, bravo! Vedi com’è tutto più chiaro adesso? E Annalisa è più presente e intrigante ora che non c’è più anche l’altra.»
«Andal… va beh.»
«Cos’è quella faccia? Mica ti dispiacerà?»
«N-no, ma, sa, Joarra era là da molto tempo e…» cominciò Nicolas indicando il fascicolo stampato in mano al signor Roberto oltre la grande scrivania.
«A occupare spazio inutile.» sorrise bonario l’altro.
«D’accordo, ma…» Nicolas scosse il capo e desistette.
«Fai progressi, Nicolas, continua così e un giorno potresti anche piacere a qualcuno.»
«Mh, g-grazie, signor Roberto.» rispose incerto.
«Oh e non demoralizzarti, ci siamo passati tutti, coraggio.»
«Grazie ancora e buona serata.» si congedò infine Nicolas.
La pioggia era cessata e le nubi si erano aperte. Nicolas indugiò sulla rampa di scalini di pietra di casa sua a perdersi con lo sguardo nel cielo notturno, individuando le sette stelle dell’Orsa Maggiore. Per la prima volta le fissò come se mancasse qualcosa, poi sospirò come quando da bambino aspettava che da lassù scendesse qualcuno a portarlo via, che però non arrivava mai.
“Joarra… Iolanda…” storse la bocca “Chi me lo fa fare?”
Rientrò in casa, si sedette alla scrivania e dopo un lungo sospiro accese il PC: “Va beh, copia, incolla file stesura numero 3.docx e ricominciamo daccapo…” pensò appoggiando le dita sui tasti. “La pioggia grondava accumulandosi sotto le motociclette che sfrecciavano incuranti del maltempo, seguite da una coda nebulizzata come di un propulsore ad acqua. Sorella Andalis e la vestale Verelan, sole, con le loro candide livree e le mantelline ricamate con le otto stelle della Dea Jandal, sembravano spettri diafani lanciati su un’ampia strada notturna…”
Questo racconto parla di un momento fondamentale per tutti noi che scriviamo: quello in cui impariamo ad accettare le critiche per crescere e migliorare, anche quando significa rinunciare a qualcosa a cui teniamo. Bello questo mondo di alieni e sacerdotesse. Interessante il conflitto che si percepisce in Andalis. Resta la curiosità di sapere come andrà avanti la storia. Bravo!