Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “Storia di Sondre e della Principessa Bellachioma” di Valeria Elena Vallino (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

C’era una volta, in Norvegia, un Re che aveva ventitré figli. Si chiamava Harald, ma dato che, per una vecchia scommessa, per dieci anni non si era né tagliato i biondissimi capelli, era stato soprannominato Re Harald Bellachioma.

Questo Harald, tra tutti quei figli, anche se non lo avrebbe mai ammesso, aveva delle preferenze. La sua figlia femmina prediletta era Frida, un’eterea sedicenne poco incline al sorriso, ma devotissima al padre, tanto da esserne praticamente l’ombra. Quando Re Harald si sedeva con i suoi consiglieri e disquisiva di conquiste e battaglie, lei s’accoccolava ai piedi del suo trono e stava là ad ascoltare mansueta tutti quei discorsi, che avrebbero annoiato qualunque altra ragazza.

Frida aveva una gemella, Vilde, che era il suo opposto. Monella fin da bambina, Vilde aveva dato filo da torcere a balie, tate e genitori. Sempre intenta in giochi pericolosi, come buttarsi dal muretto più alto o arrampicarsi sugli alberi, era perennemente spettinata, piena di graffi e lividi e, con estrema facilità, scoppiava in fragorose risate, che facevano inorridire la sensibile Frida.

Capitò un giorno da quelle parti, mentre infuriava una terribile tormenta, un ragazzo che dimostrava sì e no diciotto anni. Quando si era presentato al portone del castello di Re Harald, le guardie lo avevano deriso e qualcuno gli aveva anche allungato un calcio ma per fortuna, in quel frangente, era sopraggiunta Gudrun, damigella della corte del Re, che aveva intimato a quei bruti di smetterla subito e, senza dare nell’occhio, aveva accompagnato il poveretto nelle cucine, dove si sarebbe scaldato e avrebbe potuto addentare un pezzo di pane. Quello, che non spiccicava una parola, si era lasciato guidare come un burattino e, quando finalmente fu seduto su una panca non lontano dalla cuoca indaffarata davanti ai fornelli, tirò un sospirone che fece voltare tutti. Disse di chiamarsi Sondre, di essere il figlio di un pescatore vedovo e di essere partito in cerca di fortuna per poter un giorno tornare dal padre con qualche soldo e alleviare in questo modo le sue pene.

Gudrun nel frattempo, era tornata nella grande sala del trono, dove l’immenso camino a fatica scaldava le gelide pietre delle pareti. Tutta la corte era radunata lì e Gudrun si avvicinò al Re e gli disse nell’orecchio che c’era un “ospite” in cucina. Il Re la guardò con sguardo severo, ma poi si rischiarò; Gudrun aveva un animo gentile e aiutava sempre chi era in difficoltà. Come sempre Frida era seduta lì vicino e intuì che c’era una novità, ma l’orgoglio le impedì di fare domande, quindi aspettò pazientemente che fosse il padre a parlargliene.

Tutti erano nella grande sala del trono, tranne Vilde. Quella matta, come al solito, anziché starsene buona e al caldo durante la tormenta, era uscita per andare a fare compagnia al suo cavallo nella stalla, temendo che fosse spaventato dal forte vento. Quando rientrò non andò nel grande salone, ma corse in cucina con l’intenzione di scaldarsi e rifocillarsi in compagnia di quella finta burbera di Inge, la vecchia cuoca. Quando vide Sondre rimase sorpresa ma si ricompose subito e gli si sedette di fronte. Sondre, intuendo che non era una serva, si raddrizzò e si diede un tono, poi repentinamente abbassò gli occhi e disse “Per servirla”, ma Vilde gli diede una pacca sulla spalla e gli disse “Tranquillo…qui in cucina siamo tutti uguali!” e gli strizzò l’occhio. Sondre era ipnotizzato, credeva di sognare. Non si era mai vista una fanciulla di nobile stirpe trattare con tanta confidenza il povero figlio di un pescatore.

Passò il tempo e Re Harald prese in simpatia il giovane Sondre e ne fece il suo personale scudiero. Questo ragazzo aveva delle doti innate, per cui si sarebbe potuto dire che le sue origini non fossero diverse da quelle di Frida e Vilde, ma lui tutto umile rifuggiva le lodi e si concentrava sul suo lavoro. Il suo unico segreto era che, terminate le sue mansioni, si trovava in una radura nel bosco, fuori dalle mura del castello, con Vilde. Insieme facevano abbuffate di lamponi e mirtilli, studiavano le piante, imparavano il richiamo degli uccelli e si raccontavano i loro sogni.

Frida, con la quale Vilde non si confidava volentieri, era all’oscuro di tutto e continuava a considerare Sondre uno straccione, che aveva approfittato del buon cuore di suo padre.

Vilde invece, in cuor suo, si stava innamorando di Sondre, ma temeva di non essere ricambiata e sapeva che suo padre, se l’avesse saputo, lo avrebbe subito cacciato via, quindi soffriva in silenzio. Ma Sondre aveva intuito i suoi sentimenti e sentiva che Vilde non era solo una simpatica compagna di avventure, ma era diventata una donna, un po’ selvaggia, molto ribelle, focosa e testarda, ma, lui trovava, incredibilmente affascinante. Frida invece, che era ambita dai figli di tutti i Principi dei regni confinanti con quello di Re Harald, non gli era mai piaciuta, altezzosa e fredda com’era.

Un giorno, mentre Vilde e Sondre erano distesi nella radura a guardare le nuvole correre nel cielo, la ragazza prese coraggio e confidò a Sondre i suoi sentimenti. Le sue guance erano rosse come bacche di rosa canina e i capelli da leonessa brillavano al sole e sembravano fili d’oro. Non aveva un’acconciatura complicata e impeccabile come Frida, non portava gioielli o trucchi di sorta, ma Sondre la trovò più bella che mai, sussurrò “la mia Principessa Bellachioma” e poi le disse che aveva deciso: avrebbe sfidato leggi e tradizioni e l’indomani avrebbe chiesto la sua mano a re Harald. Vilde, tra felicità e sgomento, non riuscì a chiudere occhio per tutta la notte, temendo che suo padre avrebbe cacciato via Sondre e solo verso mattina scivolò in un sonno inquieto, popolato da sogni angosciosi.

Al momento del quotidiano raduno del re con i consiglieri nell’immensa sala di pietra, Sondre chiese il permesso di parlare e disse “Maestà, sono il figlio di un umile pescatore, ma sono innamorato e per questo chiedo la mano di Vostra figlia”. Frida, che, come sempre, era seduta di fianco a suo padre, trasalì, ma Sondre aggiunse subito “Vostra figlia Vilde”. Il Re, ancora frastornato da ciò che aveva ascoltato, rimase ancor più interdetto quando sentì nominare quella selvatica di Vilde. Era abituato a sentire suppliche per ottenere la mano di Frida, ma Vilde… In ogni caso era sua figlia e non poteva sposare il figlio di un pescatore, a meno che non fosse disposta a perdere tutti i suoi privilegi. Fu chiamata Vilde, la quale, con grande sorpresa di tutti, era acconciata in maniera semplice, ma, per una volta, femminile e stregò tutti con la sua inattesa grazia, quando confermò che amava Sondre e avrebbe rinunciato a titoli e ricchezze pur di poterlo sposare.

Frida, rinchiusa nella sua fredda corazza immaginaria, si rodeva per l’invidia perché il suo cuore arido non aveva mai provato o suscitato sentimenti così alti e sibilò tra i denti “Certo non potevi essere destinata ad un Principe”. Ma in quel momento, un attimo dopo che Vilde aveva confermato il suo amore per Sondre a prescindere dalle sue origini, il giovane si tolse la veste e tutti videro per la prima volta un grosso tatuaggio sulla sua schiena. Era uno stemma araldico, prova inequivocabile delle sue nobili origini. Sondre allora confessò che, non trovando interessante nessuna delle fanciulle del suo regno, era stato spedito da suo padre nel mondo perché trovasse l’amore vero, senza l’aiuto di titoli e ricchezze, e poi aveva conosciuto Vilde, che senza mai preoccuparsi delle sue origini, lo aveva trattato alla pari e alla fine gli aveva aperto il suo cuore, senza pretese. Mentre tutti ancora lo guardavano a bocca aperta, prese Vilde per mano e questa lo abbracciò forte…e di nuovo le sue guance si fecero rosse, rosse come bacche di rosa canina.

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