Premio Racconti nella Rete 2024 ” La bambina senza mamma” di Sabina Rizzo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024Jenny era una bambina dolce e delicata. All’ età di nove anni aveva perso la mamma a causa di una terribile malattia che l’aveva portata, via per sempre. Aveva assistito al lento deterioramento fisico e psichico della malattia della madre, nonostante dai suoi grandi occhi trasparisse quel dolore, mai aveva fatto cenno di quel malessere che portava sempre con sé. Dopo la sua morte, si era trasferita con il padre in un’altra città, troppi erano i ricordi che la legavano a quel luogo a quella casa.
Avevano trovato un piccolo appartamento, arredato con cura, il padre aveva cercato un nuovo lavoro, poiché aveva dovuto sostenere ingenti spese per cercare di curare nel migliore modo possibile la moglie. Un lavoro che gli permettesse di essere più presente, adesso che la moglie non c’era più, che fosse vicino casa, in modo da poter badare alla bambina, già tanto provata da quel grande dolore.
Cercando di non farle mancare nè l’affetto, nè il calore di un genitore, ma sapeva che la mancanza della figura materna si sarebbe fatta sentire con preponderanza e avrebbe lasciato un vuoto incolmabile nel suo gracile cuore delicato, specialmente per la piccola e tenera età della bambina. Il ricordo di quell.’amore sincero, non si poteva cancellare da un momento all’altro. Ricordo ancora quei momenti, con rammarico, trascorsi a piangere per notti intere, al solo pensiero di averla persa per sempre. Non potevo sopportare l’idea di non averla più accanto a me, di non poterla toccare, di non poterla sfiorare. In un attimo avevo perso tutto quello che avevo di più caro nella vita. La mia vita non aveva più un significato, si era frantumata in un istante, portandomi via la felicità e le gioie provate. Se solo mi fossi accorto prima che qualcosa nella sua salute non andava, che quei frequenti capogiri potessero essere il sintomo di un problema ancora più grave. Forse sarei riuscito a salvarla in tempo prima che la malattia peggiorasse. Ero io il responsabile, mi addossavo le colpe di quanto era accaduto. Quante volte ho cercato di nascondere la mia disperazione, eppure nei momenti di lucidità, capivo che dovevo frenare l’ impulso di piangere, non potevo permettermi di farmi vedere vulnerabile dalla mia dolce Jenny. Ero solo, con una bambina a cui badare, anche lei aveva perso la mamma, soffriva molto.
Decisi di non lasciarmi sopraffare dal sentimento di sconforto che mi opprimeva e mi feci forza, per la bambina, decidendo di andare avanti, cercando di affrontare la vita. Pensai a lei, aveva bisogno del mio sostegno, ora più che mai, pensai al tipo di genitore che volessi essere. Iniziai ad essere più presente nella sua vita, cominciai a passare più tempo con lei. Andavamo al luna park, al circo, facevamo lunghe passeggiate. Spesso la portavo al parco giochi, saliva sull’altalena e si lasciava dondolare per diversi minuti, la vedevo correre e giocare felice, fino a stancarsi. L’espressione del suo viso si illuminava, guardando lei ritrovavo la serenità, ed io il coraggio, di affrontare la vita ogni giorno. Sapevo che quelli erano gli unici momenti in cui era allegra e spensierata, dimenticava la mancanza della mamma, ma poi la tristezza ricopriva nuovamente il suo volto, spegnendo il suo dolce sorriso. La sera prima di addormentarsi le leggevo una fiaba, le piaceva immaginare i personaggi delle favole e con occhi sognanti sperava sempre in un felice lieto fine, la vedevo piena di speranza, mentre spalancava i suoi grandi occhi, protesa ad ascoltare la fiaba. La riempivo di attenzioni, ero premuroso con lei, anche se al ritorno dal lavoro ero stanco, quando vedevo i suoi occhi diventare lucidi, facevo di tutto pur di riaccendere quella luce nel suo viso. I suoi occhi pallidi scrutavano profondamente il mio animo. C’erano dei momenti in cui avevo la sensazione che qualcosa non andasse, la vedevo triste, non sapevo cosa le passasse per la testa, intravedevo nei suoi occhi un velo di malinconia. Non ne parlavamo, mi limitavo solo ad osservarla, mi preoccupavo molto per lei, non riuscivo a vederla così malinconica.
Avevo una bambina da accudire, il mio istinto paterno con il tempo diventava sempre più forte. Passarono molti anni, speravo avesse dimenticato quel brutto periodo, ritornando a vivere e a sorridere alla vita. Ma ogni tanto vedevo riaffiorare sul suo viso quelle paure, quella tristezza che conoscevo bene e che avevo tante volte provato, così come avevo vissuto anche quelle insicurezze, e quei momenti di fragilità. Non potevo cancellare quel dolore, ma spesso immaginavo di poterlo colmare. Sapevo che quel dolore era ancora presente e forte da rendere difficile il cammino. Avevo speso molto tempo per cercare di crescere nel miglior modo possibile la mia piccolina, avevo dovuto lavorare sodo per garantirmi la serenità economica e nonostante mi sentissi stanco e affaticato, riuscivo a trovare il coraggio di andare avanti, soprattutto non volevo deluderla, sapeva che sarei stato sempre lì accanto a lei. Quando ritardavo dal lavoro, la gentile signora Terry, mia vicina di casa, si recava a casa mia facendo compagnia alla mia Jenny. Era sempre gentile e affettuosa con noi, senza di lei non avrei saputo proprio come fare, forse più in là avrei preso una governante. Non so se la mia bambina vedendo un altra presenza in casa che non fosse sua madre, l’avrebbe accettata di buon grado. Non credo proprio che le avrebbe fatto piacere avere qualcuno in casa di giorno e di notte. La nostra vita sarebbe cambiata drasticamente. Per il momento, cercavo di riorganizzare la mia vita in base alla mia piccolina.
La sera guardavamo un cartone animato insieme, o giocavamo insieme, era troppo abituata che le leggessi una favola e le rimboccassi le coperte. Decisi di aspettare, stavo cercando ancora di abituarmi al mio nuovo ruolo di padre a tempo pieno. Riuscivo a destreggiarmi fra i doveri della paternità e la professione lavorativa. Un giorno uscii più tardi del solito dal lavoro, pensavo alla mia bambina che mi aspettava a casa sola, non ero riuscito a contattare la mia vicina di casa Terry. Jenny sapeva che non doveva aprire agli sconosciuti, fin da piccola le avevo fatto le stesse raccomandazioni. Mi preoccupai quando rientrato a casa non la vidi, la chiamai insistentemente, non rispondeva, cominciai ad agitarmi, ad un certo punto, preoccupato andai dalla vicina, la porta si spalancò improvvisamente e vidi uscire dalla casa la gentile signora Terry, con la bimba in braccio, si avvicinò e mi porse la bimba. La misi in braccio, le accarezzai le guance, la sua pelle aveva un colorito roseo, era tardi, Jenny indossava il maglioncino che le aveva regalato la sua mamma per il compleanno. La ringraziai e dopo averla salutata, andai a casa. Il giorno dopo si sarebbe presentata un’ altra dura giornata di lavoro. Cercavo di prendermi cura di mia figlia nel miglior modo possibile, non le facevo mancare niente e assecondavo tutti i suoi desideri, spesso le portavo dei giocattoli o delle bambole con cui poter giocare. Un mio collega mi disse che il suo cane aveva fatto dei cuccioli, se ne volevo uno, ci riflettei, in quell’istante un pensiero sfiorò la mia mente, sarebbe stato un po’ impegnativo occuparsi di un cucciolo proprio in questo momento, ma forse sarebbe stato di grande aiuto per la bambina, una valida compagnia.
Decisi di regalarle un cucciolo di cane, sapevo che le era sempre piaciuto e le avrebbe fatto compagnia durante le lunghe giornate, così avrebbe avuto meno momenti tristi e anche un gran da fare, come accudirlo, accompagnarlo a fare una passeggiata. Senza farmene accorgere, comprai un grosso scatolone, lo incartai, lasciando uno spiraglio per far uscire l’aria e misi il cuccioletto nel pacco, rivestendolo di carta colorata e mettendo un grosso fiocco in alto. Feci un profondo respiro, ed entrai in casa, Jenny vide lo scatolone e volle aprirlo subito, rimase stupefatta quando lo vide, sorrise e mi abbracciò, poi iniziò a giocare con il cuccioletto, a metterlo in braccio, lo fece dormire persino nel letto con lei. Ogni giorno diventavano sempre più inseparabili, finalmente ero riuscito a trovare qualcuno che la rendesse allegra. Lo portavamo dovunque, in giro per i parchi, nei negozi, dovunque fosse consentito portarlo, ormai era diventato un componente della famiglia, un elemento insostituibile. Riuscivo persino ad avere un po’ di tempo da ritagliarmi in casa per svolgere del lavoro extra, o anche per riposarmi un po’. Ma nonostante fossimo felici, qualcosa sembrava mancare. Decisi di cominciare a pensare un po’ a me stesso, riuscii lentamente a recuperare la mia serenità.
Un giorno conobbi Jane, lavorava come segretaria in un ufficio poco distante dal mio. Un giorno andai a prendere un caffè per i miei colleghi e la vidi seduta al bar. Fu un colpo i fulmine, le parlai, iniziammo a conoscerci e scoprimmo di lavorare a pochi metri di distanza dal luogo di lavoro. Decidemmo di rivederci, la signora Terry fu così gentile da badare qualche volta alla mia bambina. Sapeva che avevo perso mia moglie, era una donna sensibile, capiva che avevo bisogno di uscire, di avere una mia vita, delle amicizie. Aveva un modo gentile di porsi con gli altri, sembrava una persona semplice e affidabile. Tenendo talvolta la bambina, mi permise di uscire con la donna che avevo conosciuto poco tempo prima. In lei leggevo le stesse fragilità, insicurezze, che vivevo io, mi capiva. Ci incontrammo per una cena di lavoro, Anna era molto elegante, notai il colore dei suoi occhi, un verde smeraldo, non riuscivo a distogliere lo sguardo da lei, avvertivo uno strano sentimento di attrazione nei suoi confronti e questo mi provocava un notevole imbarazzo. Parlando, avrei potuto conoscerla meglio, sapere di più sul di lei, forse avrei fatto chiarezza sui miei sentimenti. Pensai che quella reciproca simpatia, potesse trasformarsi in qualcosa di serio. Eravamo anime affini, simili per molti versi, forse un giorno avremmo scoperto un sentimento sincero, la sua vicinanza mi faceva stare bene, i suoi teneri occhi espressivi, la sua sensibilità, mi rendeva felice. Uscimmo nella terrazza a prendere un poco d’aria, eravamo l’uno accanto all’altra, mi avvicinai con voce tremante, riuscivo a sentire il suo profumo, ricordo che avvicinai le mie guance alle sue, nell’intento di parlarle, sentivo il suo cuore battere. Il tono della voce era più dolce, tanto che sentii un brivido percorrermi lungo la schiena. Quegli attimi sembrarono infinitamente lunghi, sentivo una forte sensazione, che solo rare volte avevo provato nella mia vita. Tutto intorno sembrava irreale, sentivo il suo respiro sulle labbra, ci fu un momento di silenzio fra noi due, turbato da quella forte emozione, mi avvicinai, per un attimo provai smarrimento, confusione.
Non potevo permettere che quelle emozioni e sensazioni così pulsanti prevalessero sulla ragione. Mi trovai impreparato a cogliere quei momenti. Il suo candore e il suo dolce sorriso mi affascinarono, a tal punto che senza rendermene conto mi lasciai travolgere dalle emozioni e la baciai, mentre quell’atmosfera intima permetteva di approfondire meglio la nostra conoscenza. Ci innamorammo. Il suo modo delicato ed incerto, mi rendeva felice, la sua vicinanza mi dava quel conforto di cui avevo bisogno. D ’istinto, la presi fra le braccia e la strinsi forte a mè, consapevole di aver trovato qualcuno per cui valesse la pena di iniziare una nuova vita. Ma avevo paura di dirlo a Jenny, la bambina aveva ancora il ricordo della mamma, non so se avrebbe accettato di sostituire il suo ricordo con la presenza di un’altra donna nella nostra vita, ci pensai tanto prima di presentargliela. Un giorno ci incontrammo al parco giochi, gli e la presentai, Jenny capì subito che c’era qualcosa tra di noi. Le piacque, la vidi sorridere, mi tranquillizai. Forse adesso potevamo aprire un nuovo capitolo della nostra vita,
Quasi una pagina di diario… Spero sia frutto di invenzione, ma se non lo è complimenti per come hai saputo gestire una situazione così difficile.