Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “È solo l’inizio” di Rossella Toscano

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Passo dopo passo ho costruito il mio piccolo tempio incontaminato.

I rituali si ripetono ogni giorno, secondo un preciso ordine. Al mattino mi sveglio e rifaccio subito il letto; vado in bagno e pulisco tutto con la candeggina prima di lavarmi o di poggiare qualcosa sui mobili; consumo la colazione in piedi stando attenta a non urtare contro niente; spolvero la stanza con uno Swiffer e mi sdraio sul letto, dove nessuno deve osare avvicinarsi. A pranzo, prima di sedermi a tavola, strofino la mia sedia con un panno imbevuto nell’alcool, poi torno in camera e ci resto per tutto il giorno. La sera, dopo uno spuntino veloce in piedi, pulisco il pavimento della camera e mi metto a lett

Mia sorella Angela, che condivide la stanza con me, sa che deve starsene nel suo spazio e che può entrare solo con le ciabatte pulite.

Una mattina, zia Giovanna sale su dal giardino con un gattino lagnoso tra le mani.

Dov’era? – chiede Angela.

– Sotto un cartone.

– E la mamma?

– C’era un gatto per strada investito…

– Oh! Diamogli del latte con una siringa.

Gli strilli del micetto mi trafiggono i timpani. Non voglio uscire dalla camera. Cammino su e giù tra la finestra e la porta. Mi soffermo a sentire e poi torno verso la finestra. Metto i tappi nelle orecchie. Apro il libro posato sul letto. Lo chiudo. Tolgo i tappi. Cerco di capire cosa combinano in cucina.

– Prendo una scatola.

– E mettici dentro qualcosa di morbido.

Una giornata di strilli. Un’agitazione dentro di me. Un animale in casa! Meno male che non può uscire da lì. 

Alle 2:00 di notte spalanco gli occhi all’improvviso. Tutti dormono, e io non resisto alla tentazione: scivolo in cucina e mi avvicino alla scatola. Sento il cuore accelerare. Trattengo il fiato. Mi accovaccio accanto a lui. È rannicchiato su una copertina verde. Il pelo cortissimo bianco a pois grigi. È minuscolo, sta in una mano! Si gonfia e si sgonfia a ogni respiro. La coda, infilata tra le zampe, gli arriva al musetto. Mi avvicino di un passo ancora, tendo l’orecchio: emette degli strani gridolini. Gli sono quasi appiccicata. Con la punta dell’indice sfioro il mantello morbido. Oh Dio! Che ho fatto? Mi sento avvampare in viso. Scatto in piedi fissando il mio dito. Vado in bagno, me lo lavo prima con il sapone, poi con la candeggina e strofino, strofino, strofino. Vorrei staccarmi la pelle! Quando la compulsione si esaurisce, torno a letto.

Al risveglio, ho recuperato il controllo di me. Resto chiusa in camera.

Oltre la porta, le voci di mia zia e di mia sorella:

– … però beve il latte.

– Sì, ma… non ha fatto ancora i suoi bisogni.

Non potevano lasciarlo sotto quel cartone?

Dopo un attimo mi ritrovo a cercare su internet e a leggere che i gattini troppo piccoli non sanno come urinare e defecare, è mamma gatta che, leccando loro l’ano, li stimola, altrimenti rischiano di morire per un blocco intestinale. Oh, caspita! L’articolo poi illustra come si può intervenire, sollevando l’animale con una mano, mentre con un batuffolo di cotone inumidito gli si massaggia piano sotto la coda. Figuriamoci!

Le ore passano.

Rischiano di morire per un blocco intestinale.

Il gattino non si lamenta nemmeno più. Non beve il latte. Dorme.

Che faccio? Se muore, non me lo perdono. Mi massacro le mani: stacco le unghie a morsi e tiro la pellicina fino a sanguinare. Seduta sul letto, rileggo quell’articolo.

Poso il cellulare e guardo fuori dalla finestra.

Il cielo è terso come lo era quel giorno.Avevo solo dieci anni e un cagnolino che mi rendeva felice. Mi seguiva ovunque. Quella mattina, mentre la gente sorrideva vedendolo abbaiare allo sciame dei ciclisti in corsa lungo le strade del paese, un’auto color bronzo metallizzato lo travolse senza nemmeno provare a frenare: le ruote anteriori lo risparmiarono e lui rotolò sotto il pianale. Aspettavo che continuasse a rotolare illeso oltre la macchina, ma vidi la ruota posteriore schiacciarlo in pieno petto. Un unico infinito gemito. E poi nulla più. Mia madre, che mi teneva per mano, mi tirò a sé per non farmi guardare.

Piansi per mesi. Era stata colpa mia, avrei dovuto tenerlo al guinzaglio.

Scatto in piedi. Mi asciugo le lacrime. Vado in bagno, prendo un paio di guanti monouso e un batuffolo di cotone inumidito, ed entro in cucina. Sollevo il piccoletto che nemmeno apre gli occhi e si abbandona nella mia mano. Lo scuoto con delicatezza. Tiro su la coda e inizio a massaggiargli l’ano: “Dai, forza, fammi questo regalo!” Insisto. E insisto ancora. Tremo per il disagio e tremo per la paura che sia troppo tardi. Angela, sulla soglia:

– Non sei tu!

– È proprio lei – interviene mia mamma, e mi sorride.

 Il micetto apre gli occhi: due bottoncini neri scintillanti mi guardano. Un mugolio flebile. Le zampette con le dita allargate si agitano nel vuoto. Si contorce appena. Sul palmo, un solletico che avevo dimenticato. Mi commuovo, ma ancora di più quando vedo adagiarsi sul batuffolo un ricciolo marrone.

È solo l’inizio.

Il rischio di lasciarmi contaminare dai sentimenti è una possibilità che provo a considerare.

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11 commenti »

  1. Rompere gli schemi, sconfiggere certe ossessioni è estremamente doloroso, e mette a dura prova. Come accade alla protagonista di questo bellissimo racconto, che cerca di resistere alle “contaminazioni”, ma alla fine si fa vincere dai sentimenti. Scrittura precisa, delicata, essenziale. Brava Rossella!

  2. Grazie di cuore, Caterina.

  3. Sono d’accordo con Caterina (che ha scritto un bellissimo commento).
    Grazie Rossella per averci offerto questa dolcissima, seppur con uno stile asciutto e sintetico, prova di bravura. E poi – cosa che mi fa piacere aggiungere – i nostri amici pelosi possono essere magici nel farci superare ossessioni e fobie.
    Complimenti.

  4. Brava Rossella, bello e vero lo scontro tra la nevrosi e la compassione, tra il timore del futuro e l’abbraccio del passato. Complimenti

  5. La pietas che sgretola il muro autoeretto intorno ad una nevrosi ossessivo-compulsiva. Una pet therapy che salva per salvare. Sarebbe uno spoiler se non fosse che, per leggere i commenti, prima bisogna leggere il racconto! Brava!

  6. Bello Rossella, introspettivo e delicato.

  7. Cristina, Gianni, Alessandra e Patrizia vi ringrazio di cuore per i vostri commenti. Sono molto coinvolta in questa storia. Il micio, ormai un bel gattone, si chiama Mattia. Non è stato un nome scelto a caso (sebbene non sia credente).

  8. Preciso e asciutto, descrive benissimo come aconfiggere le proprie ossessioni attraverso il sentimento. Complimenti, e una carezza a Mattia !

  9. Grazie Marco, anche a nome di Mattia. Sì… è solo l’inizio, non è che sia proprio così semplice far prevalere il sentimento quando si ha a che fare con un disturbo ossessivo compulsivo. In ogni caso, è andata proprio così. I dettagli sono fedeli alla realtà.

  10. Confermo la tua bravura nella scrittura.
    Semplice ma efficace.
    Bellissimo il ‘lasciarsi contaminare dalle emozioni’.

  11. Grazie.

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