Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “Nessuno uscirà vivo di qui” di Gianpietro Galli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

“Finalmente il giorno è arrivato, lo attendevo da un mese. Ed ora eccomi qua, pronto. Devo stare calmo e non dare nell’occhio. Chiunque dei tanti presenti nella sala potrebbe agire all’improvviso e mettersi di mezzo, ma non mi farò sorprendere. Fa caldo, forse non avrei dovuto mettere il giubbotto pesante: maledette previsioni! Quando c’era il Colonnello Bernacca… quelli erano tempi, andavi sul sicuro. Adesso nonostante i loro maledetti satelliti spia non sanno nemmeno dirti se domani pioverà o ci sarà il sole. Pazienza, resisterò. Perché tutto procede così lentamente?

Non potrebbero darsi una mossa!? E questo tizio davanti a me… deve proprio far sapere a tutti che domani partirà per le cascate Vittoria sullo Zambesi? Spero tanto che tu ci cada dentro alle cascate, così ci sarà un imbecille in meno in giro. Idiota! Prima, però, ti auguro di perdere il bagaglio arrivato all’aeroporto. Ha finito, meno male… no, adesso sta mandando un messaggio , naturalmente senza usare i tasti silenziati… certo, perché evitare civilmente di triturare gli attributi al prossimo tuo con i tuoi insulsi bip. E questo dietro di me? Cos’ ha mangiato ieri sera a cena? Topi morti putrefatti? Grazie ai suoi miasmi mefitici il panettone senza canditi del Natale scorso mi si ripresenta. Dentifricio e mentine, caro il mio appestatore! Devo stare attento, non devo lasciarmi distrarre. Strano, oggi c’è la guardia giurata, solitamente non è presente. Guardalo lì, con la divisa scolorita e talmente stropicciata che pare l’abbia indossata anche a letto mentre dormiva; l’aria annoiata, un accenno di barba però con gli occhiali da sole Ray Ban anni ‘70: ma chi si crede di essere, Poncharello dei Chips? Ridicolo. Scommetto che se dovesse usare la pistola si sparerebbe sui piedi.

Qui va tutto a rilento oggi, è peggio del solito. Già, il solito menefreghismo dilagante. Ai miei tempi sì che si correva! Tzè… adesso farei correre volentieri a calci nel sedere quel bamboccio spilungone con le cuffiette poco più avanti, cuffiette che purtroppo non coprono del tutto quel rumore che solo lui può avere il coraggio di chiamare ‘musica’: ma cos’ha nel cervello? Segatura? Gioventù!, che farei diventare volentieri bruciata. Ecco uno che ha finito e sta uscendo: ma guardalo, non ha smesso un attimo di parlare al telefono con l’auricolare. Chissà quali decisioni importanti avrà da prendere: ‘fate spazio, che non ho tempo da perdere’ sembra dire con il linguaggio del corpo. Probabilmente non ha nemmeno salutato e ringraziato l’impiegato allo sportello prima di andarsene. Ti auguro di trovare il tuo SUV, parcheggiato male e che occupa due posti perché hai fretta solo tu, con le ganasce e la multa. E ti risparmio i segni fatti con una chiave sulla portiera perché oggi sono generoso. Ma perché i giovani oggi si vestono così male? Guarda quello con i pantaloni che sembrano recuperati da un bidone della spazzatura, il cavallo praticamente gli arriva sotto le ginocchia e non si deve essere accorto che li sta perdendo perché si nota ben bene l’elastico con la marca delle mutande. Ma la cosa peggiore è che si vede quello che ai miei tempi chiamavamo ‘sorriso verticale’.  Che spettacolo inguardabile! E’ entrato qualcuno.

Vediamo di chi si tratta e se devo preoccuparmi. Lo sapevo, mancava solo lei: la mamma con il passeggino e marmocchio ed un secondo mocciosetto al seguito. Le conosco bene queste: adesso vedrai che chiederà il favore di passare avanti. Ma non ci penso proprio! E poi cosa porterà sotto a quel passeggino? Potrebbe esserci di tutto nascosto tra i pannolini e la borsa della Lidl. Guarda il bambino: sembra già un piccolo terrorista, pronto a fare danni se lasciato libero di scorrazzare per l’atrio. Ed io non sarei in grado di contrastarlo. Meno male, la mamma non ha chiesto nulla. Ora però si è messa a guardare il telefonino con una mano mentre con l’altra muove il passeggino come fosse una culla e con poca convinzione ripete al piccolo terrorista in erba di smetterla di dare fastidio alla sorellina nel passeggino, che nel frattempo ha iniziato ad urlare.

Qualcuno si volta a guardare: c’è chi sorride, comunque sforzandosi, e c’è chi nello sguardo vedo passare bagliori da Hannibal Lecter. Ecco, meno male che per fortuna entrambi si sono tranquillizzati quasi subito.  E’ da un mese che sto pianificando questo giorno e nessuno dovrà crearmi problemi. Nessuno. Ho calcolato orario e possibili imprevisti. Hei,  finalmente devono aver deciso di accendere l’aria condizionata: era ora, tra caldo e miasmi vari l’atmosfera si stava facendo pesante. Un passo alla volta e mi avvicino al momento cruciale. Sta uscendo una splendida donna su dei tacchi vertiginosi. La guardia giurata le rivolge un saluto ed un sorriso che nelle sue intenzioni dovrebbe essere di seduzione. In cambio riceve un’espressione di disgusto. Qualcun’altro è entrato. Una donna ancora. Sento che parla con frasi di uno sdolcinato al limite della umana sopportazione.  Incuriositi, io e la persona che mi sta davanti ci voltiamo contemporaneamente. E il nostro sguardo si posa su di un’elegante e bella signora, truccata con discrezione  che tiene in braccio un piccolo ammasso di pelo bianco, uno di quei cagnolini da appartamento insopportabili al solo guardarli, quelli che di solito ti osservano con estrema alterigia mista a cattiveria  e un attimo dopo ti abbaiano contro istericamente muovendosi come dei tarantolati.

Nastrino in testa, al cane, e vestitino. Santo cielo, vista insopportabile. Per non parlare del fatto che la donna continua a baciarlo sul muso proseguendo nello sproloquio: un diabetico in ascolto sarebbe costretto ad una dose salvavita di insulina. Chissà cosa pensa il cane. Chissà se la donna lascia dormire il marito al suo fianco nel letto oppure lo costringe a stare sul fondo per poter stare con il pulcioso accanto. Io e lo sconosciuto davanti a me ci guardiamo e ci scambiamo un silenzioso sguardo d’intesa che vale mille parole non dette. Torno ai miei pensieri. Torno ai giorni scorsi quando al mattino seduto in cucina di fronte alla tazzina del caffè e il quotidiano aperto sulla cronaca locale preparavo con cura il piano per questo giorno. Hanno aperto un altro sportello. Guarda come si precipitano quelli davanti: scatti da 100 metri piani alle Olimpiadi! Ecco, ci mancavano quei due che si mettono a litigare su chi è arrivato prima. Forse  la cosa potrebbe giocare a mio favore: gli altri si distraggono e non badano troppo a me. Io non cambio il piano: rimango qui. Ora le cose dovrebbero muoversi più velocemente. Almeno è quello che spero, perché questa continua tensione mi sta logorando i nervi. I due continuano a litigare: l’impiegato li guarda e scuote la testa sconsolato ma con un accenno sorriso divertito sulla bocca. Vorrei quasi essere al suo posto e godermi lo spettacolo da vicino.

Il cane si mette ad abbaiare all’improvviso: sobbalzo ed inveisco a denti stretti. Vorrei dire qualcosa ma in questo modo potrei attirare l’attenzione dei presenti. Meglio lasciar perdere. Ecco, quasi ci siamo. La fila ha ripreso ad andare più speditamente. Tra poco sarà il mio turno. Finalmente, ho i palmi delle mani sudati, e questo non va bene. Il battito cardiaco a mille, e questo non va bene. I due litiganti si sono allontanati dallo sportello e stanno continuando a prendersi a male parole: bene, bene, tutti o quasi sono distratti. Tutti oggi a casa avranno qualcosa di divertente da raccontare a tavola davanti al piatto di spaghetti. Ecco, ci siamo. Ancora un paio di persone e poi potrò agire. Un mese di attesa, ma finalmente ci siamo. Oggi è il gran giorno, oggi è il giorno del ritiro della pensione! E se qualcuno dovesse passarmi davanti all’ultimo momento, beh… nessuno, uscirà vivo di qui!”  

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