Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “Un polpo in testa” di Lorenzo Pompeo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Al suo funerale tutti i colleghi dell’ateneo ne elogiarono la figura esemplare, la dedizione altruistica al lavoro, la figura specchiata. Il ministro inviò un saluto letto da un sottosegretario nel quale faceva eco alle lodi degli altri accademici. Tutti ne riconobbero il grande equilibrio, lo spirito di sacrificio, la preziosa capacità dialettica messa al servizio del bene comune. Quando, molti anni prima, il Senato Accademico lo aveva nominato Rettore, l’ateneo era in preda al disordine: gli scontri tra le opposte fazioni erano all’ordine del giorno. C’erano stati anche episodi di violenza. La normale attività accademica veniva spesso turbata da facinorosi ed estremisti. Qualcuno predicava la lotta armata, qualcun altro la repressione della medesima, altri pretendevano di instaurare “la dittatura della fantasia”, mentre  altri ancora caldeggiavano il ritorno alla “assoluta normalità”. Il Magnifico prestava ascolto a tutti, non negava a nessuno la possibilità di esprimere liberamente la propria opinione. Per questo si era guadagnato la stima e il rispetto di tutti. Era un impareggiabile maestro nel trovare il punto di equilibrio, la soluzione che avrebbe accontentato un po’ tutti, senza dare torto a nessuno. Per questo era già un ventennio che la sua nomina veniva rinnovata di anno in anno. Nelle annuali riunioni del Senato Accademico la sua nomina era considerata una pura formalità. Tutti sapevano, tutti volevano, e tutti votavano per lui. Per questo la sua improvvisa scomparsa fu un vero e proprio shock. A nessuno era venuta l’idea che un giorno il Senato accademico avrebbe mai potuto eleggere un altro Rettore.

Ma c’è un piccolo mistero legato alla sua improvvisa scomparsa, causata da un improvviso e fatale capriccio del suo cuore, che col tempo, dopo parecchi anni, sarebbe diventato di pubblico dominio. 

Anche nella vita privata il Magnifico era stato un uomo irreprensibile. Si era sposato a trent’anni con una ragazza conosciuta ai banchi di quello stesso ateneo. Lei era al primo anno mentre lui si stava per laureare. Si aggirava un po’ frastornata tra i corridoi e i meandri della Facoltà, in cerca di qualche bacheca. Lui invece le apparve una guida esperta in quel labirinto. Per questo lei, vincendo la sua naturale timidezza, si rivolse a lui per chiedere qualche informazione sui corsi e sugli orari. Si conobbero in un modo apparentemente casuale. Se in quel momento in quell’angolo del corridoio si fosse trovato un altro studente, probabilmente la loro vita avrebbe seguito un altro percorso. Non fu un amore a prima vista, piuttosto  un’amicizia che lentamente si fece sempre più stretta.

Le cose poi seguirono una strada piuttosto convenzionale: quando lui si laureò, erano già ufficialmente fidanzati. Poi, quando dopo qualche anno anche lei terminò i suoi studi universitari, lui stava terminando il suo dottorato, la stessa strada che anche lei avrebbe percorso negli anni successivi. Ma per evitare ogni possibile sospetto di conflitto di interessi, la carriera accademica della moglie (perché dopo il dottorato ci fu il matrimonio) proseguì in una università diversa da quella del marito, divenuto già professore. Quando anche lei vinse il concorso da docente, venne al mondo il primo figlio. Dopo la prima nomina a Rettore, giunse la sorella.

Il quadro era completo e perfetto: una famiglia solida, i figli che, dopo qualche incertezza e qualche errore dovuti a qualche giovanile intemperanza, si sarebbero messi sul sentiero aperto dai genitori. Ma alla base di questo quadro idilliaco, alla sua radice, c’era un terribile e ridicolo segreto, che venne alla luce molti anni dopo la scomparsa del capofamiglia. 

Fin dai primi anni di scuola la figlia mostrò un rendimento scolastico decisamente migliore del fratello. Era curiosa, le piaceva apprendere cose nuove. Per questo lo studio non le risultava per nulla faticoso. Era amata dai suoi professori. Era ordinata e precisa nell’esposizione e per questo primeggiava in tutte le materie, che fossero scientifiche o umanistiche. Il fratello invece era pigro e disordinato. Faceva affidamento sul prestigio dei genitori per ridurre al minimo indispensabile il suo impegno. Diluiva all’infinito le poche ore che dedicava allo studio e per questo, a differenza della sorella, non riusciva a metterle a frutto. Era scarso anche negli sport, perché il suo impegno era sempre ridotto al minimo, in qualsiasi campo. In famiglia però si considerava l’erede al trono del capofamiglia e per questo approfittava di ogni occasione per mettere in ridicolo la sorella. Così al tavolo spesso bisticciavano, magari per cose assolutamente superflue. Col passare degli anni la gelosia del fratello crebbe. La madre faceva di tutto per mettere la sordina a quelle animate discussioni, per spegnere sul nascere ogni possibile tensione. 

Sperando di suscitare in lui una qualche forma di passione o interesse verso l’arte, la moglie del Magnifico tentò di affidare il figlio alle cure di una insegnante di pianoforte. Ma la ragazza che si era assunto il gravoso compito di elevare lo spirito del fanciullo dovette gettare la spugna dopo qualche mese di lezione: l’unico interesse che fu in grado di suscitare nel ragazzo era quello verso il proprio décolleté. Dopo un goffo approccio, che iniziò e si concluse con una palpata alle di lei natiche, le lezioni cessarono.

Da parte sua, il ragazzo si considerava un vero e proprio talento, seppur incompreso e sottovalutato, nel suo campo. Neanche lui avrebbe saputo (e del resto perché avrebbe dovuto affrontare una tale ciclopica fatica) definire il nome e i confini di questo campo. Era simpatico, bello, indolente e ciò gli bastava. Quello che però non comprendeva e non accettava era il motivo per cui la sorella godeva del favore di tutti: della famiglia, dei professori, dei parenti, degli amici dei parenti e dei parenti degli amici. 

Fu probabilmente questo motivo che, senza minimamente tenere in considerazione le terribili conseguenze che avrebbe potuto avere, rivelò quel terribile e ridicolo segreto di famiglia ai suoi compagni di studi all’università di cui il padre era il Magnifico Rettore. Per accaparrarsi la loro simpatia, raccontò di una singolare abitudine del padre.

Molti anni prima della venuta al mondo del ragazzo, il Magnifico accidentalmente era venuto a sapere che il polpo era uno degli animali più intelligenti: era in grado di risolvere alcuni semplici problemi attraverso l’uso di rudimentali strumenti. Per qualche motivo si era convinto che per assimilare le mirabili facoltà intellettive di quello sarebbe bastato applicare un esemplare di quell’animale sulla testa per dieci minuti al giorno. Da quel momento in poi, tutti i giorni, eseguiva quello strano e ridicolo rituale. Prendeva dal frigo un octopode ancora fresco (ne comprava uno alla settimana), poi andava in bagno e si chiudeva a chiave. Lo indossava come un cappello e rimaneva lì, davanti allo specchio. A casa nessuno parlava di quel piccolo e ridicolo segreto, ma qualcuno si era chiesto il motivo per cui il polpo non mancasse mai, prima in frigo e poi sulla tavola, rigorosamente almeno una volta a settimana. Qualcuno notò che ogni giorno l’animale era solito scomparire per qualche minuto per poi saltare nuovamente fuori. Era inevitabile che prima o poi un occhio cadesse sul buco della serratura. Ma per anni nessuno ebbe il coraggio di far parola di quel ridicolo segreto. Fino a quel momento.

Anni dopo, alcuni hanno voluto ricollegare l’improvvisa scomparsa del Magnifico con la divulgazione di quella singolare notizia, che subito aveva cominciato a circolare come un gas venefico nei labirintici corridoi dell’ateneo. Purtroppo nessuno può dimostrarlo.

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4 commenti »

  1. Racconto che con stile di scrittura scorrevole e con particolari umoristici ben evidenzia le conseguenze, anche tragiche, che l’invidia e la maldicenza possono produrre.

  2. grazie Andrea hai colto alcune cose che volevo mettere in evidenza attraverso il mio racconto.

  3. Ciao Lorenzo. Confermo quanto scritto nei commenti dell’altro racconto.
    Scorre tutto bene. È il finale ad essere sempre un po’ troppo veloce, secondo me.
    Complimenti comunque

  4. Ciao Fabrizio, grazie, sì, anche altri lettori mi hanno rimproverato per il finale troppo brusco. La mia intenzione era quella di limitarmi a una istantanea, limitandomi alle informazioni essenziali per decifrarla. Comunque grazie ancora.

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