Premio Racconti nella Rete 2024 “Il nuovo” di Massimo Ubertone
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024Bo era seduto al tavolo vicino alla vetrina. Era da un po’ che vedeva gente passare, prima alla spicciolata, poi sempre più numerosa fino a formare una folla compatta che si muoveva in una sola direzione. Pagò il caffè e uscì. A quell’ora in TV era già iniziata la sua trasmissione di quiz preferita, ma il suo desiderio di andare a casa si scontrò contro quel muro di persone dall’aria eccitata con sciarpe, bandiere e cappellini da baseball e non poté fare altro che seguire la corrente.
Cosa sta succedendo? chiese a un ragazzo che era attrezzato con il kit completo: sciarpa, cappellino e bandiera.
Come, non lo sai? Il Nuovo è in città. Inizierà a parlare tra dieci minuti.
Non capiva, ma fece sì con la testa, giusto per non fare brutta figura, e continuò a camminare insieme agli altri. Del resto, per il programma di quiz era già tardi e quella mattina non aveva nient’altro da fare. Aveva voglia di fumare, peccato che il tabaccaio avesse la saracinesca abbassata. Il solito scansafatiche: di sicuro si era preso una pausa per andare al bar. Pensò di fermarsi ad aspettarlo ma la folla premeva e dovette andare avanti.
In fondo al Corso la Piazza d’Armi era gremita di gente. Dal lato opposto era stato allestito un palco con un maxischermo e due tralicci metallici che sostenevano le casse degli amplificatori.
C’era un’aria di festa. I bambini sulle spalle dei loro papà sventolavano le bandierine e dagli altoparlanti si diffondeva il suono delle trombe di una marcetta allegra. A un certo punto il brusio della folla si trasformò in un boato e la musica fu sovrastata da uno scroscio di applausi. Lontano, sul maxischermo, apparvero tre figure. Il Nuovo doveva essere quello al centro, che superava gli altri due di tutta la testa, e Bo si chiese se fosse davvero così alto o si trattasse di un effetto creato con una particolare inquadratura della videocamera. Si alzò in punta dei piedi ma da quella distanza non si vedeva quasi niente. Di improvviso su tutta la piazza rimbombò l’eco della voce del Nuovo, offuscata dal crepitio delle scariche elettromagnetiche. Bo non riusciva a cogliere le parole, che si perdevano tra le ovazioni della folla. Gli arrivavano solo brandelli di frasi: “il coraggio di affrontare…” “tutti uniti in un solo…” “il futuro che noi…”. Ad affascinarlo però erano il tono, le pause e i cambi di registro che esprimevano ora sicurezza, ora entusiasmo, ora indignazione.
Nei momenti salienti partiva il coro euforico di Nuo-vo! Nuo-vo! Udì alle sue spalle una voce da baritono che gli era familiare. Era il tabaccaio, che scandiva anche lui quelle due sillabe con un calore insospettato, muovendo la testa su e giù per invitarlo a fare altrettanto. Si voltò alla sua destra e si trovò di fronte il viso arrossato di una ragazza che, fissandolo negli occhi sillabava ad alta voce: Nuo-vo! Nuo-vo! Si sorrisero e Bo non poté far altro che imitarla ripetendo, con lo stesso ritmo e sempre più forte: Nuo-vo, Nuo-vo! Nuo-vo! Nuo-vo!
L’atmosfera era carica di commozione. Ad ogni pausa ciascuno sorrideva a chi gli stava vicino e con un’intesa spontanea come lo scambio di un segno di pace il coro iniziava piano, poi i visi si rivolgevano al palco e il coro cresceva fino a rimbombare in tutta la piazza. Era bello lasciarsi invadere da quell’ energia e sentire di farne parte.
Il Nuovo alzò le braccia per far cessare le ovazioni e riprese a parlare. A tratti le frasi, dagli altoparlanti, arrivavano più perentorie e si arrestavano bruscamente con un tono che sollecitava una risposta, e Bo, felice, si univa al coro di: Sììì!
Gli prese la smania di farsi avanti per vedere da vicino il Nuovo. Toccarlo, se era possibile.
Spingendo, chiedendo scusa e mollando qualche gomitata riuscì a raggiungere il centro della piazza. Da lì lo schermo si vedeva meglio: in quel momento gli assistenti del Nuovo stavano trascinando sul palco quattro uomini ammanettati e legati tra loro da un’unica catena.
La telecamera li inquadrò in primo piano: erano tutti in giacca e cravatta, ma le camicie erano aperte, le cravatte slacciate e nelle loro facce si leggeva la paura. Una di quelle facce l’aveva già vista in televisione. Lui non si interessava di politica ma gli sembrava che fosse un ministro.
Qualcuno dal pubblico gridò un insulto e subito altri lo imitarono. La voce del Nuovo ora aveva assunto un tono diverso, che indugiava su certe parole con severità, poi si alzava in un crescendo di indignazione. Tra le urla generali che quasi coprivano il gracchiare degli altoparlanti Bo colse solo le parole “passato” “severamente” “pulizia” e “migliore” ma era evidente, dall’accento vibrante di sdegno con cui il Nuovo le aveva pronunciate, che quelle persone si erano macchiate di colpe gravissime.
La folla lo aveva capito e premeva, ormai incapace di contenere la collera. Bo fu spinto in avanti dalla calca per vari metri. Cadde a terra ferendosi un sopracciglio e subito si rialzò per evitare di essere calpestato. Tra la foresta in movimento di teste, braccia e gambe scorse il luccicare delle catene e vide che qualche scalmanato delle prime file aveva trascinato i prigionieri giù dal palco. Tutto attorno mulinavano, brandite come armi, le aste metalliche delle bandiere. I quattro prigionieri gemevano raggomitolati a terra sotto i calci e le bastonate, mentre molti colpi andavano a finire a casaccio anche su altre teste e altre schiene.
Il Nuovo aveva terminato il suo discorso e dagli altoparlanti pioveva nuovamente il suono allegro delle trombe della marcetta di apertura.
Un vecchio si avvicinò per sferrare con tutte le sue energie un calcio in faccia al ministro, che però lo bloccò prendendogli la caviglia e mordendogli un polpaccio. Il vecchio crollò addosso al ministro e affondò i denti nella sua guancia destra.
La visione del brandello di carne tra i denti gialli del vecchio suscitò una sorta di delirio euforico in un ragazzo di forse di tredici anni che si slanciò sul ministro asportandogli coi denti l’orecchio destro, subito seguito dalla madre e dalla sorellina più piccola che dapprima assaggiarono il sangue che usciva copioso dalla guancia squarciata e poi, carponi e con le teste vicine, si attaccarono alla gola.
Eccitati dalla vista del sangue i più vicini si gettarono avidamente sui corpi agonizzanti dei quattro, mentre in un clima generale di gioiosa euforia chi era dietro premeva per avere la sua parte.
Dopo dieci minuti le grida cessarono e la folla sembrò acquietarsi. I volti coperti di sangue dei più vicini fissavano la massa informe dei cadaveri in catene in cerca di un ultimo sussulto di vita.
Bo si fece spazio nella mischia, poi volse la testa attorno con movimenti rapidi e tutti i sensi in allerta. Sentiva montare fuori e dentro di sé qualcosa di nuovo ed insieme antichissimo che finalmente rivedeva la luce. Vigile, immobile, le narici dilatate, riuscì a distinguere in mezzo all’odore dolciastro del sangue quello sottile della paura. Uno degli uomini era ancora vivo e lui spiccò il balzo.