Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “Don Peppino, la Pentecoste e Jannik Sinner” di Annamaria Donnarumma

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Dopo la messa della Domenica di Pentecoste, il rione Sanità entrò in fermento. L’idea di don Peppino in una sola alzata di velo suscitò sorpresa, rabbia e divertimento. Volgendo lo sguardo verso il muro del caseggiato, le pie donne si facevano il segno della croce, i fannulloni nerboruti agitavano il pugno chiuso minacciando vendetta, i giovani increduli ridevano di nascosto allo “scherzo del prete”.

***

Don Peppino per recarsi nel suo ufficio alla canonica passava per la cucina. Ogni volta era una battaglia persa contro il peccato di gola.

«Ahi, don Peppino, a voi piacciono le cose buone». Gli rimproverava Rita, la sua fedele perpetua, scuotendo la testa. Gli aveva cucinato a pranzo un succulento ragù con polpette. L’aroma familiare arrivava impetuoso nelle sue narici elevandolo in estasi. Lo stomaco brontolava e le emozioni riemergevano. Così come il senso di colpa che sarebbe giunto per aver desiderato e ceduto ai piaceri della carne tritata.

«Tu cucini come mia madre». Si giustificava lui con voce rotta dalla commozione.

Nato nel rione Sanità, don Peppino era arrivato come terzo di cinque fratelli. Sicuro di essere stato il figlio prediletto. Solo a lui sua madre permetteva di inzuppare la mollica di pane nel cucchiaio colmo di salsa rossa dopo ogni mescolata. Il giorno in cui prese i voti da prete sua madre glielo ricordò.

«Peppiniello, va e ama gli altri come io ho amato te».

           E lui così fece per opera dello Spirito Santo. Lo capì quando da ragazzo un po’ grassoccio e peli radi alzò lo sguardo e lesse un cartello scritto a caratteri cubitali, sopra la vetrina del salumiere.

“Nessuno libera nessuno, nessuno si libera da solo, gli uomini si liberano in comunità”.

In quel preciso istante don Peppino si convinse che lo Spirito Santo scelse lui per riflettere la luce divina in quel quartiere dalle anime perse. Proprio lì avrebbe predicato la sua idea di comunità come i primi cristiani.

      A distanza di anni dal suo noviziato era diventato testimone terreno dell’azione del “Diavolo e dell’acqua Santa”. Nelle stanzette dei “bassi” buie e umide dove le persone si stringevano strette da non poter respirare si viveva il miracolo di Gesù dei pani e dei pesci alla napoletana, “dove mangia uno si mangia in due, dove si mangia in due si mangia in tre” e così via, perché ce n’era per tutti.

        Ma che dire quando doveva salvare gli “scugnizzi” al soldo di camorristi spudorati?  I capi banda lo minacciavano perché metteva a repentaglio i loschi affari di droga, prostituzione e gioco d’azzardo. Ma lui non riusciva a stare “zitto e fermo”. Forse con gli anni aveva imparato la calma, ma non poteva giurarci e neanche il suo vescovo, che doveva di volta in volta mediare tra il suo parroco e certa gente del rione.

***

Il fornaio Gennaro passava sovente in canonica carico di pane per i poveri, e riconoscenza. Don Peppino l’anno prima gli aveva risolto un serio problema familiare.

«Tu sai mio figlio com’è». Gli aveva confidato Gennaro ammiccando.

«Lo so, lo so». Aveva annuito il parroco senza aggiungere altro.

Unico figlio di Gennaro, Michele si era rivelato un po’ troppo femminile per essere accettato nella cricca dei maschi alla conquista delle femmine.

«Pensaci tu. Me l’accirn». Lo aveva supplicato quando il ragazzo tornò a casa con l’ennesimo occhio nero.

«Sta’ senza pensier». Lo aveva rincuorato.

Michele fu spedito a studiare architettura all’Università cattolica capitolina.

«Si trova bene Michele?» Domandò un giorno don Peppino quando Gennaro gli consegnò la cesta di pane.  

«Michele è contento. Studia e gioca a tennis». Sospirando soddisfatto.

Don Peppino sorrise compiaciuto.

«Il tennis fa bene allo Spirito». Aggiunse Gennaro alzando lo sguardo verso l’alto.

«E mo’ che c’entra lo Spirito Santo?» Don Peppino sentì i suoi sensi acuirsi e un friccico lungo la schiena,

«C’entra, c’entra». E Gennaro si asciugò il sudore dalla fronte, sentiva caldo. Questo ragionamento con il prete lo impegnava molto.  Si schiarì la gola. «Se un’azione è buona, sicuro è per volere dello Spirito Santo».

Don Peppino si stupì di come Gennaro si mettesse sul pulpito a predicare il Vangelo. Lui sapeva sfornare le migliori zeppole della Sanità. Il Vangelo toccava a lui.

«Prendiamo ad esempio il calcio». Disse Gennaro passandosi il fazzoletto sulle labbra umettate. «È uno sport marcio; girano troppi soldi, donne e droga». E sfregò indice e pollice per indicare il denaro. «Alla Sanità, Maradona è un semidio». Spiegò roteando gli occhi per dire tutti.

La presenza viva e pulsante di Maradona si sentiva ovunque. Il suo faccione sorridente con i riccioli nero corvino era in bella mostra sui murali, le bandiere bianco-azzurre del Napoli sventolavano dalle finestre e balconcini, e i souvenir del calciatore erano in vendita nelle botteghe. Persino le nicchiette agli angoli avevano un’immagine di Maradona con un cero acceso.

Gennaro si accertò di aver catturato la piena attenzione di don Peppino, e continuò.

«Ma poi? Per i giovani, che esempio è con la sua ricchizza. Che ffine facett’

Per i napoletani Maradona era intoccabile ma fu indiziato di colludere con la camorra e il suo nome trascinato nel fango da scandali e inchieste giudiziarie. 

Don Peppino non aveva mai giudicato Maradona sotto quell’aspetto. Le sue vittorie e i due scudetti venivano prima di tutto. Ma volle sapere di più.

«E c’ vuo dì Gennarì?».

«Il tennis è la soluzione ai mali del quartiere». Affermò Gennaro scandendo ben bene le parole. Scrutò l’espressione perplessa di don Peppino. «Prendi Jannik Sinner, il campione italiano di tennis. È un bravo guaglione, si impegna nel lavoro con forte senso del dovere. E soprattutto buona educazione e nessuno scandalo. Michele lo ha scelto come esempio di virtù. È così per altri giovani d’oggi».

Educazione, dedizione, impegno? Don Peppino rifletté a lungo. E Rita si accorse di qualcosa di diverso. Lo aveva visto più volte borbottare tra sé e sé. Si preoccupò persino della sua salute quando vide nel suo piatto gli avanzi di pasta coi friarielli.

Alla fine, don Peppino si decise a mandare un segnale forte alla sua comunità di cristiani.

Che fosse arrivato il tempo per i giovani “scugnizzi” della Sanità di sostituire Maradona con Sinner? Si doveva smettere con la violenza negli stadi e gli episodi di razzismo. Laddove esisteva il giusto c’era la volontà dello Spirito Santo. Anche nel tennis.

Nottetempo commissionò un murale posizionato proprio di fronte a quello gigantesco di Maradona. Invitò i fedeli alla celebrazione del Santo Spirito dopo la messa. E mantenne il segreto fino a quando si alzò il velo.

Il murale di Jannik Sinner si mostrò in tutta la sua potenza espressiva. Il viso dai lineamenti allungati, pelle lentigginosa, massa di riccioli rosso carota, sorriso ingenuo da liceale.

Mentre nel rione esplodeva la reazione scomposta della gente, don Peppino e Gennaro si scambiarono un’occhiata complice. Rita sorrise e capì che lui stava bene di salute. 

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6 commenti »

  1. Racconto leggero, didascalico, sornione: ironizza sulla necessità di modelli o idoli, in un tessuto sociale con un senso religioso in decadimento, difficile da ricostruire; don Peppino, perlomeno, ci prova.

  2. Complimenti Annamaria, il tuo è davvero un bel racconto. Don Peppino, non è un Don Gallo del Rione Sanità ma è pur sempre un prete che vive la sua missione spirituale immergendosi in un contesto sociale difficile. Bella e simbolicamente efficace la figura del panettiere Gennaro che riesce a far capire a Don Peppino che la carità non basta: bisogna agire anche attraverso l’immaginario, mostrando modelli positivi vincenti per affrancare le giovani generazioni dal sottobosco di illegalità che condanna il quartiere. Il tutto con leggerezza e un po’ di ironia e non è davvero poco.

  3. Grazie Anna Rosa, che belle parole, mi sento incoraggiata a continuare. Non ci posso fare nulla, riesco sempre a vedere il lato ironico (per fortuna anche nella vita!). Buona continuazione anche a te. A rileggerci presto.

  4. Che bel racconto! Scritto bene, ironico, leggero, assolutamente non banale, originale. Ben delineati personaggi e ambientazione. “il senso di colpa che sarebbe giunto per aver desiderato e ceduto ai piaceri della carne tritata” mi ha fatto morire. Brava davvero, Annamaria. In bocca al lupo!

  5. Che bel racconto! C’è dentro tanto, ma con un tocco lieve ed ironico e, dato che condivido la simpatia per Sinner, mi piace anche di più! Brava!

  6. Grazie Alessandra, e a quanti di voi hanno commentato il racconto. Mi è venuta voglia di scrivere il seguito…perchè un seguito deve esserci per forza! AHAHAH. Buona giornata a voi

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