Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2024 “La rivincita del retinolo” di Caterina Fiume

Categoria: Premio Racconti per Corti 2024

Scena 1 – Mezzogiorno, bar all’aperto.

Una coppia sulla quarantina è seduta a un tavolo. Lui, abbronzato, camicia bianca, caviglia in evidenza sui mocassini Tod’s e Ray-Ban da sole. Lei, viso sottile, coda bionda liscia, camicia panna oversize in palette con la carnagione, niente trucco a nascondere le occhiaie.

“Perché non hai messo la camicia di seta azzurra che ti ho regalato?” chiede lui mentre sgranocchia una patatina. Lei accenna una smorfia che subito copre con la mano, non sopporta il rumore.

“Questa non ti piace?”

“Ti fa smorta,” le dice secco, e osserva la delusione sul suo viso. Poi le sfiora con i polpastrelli l’incavo del gomito. Lei rabbrividisce e stringe forte il pollice nel palmo della mano sinistra.

“Era sporca,” sussurra.

“Che ti pago a fare la cameriera?”

“Colf.”

“La pago io? La chiamo come diavolo mi pare.”

Lei posa lo sguardo su una coppia di anziani che si gode il sole su una panchina. La donna ha la testa sulla spalla dell’uomo che la protegge dal sole con la mano aperta.

“Quanto ci mettono questi rincoglioniti? Ho una video call tra mezz’ora.”

Fa per alzarsi brusco ma lei gli prende delicatamente la mano. “Dai, aspetta.” Vuole evitare che faccia storie. Lui si risiede e le bacia le dita, scosta gli occhiali per guardarla negli occhi e dice: “Non farlo mai più.”

Scena 2 – Arriva il cameriere con gli Spritz.

“Ecco a voi.” Mentre posa i bicchieri, solleva lo sguardo sulla donna pallida.

“Carla, sei tu!”

Lei lo guarda atona.

“Lo conosci?” chiede lui seccato.

“Sono Stefano, lo so, sono cambiato…” e si tocca la testa pelata.

“Ah sì, Stefano Verri. Ci siamo conosciuti al primo anno di Filosofia. E poi ci siamo persi,” taglia corto e gli lancia uno sguardo imbarazzato e insieme implorante, il pollice serrato nel palmo.

“È stato un piacere rivederti,” si affretta a dire, e si allontana.
“S’è ridotto male il Verri,” bofonchia lui, mentre lo squadra dalla pelata alle Adidas ingrigite. “Ci credo, con una laurea in filosofia…” e scoppia a ridere. Lei abbassa lo sguardo sull’oliva malfatta rimasta nel piattino, poi solleva il bicchiere: “Cin, cin, amore.”

Scena 3 – Al parcheggio.

Si allontanano dal bar a passo lento, lui le circonda la schiena, la bacia sul collo e le sussurra qualcosa. Lei s’irrigidisce, le braccia inerti lungo i fianchi, sembra scomparire nella camicia.

“Torno a casa a piedi,” gli dice davanti alla macchina, “sono a un isolato.” Lui le apre la portiera con il solito sorriso, poi la tira per la coda e la spinge dentro a forza. Lei rimane inerme a fissare il parabrezza, il pollice chiuso nel palmo.

Scena 4 – Due giorni dopo, ore 9:00.

In macchina verso l’ufficio, lui si accorge di aver dimenticato il cellulare a casa e torna indietro. Scendendo dalla macchina, vede il Verri uscire dal portone di casa sua e girare l’angolo con un vassoio in mano.

Scena 5 – In casa.

Lui si precipita in casa come una furia e sorprende la moglie in bagno, in accappatoio.

“Claudio!” Lei sobbalza per la sorpresa, i capelli bagnati tirati indietro da una fascia rosa.

“Che diavolo stavi facendo?”

“La skincare, perché?” bisbiglia, e s’infila istintivamente le mani in tasca.

“L’ho visto uscire.”

“Ma chi?”

“Quel morto di fame del Verri.”

“Sei pazzo!” e guadagna un passo verso la porta, ma lui le inchioda le spalle allo specchio.

“Lasciami!” lo implora. Lui le stringe le mani intorno al collo e le blocca le cosce con il ginocchio.

“Claudio ti prego, a mala pena l’ho riconosciuto, non lo vedevo da anni. Te lo giuro!”

“Bugiarda!” urla, e le dà uno schiaffo. “Cos’hai in tasca? Che ti ha dato?”

“Ma niente… è per la skincare.”

“Fammi vedere!” grida. Ansimando, lei tira fuori un flacone trasparente.

“Mi prendi per il…” Non riesce a completare la frase che lei gli spara negli occhi il contenuto del flacone. Lui fa un balzo indietro e si porta le mani agli occhi urlando: “È acido, cazzo!”

“Retinolo puro. Brucia, ma non sfigura.” Con una prontezza che non ha mai avuto, lo chiude a chiave in bagno. Attraversa la casa come un ospite, in cucina le tazze della colazione sul tavolo, in camera il letto ancora sfatto. Davanti allo specchio scoppia in lacrime. Lui ha preso a battere contro la porta come se volesse sfondarla, urla.

Una folata di vento tiepido gonfia la tenda. Carla libera il pollice ancora serrato. Afferra il cellulare e digita tre numeri: “Aiutatemi, vi prego. Mio marito ha tentato di strozzarmi.”

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19 commenti »

  1. Bello questo soggetto Caterina e decisamente molto attuale. E’ singolare che descrivi il personaggio maschile da capo ( Ray-Ban da sole, a piedi mocassini Tod’s) mentre la donna è tutta da “calzare”… secondo lo sguardo dell’uomo che vuole decidere anche come si debba vestire. La dinamica con cui si passa dalla violenza psicologica a quella fisica è quella che troviamo purtroppo nell’epilogo di molti fatti di cronaca. Complimenti

  2. e, per una volta la protagonista trova la forza di reagire prima di essere vittima sacrificale del modello patriarcale. Brava davvero

  3. Grazie di cuore per il commento, Anna Rosa. Hai colto dei dettagli apparentemente banali, mi fa molto piacere.

  4. Complimenti. Molto ben scritto e interessante.

  5. Grazie mille, Alessandra!

  6. Racconto molto teso, fa sentire sulla pelle del lettore le vessazioni subite dalla protagonista. Sembra di avere davanti il marito-orco, soprattutto nella ribellione finale che regala un po’ di speranza.

  7. Grazie per aver commentato, Pietro.

  8. Bella storia, in poche battute si descrive l’arroganza e la violenza maschile. Una storia di speranza, per le tante che non hanno il coraggio di ribellarsi a situazioni del genere…

  9. La cosa che mi ha colpito di più è che la protagonista viene indicata con il suo nome solo due volte, nel riconoscimento da parte dell’uomo che le darà il coraggio di reagire e nel momento in cui si è liberata, riassumendo pienamente la sua identità. Molto bello.

  10. Che dire, Caterina? La classe non è acqua…
    I particolari, come il pollice chiuso nel palmo o lei che sembra scomparire nella camicia, sono strazianti e potentissimi. Il finale, come dice Pietro, regala speranza in una storia che ahimè spesso finisce in modo ben diverso. Brava!

  11. Brava Caterina, scene chiare e incisive, soprattutto i particolari che io vedo già visualizzati nelle sequenze del Corto. Scrittura essenziale per essere arricchita dall’immaginazione del lettore.

  12. Salvatore, Francesco, Ilaria e Annamaria i vostri commenti mi riempiono di gioia. Grazie di cuore.

  13. un quadretto moderno di quelli che si vedono spesso tra coppie non proprio ben assortite in cui predomina la violenza dell’uomo sulla donna. Qui il finale un po’ a sorpresa fa ben sperare anche se non chiarisce fino in fondo quanto la donna sia forte e consapevole di sé stessa. Scorrevole e piacevole.

  14. Caterina, il tema che hai scelto di trattare è tristemente sempre attuale e ha bisogno di racconti come questo, di ribellione e rispetto per se stesse. La violenza si percepisce fin da subito, un senso di possessione ossessiva, che cresce nel racconto fino al blackout finale. Quel bellimbusto si fa odiare già dalle prime battute! Sei stata molto brava, complimenti, ovviamente anche per la scrittura, ma sei una garanzia.

  15. Grazie Maddalena. Ho cercato di capovolgere un cliché, con una vittima che decide di smettere di fare la vittima. Spero di esserci riuscita.

  16. Grazie Romina! Hai detto bene, bellinbusto. Sono contenta di essere riuscita a trasferire l’immagine che avevo in testa. Non è un tema facile, ti ringrazio per le bellissime parole.

  17. Con poche battute, attraverso dialoghi taglienti e sferzanti, sei stata in grado di delineare una relazione abusiva. Ho molto apprezzato i sottintesi e i simbolismi che hai disseminato nell’arco della narrazione: dall’abbigliamento scialbo e dimesso di Carla, descritto nella prima scena, ad indicare la sua condizione di passività e di sottomissione nei confronti di Claudio; fino ad arrivare alla scena finale, quando Carla, sciolte le catene dell’abuso, in un gesto metaforico e non solo, libera finalmente il pollice dalla sua morsa. Un epilogo che invita alla speranza. Complimenti.

  18. La scrittura è semplicemente perfetta, ma questa non è una sorpresa. Dialoghi impeccabili. Immagini che si susseguono senza interruzione di continuità. Dettagli descrittivi inseriti con cura e originalità. Mi è piaciuto molto quel “Retinolo puro. Brucia, ma non sfigura”. Ho sentito la voce di lei cambiare e finalmente imporsi. Mi ha colpito che un prodotto per la cura dell’aspetto esteriore (a cui lui tiene tanto) diventi “l’arma” che lo mette fuori combattimento.
    Ah, dimenticavo, titolo indovinatissimo!

  19. Bellissimo commento, Francesca, grazie! Le modalità in cui può manifestarsi “l’abuso” nei confronti di una donna sono svariate e molto spesso ignorate, in primis la violenza psicologica, prima ancora di quella fisica. Il gesto di sciogliere il pollice esprime non solo il senso di libertà ma la decisione consapevole di chiedere aiuto.

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