Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2011 “Il Muro” di Francesca Giulia Marone

Categoria: Premio Racconti per Corti 2011

Non pensava di arrivare a tanto. Eppure doveva capire che in amore non sono ammesse distrazioni, nessun compromesso, indietro non si torna. Aveva sbagliato ed ora lo sapeva, lo ripeteva più volte al giorno come un mantra.

Come se alla fine di mille ripetizioni per incanto si sciogliessero tutti i nodi. Come se per magia venisse giù quel maledetto muro che lei ha innalzato, mesi fa, fra di loro.

Certi giorni Giorgio ci passa i palmi delle mani su, lascia scorrere i polpastrelli lentamente, ne sente ogni piccolo avvallamento, ogni porosità, ogni singola frattura, ogni respiro come se fosse pelle umana. Immagina Giulia dall’altro lato del muro riordinare la cucina, sistemare i capelli alla figlia prima di mandarla a scuola ed affacciarsi alla finestra mentre la saluta con la mano, quando la bambina scende presto e scompare in strada fra la nebbiolina fredda. Poi si siede sulla sedia che guarda i tetti rossi e il campanile. Gli alberi dispettosi disperdono foglie sul selciato ai fianchi delle vecchie mura della città che li ha visti innamorati.

“Mura ancora mura”  pensa Giorgio: “non si ha idea di quanto sia facile alzarne nella vita e quanto poi si debba far fatica a buttarle giù”.

Lei ha impiegato due pomeriggi soltanto ad alzare il muro che divide quella che un tempo era la loro casa. Il muro non è perfettamente al centro perché Giulia e la bambina hanno preso la parte più grande dell’appartamento, quella con la luce, dove le finestre sorridono alla strada e raccolgono il rumore del calpestio sui ciottoli. Lui ha la parte più piccolina, con un minuscolo finestrino su un cortile interno, niente suoni, niente via vai, poca luce. A stento gli arriva il rintocco del campanile della chiesa. A volte lo confonde con i battiti del suo cuore.

Una separazione  anomala quella di Giulia e Giorgio, capita quando non ci sono abbastanza soldi per andare a vivere in due case, perciò si costruiscono le mura, si pagano gli operai e ci si affida ad una manciata di cemento armato. E la vita cambia di colpo. Niente più colazione insieme, bacio della buonanotte, film sul divano e niente più figlia che prima di addormentarsi  chiede una carezza.

Oggi Giorgio è solo con il muro, è a lui che riserva carezze e qualche volta, appoggia l’orecchio sul freddo cemento, cercando di carpire un rumore di casa, qualcosa di quella vita che ha perso, un respiro di Giorgia. Spinge più forte che può, strascica l’orecchio su e giù in cerca di un punto in cui l’acustica sia migliore. Quasi si ferisce a sangue ma non sente niente, il silenzio più impermeabile che ci sia. Allora stremato si getta sulla vecchia poltrona e chiude gli occhi. Ricorda, ricorda il colore scuro e caldo dei suoi capelli, il suo bel sorriso e gli abbracci spontanei.

“Ho sbagliato Giulia, perdonami. Soffro più di te . E mi mancate da morire”. Potrebbe morirci attaccato a questo muro grigio, senza trovare le parole per chiamarla, senza scoprire in lei il senso del perdono. “Ti mancherò? Mi cercherai? Saprei farmi perdonare se tu me ne dessi l’occasione?”.

Parla da solo.

E’ con questi interrogativi che si solleva dalla poltrona e sguscia via dai pensieri schiaccianti . Si trascina lento accanto al muro. Lo accarezza con attenzione, con rispetto, con circospezione, poi quasi con amore e delicatezza. In fondo, non lo detesta più, non è solo un elemento che divide da lei, è l’unica cosa vera che li unisce dal momento della separazione. Lui qui e lei lì, al di là del muro. Magari lo sta guardando in questo momento, lei potrebbe avvicinarsi e sfiorarlo.

E’ con questo pensiero che sfiora il muro con maggiore dolcezza, quando si scopre a baciarlo, invocando il nome di Giulia. Passo dopo passo lo percorre tutto fino allo spigolo. Soltanto lì, con le dita tremanti scopre una piccola minuscola fessura nel cemento. Allora come un prigioniero in fuga dalla cella si mette a scavare con le unghie. Più forte sempre più forte fino a far sanguinare le dita. Apre un piccolo varco nella parete. Giusto lo spazio per infilare un occhio. La vede.

“Sei lì amore mio, ferma con gli occhi tristi che fissi il muro. Bellissima e forse ancora mia.”

L’ occhio di lei s’avvicina e quando incontra quello di Giorgio, nella fessura, feritoia che sanguina lacrime, sente che la ferita si rimargina già. Piange anche lui come lei. Sussurra e poi urla:” Amore mio,  ti giuro e rigiuro sul nostro amore che stasera butterò giù il muro.”

 

Loading

13 commenti »

  1. A innalzare un muro ci vuole niente, abbatterlo è un’altra storia! Lo hai scritto molto bene, e purtroppo vale nell’amore come nella vita. Complimenti e in bocca al lupo!
    Roberto

  2. realistica l’idea di un muro tra sentimenti che si rompono. Scrittura fluida, nette le immagini che suggerisce.
    Complimenti francesca e in bocca al lupo!
    carmina trillino

  3. Il pezzo è bello, scritto bene ma c’ho qualche problema con i muri e le mura…
    E per aprire un buco nel cemento armato mi sa che ci vuole il martello pneumatico.
    Comunque brava.

  4. I risvolti agro dolci che fanno da contorno ad una storia sentimentale che forse non è del tutto giunta agli sgoccioli. Una storia emozionante che invita a riflettere su un tema di stretta attualità.

  5. Ringrazio Roberto Riccardi e Carmina per il bel commento.Peter grazie anche a te, eri presente anche in anni passati e ricordo bene che hai uno stile di scrittura interessante; il muro in questione potrebbe essere un tramezzo in cartongesso, più facile da buttare giù che ne dici?Comunque l’elemento tecnico è secondario quando c’è la volontà di superare gli ostacoli che interponiamo fra noi e gli altri, importante è prendere consapevolezza del desiderio di buttare giù questi muri!
    Grazie mille anche a Roberto Giorni e alle sue belle parole.

  6. Una Francesca diversa leggo tra le righe, forse è solo la Giulia di sempre!
    Chiara l’immagine del Muro: così duro, forte, ma allo stesso tempo fragile, pronto per essere demolito …
    Brava Francesca!

  7. Il ripristino di una pace cercata e finalmente raggiunta. Così si diceva, tra le altre cose, all’indomani della caduta del muro di Berlino. Sembrava impossibile che quella barriera potesse cadere, ma poi…. Esattamente come cadrà il muro più piccolo ma non per questo meno significativo, seppur odioso ed ostacolante, che descrivi. Dopo l’iniziale impenetrabilità non riuscirà ad impedire che i sentimenti dei protagonisti piano piano lo sgretolino. Niente e nessuno può opporsi al loro ritrovato desiderio di comunicare reciprocamente amore; al loro bisogno di ricominciare. Ciao

  8. La storia è una breve immagine di sentimenti inespressi e contenuti fra mura anche virtuali. Lo stile della tua scrittura è molto bello. Brava!

  9. Desidero ringraziare nell’ordine: Paola Bellei per il suo bel commento, e salutarla con affetto e stima, Paola è una delle vincitrici dell’anno scorso insieme con la sottoscritta della sezione racconti.
    Un grazie sentito a Franco S. Delrio che non ho il piacere di conoscere ma che ha commentato con delicatezza e puntualità la mia storia, grazie davvero.
    A Silvia Tamarri un grande saluto e un grazie per i complimenti sinceri, se non ricordo male Silvia ha partecipato anche l’anno scorso ed è una brava scrittrice anche lei.
    Grazie e un grande in bocca al lupo a tutti quelli che si sono misurati con lo sguardo esterno!

  10. Grazie Francesca, anche quest’anno ho partecipato e se ne hai il tempo puoi leggere su http://www.raccontinellarete.it/?p=6682. CIAO

  11. Storia interessante, con molti elementi visivi che la rendono ottima per una trasposizione scenografica.
    In sequenza, a mio parere:

    1 – «Lei ha impiegato due pomeriggi soltanto ad alzare il muro che divide quella che un tempo era la loro casa»: dove si vede un muratore che costruisce il muro a simboleggiare una separazione, netta, forte.

    2 – «Il muro non è perfettamente al centro perché Giulia e la bambina hanno preso la parte più grande dell’appartamento, quella con la luce, dove le finestre sorridono alla strada e raccolgono il rumore del calpestio sui ciottoli. Lui ha la parte più piccolina, con un minuscolo finestrino su un cortile interno, niente suoni, niente via vai, poca luce»: l’inquadratura sull due porzioni d’appartamento. L’appartamento con la luce di chi ha subito la causa della rottura mentre quello senza luce di chi ha commesso la colpa.

    3 – «[…] sfiora il muro con maggiore dolcezza, quando si scopre a baciarlo, invocando il nome di Giulia. Passo dopo passo lo percorre tutto fino allo spigolo. Soltanto lì, con le dita tremanti scopre una piccola minuscola fessura nel cemento. Allora come un prigioniero in fuga dalla cella si mette a scavare con le unghie. Più forte sempre più forte fino a far sanguinare le dita. Apre un piccolo varco nella parete. Giusto lo spazio per infilare un occhio. La vede.»: l’epilogo che lascia speranza.

    Interessante anche la tematica del pentimento e del «dito che scanguina» quasi a voler simboleggiare il sacrificio necessario per farsi perdonare, di chi ha l’intenzione fortissima di volere veramente ritrovare la pace.

    Brava!

  12. molto ben scritto, suggestivo e malinconico, è facile riconoscere un periodo della propria esistenza accanto a quel muro. Molto brava.

  13. @Silvia: ho letto il tuo racconto e commentato!
    @Pierandrea: ti ringrazio di cuore di questo bellissimo commento così ricco di dettagli e suggestioni, comunque vada, mi è servito molto espormi e leggere i vostri pareri, grazie!Il bello di questo concorso è capire cosa “leggono” gli altri in tutti i sensi in ciò che noi scriviamo.
    @Mario: grazie mille per il tuo commento e le belle parole che usi per la mia storia.E’ tutto molto utile e appassionante proprio perché proviene da persone sconosciute ma forse non così lontane dal nostro sentire più intimo.
    Grazie a tutti voi!

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.