Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Distinguersi in maniera anonima” di Luca Morettini Paracucchi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Il motivo per cui rimase così tanto affascinato non fu soltanto per il fatto che con una chitarra marcia, una preparazione tecnica pressoché inesistente e con tre, ribadisco, tre note si potessero creare migliaia e migliaia di canzoni e che altrettante migliaia erano già state create. Rimase più che altro colpito dalla lucentezza dei colori, dalla passione con cui si vestivano, dall’assenza di nessun senso di vergogna, ma anzi, di fierezza nel poter andare a giro conciati in quel modo tanto assurdo, quanto favoloso.

Così Hebeziath, 17 anni recentemente compiuti, ragazzo che mai aveva dato nessun problema ed aveva portato a casa voti eccellenti, decise di diventare un punk.

Lo preoccupava il fatto che forse non sarebbe stato credibile vivendo in una famiglia non benestante, ma quasi, però alla fine era convinto della sua scelta e se per metterla in atto sarebbe dovuto andare contro i suoi stessi genitori, beh l’avrebbe fatto. In seguito scoprì che con l’esplosione della musica punk a metà degli anni’90, anche un ragazzo nato e cresciuto in una famiglia poverissima che decideva, una volta divenuto grande, di imbracciare quello stile di vita, come tutti gli altri era soggetto ad una scarsa credibilità.

Hebeziath una volta presa quella decisione non perse tempo ad attuarla: strappò un paio di pantaloni e cucì loro toppe, anche dalla parte dove buchi non vi erano, fece diversi strappi ad alcune magliette a tinta unita e vi mise decine di spille da balia sulle maniche, infine acquistò diverse spille che avrebbe attaccato su un futuro giubbotto di pelle. Per non passare però da poser decise di fare le cose per bene: si documentò sulla storia del movimento in maniera molto scrupolosa e si diede all’ascolto dei principali gruppi, ma senza scaricare musica da internet. Ogni volta che ne aveva la possibilità acquistava un disco di un gruppo sempre diverso.

Tutto ciò lo interessava sempre di più. Ad ogni lettura e canzone ascoltata, avvertiva sempre di più il bisogno di differenziarsi dagli altri. Non perché voleva dare l’idea di quello snob che va controcorrente e vuole fare il ribelle, ma perché facendo in quel modo stava sempre più meglio con se stesso. Non era bello e non si trovava tale, ma si sentiva bene. E questo era molto più importante.

Poi, venne il colpo di grazia. I suoi genitori si erano accorti di quei dischi, di quelle chitarre un po’ troppo sporche, ma erano convinti che si trattasse di una moda passeggera. E giustificarono quei pantaloni tutti sfatti come semplice sbadataggine del figlio (però dopo aver visto le toppe iniziarono a sospettare qualche cosa). Ma per loro era arrivato il momento di sapere. Così un pomeriggio Hebeziath uscì per andare in centro. Quando ritornò a casa, in tempo per l’ora di cena, al posto dei capelli svettava ora una piccola cresta nera dalla parte sinistra e rossa da quella destra ed indosso come un mantello imperiale, un giubbotto nero di pelle.

Come era prevedibile (e lui si preparò a tutto), la reazione fu di dimensioni apocalittiche. Suo padre sfiorò tre volte l’infarto. Nessuno poteva credere a quella orribile visione di morte e stentavano a riconoscere in “quello schifo” (testuali parole) il loro amatissimo figlio. Ai loro occhi oramai il danno era stato compiuto: se fino a due ore prima Hebeziath era un ragazzo gentile, educato, ben curato e studente esemplare, ora tutto d’un colpo si era trasformato in un teppista, un drogato, una persona socialmente disadattata, un rifiuto del mondo perbene, uno scarto della società.

Lui assistette a quella patetica tragedia con il desiderio di sgranocchiarsi una porzione di popcorn per godersi meglio la pantomima.

Suo padre fu il primo che cercò di riprendersi e dopo averlo squadrato un ennesima volta passò alle parole pesanti. Gli domandò se era rimbecillito tutto d’un tratto, cosa gli fosse saltato in mente di conciarsi in quel modo, lui, già ragazzo serio ed in procinto di avviarsi verso la maturità. Infine ordinò, sotto la minaccia di una scarica di legnate, di buttare via quel giubbotto e di radersi i capelli a zero e se anche se ci stava male con quell’acconciatura non importava, era una soluzione necessaria e temporanea, in attesa che la sua testa ritornasse “normale”.

Nel frattempo sua madre, lo osservava con gli occhi lucidi ed evocava in un tono medio-alto in modo che tutti potessero sentire, immagini e ricordi di ciò che un tempo era suo figlio, il suo bellissimo figlio, di quando era un ragazzo dolce e gentile, che voleva bene ai suoi genitori, ben vestito con quegli abiti che essa aveva scelto con tanto amore. Una persona che veniva da fuori, a sentire tutti quei discorsi, poteva pensare che quella donna stesse piangendo sui ricordi di un figlio prematuramente scomparso. Ma la realtà non era neanche tanto lontana.

Hebeziath, come già detto, era un ragazzo educato e gentile. Ma di fronte a quelle scene isteriche ed a furia di sentirsi apostrofare come “mostro”, “anormale”, “schifo”, iniziò a perdere la pazienza.

“Si, va bene, sentite io vado in camera mia eh…” fece con l’intenzione di levarsi di torno. Ma non fece in tempo a voltarsi ed a fare qualche passo, che suo padre lo afferrò un braccio e lo strattonò abbastanza forte.

“Dove credi di andare?” sbraitò “non ho ancora finito con te!”

“Ahi! Mi hai fatto male! Ma cosa ti prende?”

“Cosa mi prende? COSA MI PRENDE?? Torni a casa conciato peggio di un drogato ed hai il coraggio di chiedermi cosa mi prende? Hai un bel coraggio!”

“Guarda che capisco che la cosa vi abbia sorpreso” ribatté “ma questo non vi autorizza a trattarmi come se fossi feccia umana! Ho cambiato modo di vestire e pettinatura, ma non per questo motivo mi sono trasformato in un mostro, in un ragazzo pieni di problemi sociali!”

“Ma perché Hebeziath, perché?” intervenne con voce disperata sua madre “Perché hai voluto ridurti così? L’hai fatto per far colpo su qualche ragazzina? Per poter farti dei nuovi amici? Ti prego tesoro, diccelo”.

“Ma si” la tranquillizzò il marito “dev’essere così per forza. Avrà incontrato qualche ragazzo che gli ha messo in testa questa idea strana ed ecco il risultato”. Poi rivolgendosi al figlio ,in tono più calmo, disse “Figlio mio, non è questo il modo giusto di agire. Io capisco, sei giovane e alla tua età le amicizie sono importantissime, ma seguire quello che dicono gli altri non porta mai a conseguenze positive. Solo ragionando con la nostra testa si riesce ad andare avanti nella vita”.

“Ma che cazzo dici?!?” sbottò senza riuscire a trattenersi “Credi che io sia così coglione da farmi comandare da altri e fare tutto quello che mi dicono? Secondo te ho fatto tutto questo per volere di altri? No caro mio, è stata una mia scelta. E’ uscito tutto da qui, dal mio cervellino, non condizionato da nessuno. Ho fatto tutto questo perché ho capito che così, con questi capelli e con questo giubbotto mi sento a mio agio. Perché sentivo il bisogno di distinguermi da tutta questa massa di persone. E se vi pare un motivo idiota, allora picchiatemi, ammazzatemi di botte, fate come cazzo vi pare”.

“SMETTILA CON QUESTO TONO!!” urlò suo padre mollandogli una schiaffo sul viso “non parlarmi come se sapessi tutto tu! Hai solo 17 anni, non sai un cazzo di cosa voglia dire stare al mondo! Distinguersi, lui parla di distinguersi! Vuole fare il ribelle lui! Il ribelle alle mie spalle! Mentre io mi spacco il culo per mandare avanti la baracca, lui cosa vuole fare? Il ribelle! Imbecille! Testa di cazzo! E allora sai cosa si fa?” e in quella tirò fuori di tasca il portafoglio ed estrasse una banconota da 100 euro “Piglia questi e vatti a fare un tatuaggio! Come ce l’ha il figlio dei nostri vicini. Guarda, piuttosto che vederti ridotto in questo modo di merda sono disposto ad arrivare a tanto. Vatti a fare un bel tatuaggio, voglio vedere se non riesci a “distinguerti” dalla massa in questo modo”.

“Si tesoro fai così” intervenne sua madre avvicinandosi “hai tutta la nostra approvazione. Un tatuaggio carino, magari il tuo nome scritto in caratteri cinesi, ho visto che ce l’hanno tanti ragazzi, è di gran moda…”.

Questa era la loro idea sulla parola “distinguersi”.

“Un tatuaggio? Ce l’hanno in tanti? Di gran moda?” ripeteva sconvolto Hebeziath massaggiandosi la guancia “Ma vi sentite quando parlate? Capite ciò che state dicendo? Credete che sia in questo modo che mi possa sentire me stesso, che possa stare bene? Con un tatuaggio che si fanno uguale identico milioni e milioni di persone? Quello non è più un tatuaggio, è un codice a barre! Come fa una persona a credere di distinguersi in una maniera così anonima?”

Per suo padre fu troppo.

“BASTA, BASTA!!” e afferratolo per le spalle lo trascinò fino all’ingresso, davanti alle scale per i piani superiori. Poi con uno spinta lo fece cadere. Sbatté la faccia su uno scalino, il labbro superiore iniziò a sanguinare ed il canino destro si scheggiò.

“ADESSO FILA IN BAGNO A TAGLIARTI QUEI CAPELLI SCHIFOSI! E STASERA NIENTE CENA! E DOMANI MATTINA, QUANDO SCENDERAI PER QUESTE SCALE VOGLIO VEDERTI VESTITO COME UNA PERSONA NORMALE, SENZA QUESTA MERDA DI GIUBBOTTO ADDOSSO! HAI CAPITO TESTA DI CAZZO? TI FACCIO PASSARE IO LA VOGLIA DI PORTARE SCOMPIGLIO IN CASA! E RICORDA CHE LE PERSONE PERBENE NON SI CONCIANO IN QUESTO MODO! TI ABBIAMO EDUCATO AFFINCHE’ TU DIVENTASSI UN RAGAZZO ONESTO, RISPETTOSO E DILIGENTE, PER CUI GUAI A TE SE TI AZZARDI SOLAMENTE A PENSARE DI VESTIRTI DI NUOVO COME UN DEVIATO, NON HAI IDEA DI QUELLO CHE PUO’ SUCCEDERTI, HAI CAPITO? E ORA, MARSCH, VATTENE DI SOPRA!!!”

Gli rifilò un calcio nel culo che lo mandò di nuovo a sbattere la faccia sugli scalini e poi ritornò dalla moglie in cucina.

Hebeziath non riuscì ad alzarsi in piedi e si fece tutte le scale trascinandosi a fatica, ancora intontito dai colpi in faccia e dalle urla. Durante il tragitto sentì da sotto i suoi che commentavano l’accaduto ancora sconvolti.

“…ma non credi di essere stato troppo duro con lui caro? In fondo non pensava di fare una cosa sbagliata…”

“…non si deve più azzardare a parlarci in quel modo…”

“…sono sicura che si è trattato di un tentativo per attirare la nostra attenzione…”

“…noi siamo i suoi genitori, sappiamo perfettamente che cosa è bene per lui e cosa invece non lo è…”

“…quando è entrato in casa, ho veramente creduto di morire…Dio mio, non voglio più pensarci…”

“…che lui poi parla e parla di distinguersi, ma io sai quanti ne ho visti di tizi ridotti come era lui stasera?Crede di sapere tutto della vita…”

Dopo quell’episodio, Hebeziath tornò ad essere quello di sempre, con l’aspetto che rendeva tanto fieri di lui i suoi genitori. E senza farsi nessun tatuaggio, con loro grande sollievo. Ma come un tale che si getta da un grattacielo altissimo ed ogni secondo che precipita va sempre più veloce, anche la sua condotta ed i suoi voti scolastici precipitarono a gran velocità. E sorsero sempre di più tante voci sul suo conto, su atti di bullismo a danni di ragazzi più piccoli e molestie sessuali a coetanee.

Quale fu la molla che fece scattare questo cambiamento, nessuno riuscì mai a saperlo ed agli psicologi da cui fu mandato non disse assolutamente una parola.

L’unico che lo seppe fu un tizio che si chiamava Pillord, tra l’altro suo concittadino, e che fu suo compagno di cella in carcere, dove gli diedero 10 anni per lo stupro di una ragazzina compiuto quando ne aveva 22 passati.

“Ehi Hebeziath, toglimi una curiosità. In città ti conoscevano tutti come un bravo ragazzo ed un bravo studente. Poi tutto ad un tratto sei diventato un teppista di quelli cattivi e adesso incriminato per stupro. Cosa cazzo ti è successo?”

“Ma vedi, era tutto un esperimento scientifico. Volevo dimostrare ad un paio di tizi che si può essere persone di merda anche se si è vestiti perbene”.

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1 commento »

  1. Mi permetto di consigliare ai lettori questa storia che personalmente ritengo molto istruttiva. Con la sua drammatica crudezza, si segnala per originalità e capacità persuasiva circa i danni che producono certi modelli educativi condivisi dal cosiddetto buon senso comune. Un argomento ostico che sarebbe riduttivo ascrivere al tema del conflitto generazionale padri-figli. La vicenda travalica i ristretti confini familiari e va ad iscriversi sul più vasto ambito degli stereotipi. Rivela quanto essi siano radicati nella cultura. Ecco perchè attribuisco a questo racconto una significativa funzione pedagogica.

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