Premio Racconti per Corti 2024 “Epifania d’agosto” di Simona Visciglia
Categoria: Premio Racconti per Corti 2024Casa di Matteo e Chiara, marito e moglie, camera da letto.
Dal corridoio si sente Matteo urlare: «Sbrigati, che perdiamo il treno, il taxi è già sotto casa!»
Chiara tra sé e sé: «E che palle!» infila le ultime cose in valigia.
Chiude a fatica la valigia stracolma e urla: «Arrivo, arrivo!»
Arrivano in stazione, scendono dal taxi quasi di corsa.
Matteo: «Sempre di corsa con te, mai una volta che si riesca a partire con calma. Che caldo assurdo! Guardami, sono già tutto sudato, per colpa tua. Poi in treno l’aria condizionata mi darà il colpo di grazia. Vuoi farmi ammalare? Dimmelo!»
Chiara lo guarda senza rispondergli, gli sta dietro a passo veloce e borbotta tra sé:
«È sempre colpa mia» (è visibilmente accaldata anche lei).
«Anche il cambiamento climatico è colpa mia?» gli chiede, lui neanche la ascolta.
Davanti al tabellone delle partenze.
Matteo: «E ti pareva… È in ritardo di 50 minuti» lanciando un’occhiataccia alla moglie.
Chiara: «E io che c’entro?»
Si fanno largo tra il viavai di gente, in gran parte turisti, cercano una panchina dove aspettare.
Matteo prende il cellulare, imprecando per il caldo, per i turisti, per ogni cosa.
Chiara si mette gli auricolari per non sentirlo più, ascolta un po’ di musica.
Flashback: una qualsiasi giornata prima della partenza, in cucina, dopo cena.
Matteo e Chiara discutono.
Matteo: «Non capisco perché devi sempre storcere il naso. Dovresti ringraziare mia madre che ogni estate ci ospita nella villetta al mare. Ma dove le trovi spiagge belle come al Forte? Vuoi mettere? Il paradiso a due passi da qui!»
Chiara: «Ecco a due passi da qui, appunto. Mi spieghi che vacanza è? Tutti gli anni la solita storia. E sarà anche bellissimo il mare, ma basta. Partire per davvero, no? Possibile che tu non abbia voglia di vedere posti nuovi, incontrare gente diversa, assaggiare piatti esotici? Una volta non eri così… Non eravamo così!»
Matteo: «Ma vuoi scherzare? Mia madre cucina da dio e tu mi parli di piatti esotici? E tutto aggratis. Non capisci niente!».
Chiara: «Una cosa l’ho capita: anche quest’estate sarà come tutte le altre».
Stizzita lo molla in cucina davanti alla tv e si rifugia in camera, sbattendo la porta. Si sofferma a guardare i portaritratti sul comò, con foto di loro più giovani, in vacanza altrove o nel giorno del matrimonio.
Stazione, panchina.
Lui legge con attenzione qualcosa sul cellulare, lei sta ascoltando Street Spirit dei Radiohead.
Lo sguardo di lei si posa su un giovane uomo, poco più in là. Si vede che sta aspettando qualcuno. Ha l’aria felice.
E arriva una lei, in un abitino leggero e svolazzante.
Si abbracciano. Riprendono fiato, si separano, si dicono qualcosa e poi si uniscono di nuovo e si baciano. Sulle labbra, brevemente, profondamente, con passione.
Poi lui le passa una mano tra i capelli. La bacia sulla fronte.
Lei lo prende per mano. Si allontanano, fino a sparire dalla visuale di Chiara.
Gli occhi di Chiara si riempiono di lacrime che però trattiene.
Flashback: un pomeriggio in centro a Lucca, Chiara e Matteo qualche anno prima.
Mano nella mano, felici, scherzano mentre passeggiano. Si fermano, si abbracciano, si baciano con trasporto.
Stazione, panchina
Chiara si toglie gli auricolari: «Vado a prendermi un gelato al bar, te vuoi qualcosa?»
Matteo: «Ecco, brava, renditi utile, portami una birra e fattela dare fresca, che sto morendo di caldo. Intanto chiamo mia madre».
Chiara si alza, va verso il bar, ma si ferma sotto il tabellone delle partenze.
Guarda con attenzione. Poi si avvia alla biglietteria automatica, compra un biglietto (non sappiamo per dove). Prende il sottopassaggio, quasi di corsa, guardandosi alle spalle. Getta il suo cellulare in un cestino.
La vediamo sul binario.
Un’ultima occhiata intorno.
Sale sul treno.
Stacco sullo schermo con i primi titoli di coda.
Stazione, panchina.
Matteo al telefono con la madre:
«No, siamo ancora qui, ti avevo mandato un messaggio, sì, il treno è in ritardo di 50 minuti. Ma senti, pensavo una cosa: se ci fermassimo da te solo due o tre giorni? Poi magari io e Chiara ci facciamo un viaggio, che ne so?, in Grecia, in Croazia o in Albania, bellino anche lì, no? Ne parlavamo l’altra sera e c’ha ragione lei, quella testona, è da un po’ che non si parte sul serio, noi. Sì, dai, così ti riposi anche tu. No, lei non lo sa ancora, vorrei farle una sorpresa. Stavo guardando ora le offerte last minute. Eh? No, no, è andata a prendere qualcosa al bar, la sto aspettando».
Meravigliosamente spiazzante (come al tuo solito). Brava Simona!.
Grazie Ilaria 🙂
Brava Simona, un racconto nel quale i dialoghi hanno il giusto ritmo. I due protagonisti della storia ormai “respirano” in modo diverso e poco vale il proposito di Marco di assecondare per una volta i desideri di Chiara, dovrebbe invece cambiare su tutta la linea atteggiamento e questo ormai per Chiara è un sogno impossibile. Il matrimonio non rappresenta più “la splendida cornice” dell’amore ma piuttosto la cornice ad un rapporto di tipo patriarcale nel quale la donna è uno splendido parafulmine per gni frustrazione di Marco. Emblematico poi il rapporto con la madre a cui quasi bisogna quasi chiedere il permesso per una “divagazione” dal proprio ruolo.
Stazione, treni, partenze, gente che va e che viene, l’ambiente giusto per i tuoi racconti. Qui i colori sono vivaci, il ritmo sostenuto, le parole scelte a dovere. Il finale a sorpresa è brillante, liberatorio, come il telefono cestinato. Brava!
Simona si conferma sempre una scrittrice introspettiva e capace di delineare benissimo i personaggi. Riesci ad immedesimarti in Lei o in Lui, a seconda di quale sia il tuo vissuto, il tuo sguardo sulla storia. Personalmente l’immagine liberatoria di Chiara che si getta tutto alla spalle e fa “la mattata” mi prende molto!
Scritto bene e coinvolgente. Complimenti!
Un viaggio che termina con una meta inaspettata per entrambi i protagonisti. Il finale è poi un (salutare) pugno nello stomaco, tra l’altro molto realistico e non solo per le dinamiche di coppia. Complimenti!