Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2024 “Natale sul lago Taal” di Francesca Turchet

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Chiara era già in fila per pagare le scarpe che suo figlio desiderava per il compleanno, quando aprì il portafoglio e vide che mancavano duemila e più pesos.
Decise di far finta di niente, arrivò alla cassa e chiese se poteva lasciare un acconto. Era l’ultimo paio ed era sicura che, a lasciarle lì, non le avrebbe più trovate.
La commessa storse la bocca: «Non può pagare con la carta di credito?».
«No», le rispose: «sono uscita senza».
La verità è che quel mese le mancava poco per andare sotto il plafond di entrambe le carte e non era il caso che la banca inviasse un avviso a suo marito.
Doveva rientrare per forza.
Era già successo che le sembrava di avere con sé una certa quantità di denaro e se ne ritrovava un’altra. Quel giorno, però, era sicura di aver messo quindicimila pesos esatti nel portafoglio e ne aveva già spesi poco meno di cinquemila. Se l’avesse saputo, sarebbe andata diretta a prendere le scarpe, invece che fermarsi a comprare un reggiseno di cui, tra l’altro, non aveva bisogno.
Quando arrivò a casa era furente. L’altra era lì, assisa sul suo trono vicino al lavello, a cincionare con il cellulare e il sorriso sulle labbra: «Hello Mam!».
Hello ‘sto cazzo, pensò lei. Si chiuse in camera, aprì la piccola cassaforte dove custodivano il contante, prese quello che le mancava per le scarpe e uscì di nuovo.

Cercò di capire le modalità con le quali Joy entrava in azione: l’unico momento in cui aveva accesso indisturbato alla sua roba era quando lei, la mattina, si infilava dentro la doccia. Questione di poco più di cinque minuti che sprecare l’acqua le pesava, persino in quel Paese dove si sprecava di tutto.
Cominciò a farci caso e contare i soldi che metteva dentro il portafoglio.
Notò che, se erano pochi, restavano quelli, tipo mille e duecento pesos. Se salivano a tremila e settecento, in un niente se ne volatilizzavano mille e cento. Se erano cinquemila e novecento, ne sparivano duemila e duecento.
Chissà perché prediligeva i multipli di undici.
Quando lo disse a suo marito, sulle prime, lui non le credette.
«Non può essere così scema», le disse Guido: «e comunque tu potresti esserti confusa».
Allora passò al metodo scientifico: mise una certa somma dentro al portafoglio, annotò su un biglietto a parte il preciso ammontare e si infilò nel box doccia.
A quel punto, il marito cedette.
«Vuoi mandarla via?», le chiese: «Lo sai quanta fatica si fa a trovare una maid che venga a ore? Qui arrivano dalla provincia e hanno bisogno di un tetto sotto cui stare. Vuoi averne una in casa giorno e notte?».
«Certo che no, tutto il giorno non avrebbe senso. E poi la casa non è abbastanza grande per tutti».
«Capirai, qui le chiudono in stanze che sono pollai e da lì non le fanno uscire se non per lavorare».
«Noi, nel pollaio, abbiamo scelto di mettere la lavanderia».
«Se è per questo, lì c’è ancora il posto per un letto e c’è il bagno».
«C’è solo il wc e la doccia».
«Anima mia bella, per te è inaccettabile? D’accordo. E allora, cosa vuoi che facciamo? Andiamo alla ricerca di una rarità sapendo che, anche a trovarla, potrebbe finire uguale? Ti ricordi Marilou che faceva sparire le medicine e ti ha lasciato giusto senza quelle per la sciatica? Non è stato peggio quella volta?».
«Però mi fa rabbia vedermela intorno che mi sorride serafica».
«Falle capire che lo sai e lascia perdere. Pensa se la prossima ti facesse sparire gli anelli a cui tieni tanto. Non sarebbe peggio per te?».
Lei accusò il colpo.
Guido era soddisfatto: aveva suonato la nota giusta.
«Evita di lasciare il contante in giro e il problema si risolve», insistette.
Chiara non disse niente, ma decise che la pantomima per farle intendere che lei aveva capito non l’avrebbe fatta. Comperò, invece, una piccola telecamera con cui immortalò le sue imprese. Non si sa mai, pensò, potrebbe sempre tornare utile. Dopodiché, fu attenta a lasciare nel portafoglio non più di un paio di multipli di undici.

Quando Guido ricevette l’invito dal suo collega Marcelo a recarsi, per la vigilia di Natale, nella villa di famiglia sul lago Taal, con vista su Volcano Island, accettò senza pensarci due volte. Sapeva che andare in una casa privata era l’unico modo per poter godere della vista di quel vulcano unico al mondo. A differenza dell’Italia dove tutto è di tutti, nelle Filippine tutto o quasi è per pochi, in certi casi per pochissimi, e gli altri si vendicano riducendo il niente che hanno in una discarica a cielo aperto.
Quando Liezel, la moglie di Marcelo, la chiamò per chiederle di portarsi dietro anche Joy, le disse subito che non viveva con loro, ma andava a dare una mano solo qualche ora al giorno. L’altra insistette perché aveva appena licenziato una maid e la casa sul lago era veramente troppo impegnativa per la sola che le era rimasta.
Lei si chiese se avesse dovuto spiegarle il motivo della sua titubanza e si convinse di doverlo fare, ma decise di parlargliene a voce perché il suo inglese non era tanto fluente da lanciarsi in spiegazioni complesse al telefono.
Lo riferì al marito, invece, mentre stavano cenando, ma Guido si mostrò subito contrario.
«Sei pazza o cosa?», le disse. «Ti presenti a casa loro con una ladra e glielo dici dopo che ce l’hai portata? Vuoi che ti denuncino se mancherà loro uno spillo in casa?».
«Ha insistito Guido e io non sapevo che parole usare per dirle perché mi opponevo, ma anche per riuscire a spiegarle il motivo per cui abbiamo deciso di tenercela lo stesso». Fece una pausa mentre tagliava l’adobo e poi, alzando la testa e guardandolo dritto negli occhi, aggiunse risoluta: «Ma gliene parlerò a voce».
«Tu non ragioni! Ti diffido dall’aprire bocca su Joy, tanto lei non verrà. Troverò io una scusa con Marcelo e vedrai che risolverò questa storia».
Qualche giorno dopo Chiara ricevette un messaggio da Liezel nel quale la implorava, con toni lievi, di portare con loro anche Joy e dicendole che non riusciva davvero a capire perché Guido mostrasse tanta resistenza al riguardo dato che Marcelo era stato chiaro con lui fin dall’inizio: a ogni spesa per la ragazza avrebbero provveduto loro!
Chiara si chiese cosa Guido potesse essersi inventato con Marcelo per ricavarne un così misero risultato e, soprattutto, come ormai ne potessero uscire se non facendo quello che lei aveva prospettato fin dall’inizio.

Quella sera, dopo aver saputo di Liezel, Guido rimase per un po’ in silenzio, poi si illuminò ed esordì: «Innanzitutto questo è un Paese con un sistema familistico come poteva essere da noi, che so, cinquant’anni fa».
«E questo che c’entra?».
«C’entra che noi arriviamo qui dalla vecchia Europa, che è un mondo a parte, con valori diversi ed è ovvio che siamo destinati a rimanere loro estranei. Non dico a tutti: Marcelo ha studiato in Canada e i figli li ha spediti a New York e, infatti, lui e Liezel sono praticamente come noi!».
«Trovi?», chiese lei che non capiva dove volesse andare a parare, ma stava cominciando a divertirsi: «E quand’è che tu sei andato al college in Canada o che noi possiamo mandare i nostri figli a studiare a New York?».
«In Italia ci sono ancora delle scuole eccellenti, a differenza di qui, e tu stai andando un po’ fuori tema».
«A me sembra che, nella sostanza, qui sia tutto molto simile a dove noi siamo nati e cresciuti. E credo che tu lo sappia. E forse più ora che cinquant’anni fa. Con qualche piccola differenza, questo te lo concedo. E la più rilevante è che da noi chi è morto di fame ha una remota possibilità di un futuro migliore e qui, invece, gli resta la speranza».
«Ecco, vedi che ci sei arrivata?».
«Arrivata dove?».
«Al punto dove ti volevo portare: i nostri problemi, quando assumiamo qualcuno in questo Paese, derivano dal fatto che noi ci incistiamo qui, in qualche modo, ma rimaniamo corpi estranei perché questa è una società chiusa, impermeabile all’esterno! E siccome siamo destinati ad andarcene prima o poi, anzi, più prima che poi, cosa vuoi che importi loro di noi e dei nostri problemi? Con quelli che hanno già loro. In fondo ci vedono scialacquare in tanti modi».
«Dici? Noi non scialacquiamo niente in confronto a un maggiorente di qui. La media dei tuoi colleghi sta meglio di noi almeno dieci volte e il resto per multipli che neanche riesco a calcolare».
«E, infatti, ciascuno dei nostri amici e conoscenti potrebbe esser utile a trovare un qualsiasi lavoro a tutti i figli dei loro dipendenti, per non parlare di far loro vincere un concorso. E tu? Tu cosa puoi fare per loro?».
«Io? Niente», ammise lei.
Ci pensò su e poi gli chiese: «Quindi tu sei convinto che Joy, a casa loro, non ci darà alcuna preoccupazione?».
«Esatto!», concluse lui, soddisfatto per quel suo ragionamento che non faceva una piega e lo avrebbe messo al riparo dalla necessità di dover raccontare quella storia a Marcelo.
«E comunque, anche se le cose volgessero al peggio», ipotizzò: «quanto tempo ci hai messo tu per accorgertene? Joy è da noi ormai da un anno. Là ci staremo solo tre giorni e lei è abbastanza furba da sottrarre solo piccole somme. Stai zitta e andrà tutto bene».
«Speriamo», sospirò lei dubbiosa, incrociandogli le dita davanti.
Come Guido aveva previsto, le giornate trascorse al lago filarono lisce come su di un piano inclinato: il santo Natale era stato a loro propizio.

A distanza di qualche settimana, quando Guido accompagnò la moglie all’aeroporto per il rientro a Roma, notò che aveva un anello nuovo al medio della mano destra.
«Ti sei comprata un altro anello?».
«No», rispose lei imbarazzata.
«E allora?», chiese lui trattenendole il polso per vederlo meglio: «Da dove salta fuori questo qui? Sono sicuro di non avertelo mai visto».
«L’ho trovato tra le cose di Joy e non ho resistito».
«Ma che dici? Joy è una morta di fame e non potrebbe mai permettersi una pietra del genere. Sembrerebbe un rubino…».
«Dici? Non credo che sia autentico. E comunque, con tutti i soldi che mi ha preso, è giusto che me lo tenga io».
Lui strabuzzò gli occhi.
All’inizio non connetteva bene, ma poi riuscì a dirle: «Dobbiamo restituirlo».
«E a chi?».
«Non lo so. Dovrò chiedere a Marcelo se per caso è loro».
«Ma sei impazzito? Vuoi dire loro, ora, che due mesi fa siamo andati a casa loro con una ladra e non li abbiamo avvisati? Sia che sia loro, sia che no, potremmo prenderci una denuncia».
A lui sembrò di aver già sentito quel discorso e non in bocca a sua moglie.
Rimase un po’ incerto sulla cosa da dire.
Chiara tagliò corto e, appena scese dalla macchina, lo salutò dicendogli che non serviva che la accompagnasse fino alle partenze: la aspettava un viaggio lunghissimo e voleva prendersi qualche rivista. Lui la guardò interdetto, poi sbattè la portiera scuro in volto, ingranò la marcia e se la lasciò dietro, ferma sul marciapiede.
Lei aspettò che lui sparisse, poi alzò le spalle e osservò quel meraviglioso rubino rosso.
Chissà se viene proprio dal Myanmar, pensò. Certo, non avrebbe potuto chiederlo a Liezel.

Loading

1 commento »

  1. Un racconto ben scritto sui metri di moralità che è facile applicare agli altri e molto più difficile a noi stessi, o forse un percorso di evoluzione in cui i principi cedono verso il basso, adeguandosi per stanchezza, insoddisfazione, noia, estraneità, forse rivalsa, invidia o vendetta. Brava Francesca!

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.