Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “Dialogo notturno” di Lorenzo Semprini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Scena del racconto:

Buio. Un faro illumina il centro del luogo del racconto dove c’è una sedia modello “savonarola”.

Accanto alla sedia, in terra, una brocca e una coppa d’argento.

Personaggi del racconto:

–                     Uomo di mezza età. Vestito con tunica bianca. E’ seduto sulla sedia.

–                     Voce femminile fuori dal luogo del racconto. Età indefinibile.

L’uomo è chiamato P

La voce è chiamata C

Nel corso del racconto l’uomo continua a versarsi e bere vino dalla brocca. Vuole ubriacarsi. Dimenticare. E’ roso dal rimorso, a volte arriva ad essere disperato.

La voce durante il dialogo passa da un tono consolatorio a uno indagatorio.

Il dialogo non è, ma potrebbe essere, interiore. La tempistica e il ritmo delle battute non deve riflettere realismo, si potrebbe passare dal lentissimo, esasperante, al velocissimo. Potrebbe essere sussurrato nei momenti di rabbia e gridato nei momenti di riflessione.

Vi è sempre la possibilità che la necessità del non realismo del dialogo sia dettata dal fatto che lo stesso potrebbe non aver mai avuto luogo, ma essere stato solo immaginato. E’ solo un racconto dopotutto.

Inizio del racconto :

P : Non volevo ulteriori problemi, ecco tutto!

Gli ultimi tempi non sono stati facili… e le notizie viaggiano veloci. E i giudizi ancor di più.

Ma che ne sanno quelli di cosa significa essere qui? Credono che sia facile tenere a bada questi esaltati col loro dio noiosissimo e crudele. Con le loro leggi che li ossessionano fino al parossismo. A quelli basta niente per scatenarsi.

Quel uomo era innocente, lo so. Ma non lo era per loro. Sono degli ipocriti, si attaccano alle parole quando non possono aver ragione con prove e fatti concreti.

C: Hai deciso per il giusto dunque, perché ci pensi ancora?

P: Perché me ne sono fregato della giustizia. Ho lasciato martoriare e uccidere un uomo quando potevo salvarlo. Io non ero così una volta… cosa sono diventato?

C: Ci vuole diplomazia per governare, il coraggio serve solo quando si deve conquistare. E in quanto alla giustizia poi, a cosa è mai servita?

P: Tutto quello che abbiamo creato vedrà la sua dissoluzione se tutti noi continuiamo a comportarci così.

Il potere non può essere conservato a questo modo, o ti inganna. Il potere va riconquistato giorno per giorno, nulla deve essere dato per scontato, specialmente quando si ha la testa di uno straniero nella sua terra sotto il proprio piede.

C: Tu sbagli. Si governa con la saggezza.

Io credo che tu ti stia auto punendo, e non ne capisco la ragione. Per un pazzo visionario? Una specie di guaritore senza tetto?

P: Sono ben consapevole che mi sto auto punendo, visto che ho errato. E quando si sbaglia non conta per chi si sbaglia, conta solo l’errore. E quel che dico è giusto, e un giorno ricadrà su tutti noi.

C: Ma che farnetichi? Tutto questo sarà presto dimenticato, così come tu te ne dimenticherai. Ma quante condanne hai fatto tu stesso eseguire? Non tutte erano poi così necessarie, ma sei sempre stato cosciente che erano comunque utili ad uno scopo superiore.

P: Quando ho mandato uomini a morte io ho agito. Mi sono preso le mie responsabilità e sono sempre stato pronto a pagarne le conseguenze. Stavolta ho subito gli eventi. Sono stato un debole, lo capisci? Lo avessi ammazzato io stesso sarebbe stato meglio. Non si manca quando non si fa la scelta giusta, ma quando si rinuncia a scegliere per paura delle conseguenze di una scelta sbagliata.

C: Dunque hai avuto paura?

P: No… non credo di… non posso aver avuto paura! Questo no!

C: Eppure hai appena usato la parola paura.

P: Non volevo dire paura. Evidentemente ho usato una parola che non volevo usare.

C: Ecco vedi? Sei confuso. Smettila di tormentarti inutilmente e vedrai che tutto si sistemerà. Il tempo aggiusta sempre tutto.

P: Non stavolta, lo sento. Il tempo stavolta cancellerà, spazzerà via tutto meno quel che ho commesso.

C: Scadi nel ridicolo ora. Questa è megalomania. Un governatore di uno stato periferico che lascia condannare a morte un povero pazzo vagabondo… ma ti ascolti? Come puoi credere che questo avvenimento abbia qualcosa da dire alla storia? Stai perdendo il senso della realtà, delle proporzioni. Forse è l’idea di essere stato dimenticato qui, ai margini dell’impero che ti fa sragionare. Ma anche questa è paranoia, non dovresti reagire così. Dopotutto potrebbe essere una buona prova questo incarico. Per alcuni prima di te questo posto ha portato poi nuove glorie e fortune.

P: Cosa importano glorie e fortune? La mia indecisione, l’unica della mia intera esistenza, mi sopravviverà. Eccola tutta la mia gloria!

C: Un pazzo fanatico! Ucciso da altri pazzi fanatici! Ma che gloria puoi ottenere da una cosa simile?

P: Una gloria infamante…

C: Vattene a dormire, domani avrai dimenticato tutto.

La tua indecisione poi… quel uomo, anche se innocente, non meritava comunque nessuna decisione. Non era nessuno, ma poteva diventare qualcosa… cioè un problema! Una grana, la scusa per una nuova rivolta. E allora sì che ne avresti dovuti far ammazzare parecchi. Non che anche questo sarebbe poi stato un dramma, un po’ di pulizia di questa gente non fa mai male, però ti saresti dovuto sporcare le mani. Invece così le tue mani sono pulite… limpide!

P: Con le mie mani pulite ho lasciato uccidere la giustizia… queste mani, come dici tu… limpide, saranno la mia vergogna… con le mie mani ho commesso una colpa che ricadrà su tutti noi… ora lo vedo. Mi è tutto chiaro.

C: Ma cosa vedi? Stai delirando… avrai la febbre… e poi continui a bere e a bere… sei ubriaco. Vattene a dormire, metti fine a questa giornata.

P: Si, forse ho la febbre. E’ questo caldo maledetto, mi opprime. Lo odio questo clima, lo odio questo paese e odio questa gente… e quello che mi hanno fatto fare.

Certo che bevo! Come potrei non bere? Voglio bere… voglio dimenticare… ma non ci riesco. E’ strano anzi. Più bevo e più comprendo, e vedo chiaramente quello che ci aspetta.

C: Ma se non riesci nemmeno a vederti quanto sei patetico, cosa credi di poter predire? Farnetichi, ecco tutto.

P: Tu non hai visto gli occhi di quel uomo… ora capisco che è attraverso quegli occhi che io ho visto quel che ti sto dicendo.

C: Ma certo, gli occhi di un disperato. Ti sarai lasciato suggestionare ed ora ti tornano in mente. Ma come hai potuto poi? Tu che ben altri occhi di uomini terribili, scaltri, pieni di odio e rabbia, furore e terrore hai visto, prima che si chiudessero per sempre per mano tua. Non ti suggestionarono quelli? Non vedesti nulla attraverso loro? Ma come, non te li ricordi più tutti quegli occhi? Proprio gli occhi di questo derelitto hai scelto per inventarti il tuo dramma?

P: No, non li ricordo più tutti gli altri occhi. E’ come se non li avessi mai incrociati dopo che gli occhi di quel uomo mi hanno fissato. Perché tu non li hai visti, quegli occhi.

C: Povero ingenuo… ti credevo più furbo. Dopo tutto questo tempo mi accorgo di non conoscerti affatto. Lo sai le storie che giravano su di lui no? Probabilmente era un buon ipnotizzatore, ecco spiegato l’arcano.

P: Forse in quelle storie c’era del vero. C’è sempre del vero nelle storie che racconta la gente. Le persone mentono, ma la gente dice il vero.

C: Bene, allora c’è stato del vero anche nella stessa gente che ne ha chiesto la morte a gran voce. Non ti sovviene come urlavano la loro verità quegli invasati che chiami gente?

P: Si, certo. Le loro grida ancora mi trapassano le orecchie… ma infatti anche loro pagheranno, e terribilmente.

C: Dunque tutti pagheranno? L’impero, tu, tutti noi, tutti loro… tutti! Tutti pagheranno per lui? Per un figlio di falegname…

P: Si, perché tu non li hai visti, quegli occhi.

Buoi ——— lentissimo.

Fine del racconto.

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