Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “I fiori blu” di Giuliana Ricci (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

Tanto tanto tempo fa, in un’epoca così lontana da perdersi nella memoria, un asino stava trotterellando al fresco, sotto gli alberi di un bosco. All’improvviso cadde sulla sua groppa una scimmia. L’asino ragliò per il dolore e la scimmia, impaurita, si scusò dicendo che non era stata colpa sua.

    Infatti, mentre la scimmia procedeva per la sua strada, saltando da un albero all’altro, aveva udito una voce orrenda emettere un verso strano proprio sopra la sua testa. Si era così spaventata che aveva mancato la presa del ramo, cadendo sul malcapitato asino. Per dar conferma alle sue parole, indicò qualcosa che si muoveva tra le foglie. Un attimo dopo s’affacciò una cicala, molto offesa per il giudizio che la scimmia aveva espresso sulla sua voce: quello era un canto che lei rivolgeva al sole nei giorni più caldi.

–        Brutta scimmia, non trovare scuse! Sei tu che non ci senti bene. – gridò la cicala –  Piuttosto lavati le orecchie, invece di ciondolare maldestra sotto le fronde. Sono solo io, in questo mondo, a regalare una melodia al sole!

–        E quelle note sgraziate, tu hai il coraggio di chiamarle melodia? Meglio tenere le orecchie otturate dal cerume. – le rispose la scimmia e giù a ridere di brutto insieme all’asino.

–        Vi sembran cose da ridere? – domandò ancora più arrabbiata la cicala –  E tu caro asino di cosa ti lamenti? Se hai tanta voglia di divertiti non hai certo ricevuto un gran danno. Sei un bugiardo!

–        Io non sono un bugiardo! – rispose l’asino risentito.

–        Sì, che lo sei! Figurati se quella grossa schiena spelacchiata non può reggere il mio peso. – disse allora la scimmia –  Ti ho visto, sai? Camminavi dandoti le arie di uno stallone e adesso ti lamenti come un vecchio ronzino ma, al tempo stesso, hai voglia di ridere.

    La scimmia non voleva essere incolpata, la cicala era offesa e l’asino pretendeva delle scuse. Ognuno voleva dire la sua e, alla fine, tra i tre scoppiò una lite furibonda. Purtroppo, non si resero  conto che stavano perdendo tempo prezioso: proprio in quel giorno, infatti, erano partiti, come tutti gli altri animali, alla ricerca di un cespuglio incantato, sul quale sbocciavano bellissimi fiori blu. Questi fiori, se mangiati, erano in grado di esaudire un desiderio e gli animali, in questo modo, potevano ottenere una dote particolare, una virtù o semplicemente abbellire il proprio aspetto.

    L’interesse suscitato da questo cespuglio era dovuto al fatto che gli animali, che a quel tempo camminavano sulla terra, non erano come adesso ma erano tutti un po’ anonimi e dall’aspetto insignificante. Il leone soffriva di questo fatto più di tutti gli altri e passava ore ad osservare gli uccelli che volavano in cielo: le loro piume erano di tanti colori, i loro canti melodiosi e i movimenti aggraziati delle loro ali seguivano magnificamente le scie del vento. Di tutti gli uccelli che solcavano l’azzurro dell’aria, non ce n’era uno uguale all’altro. Per non parlare delle farfalle che con le loro ali colorate erano belle come fate.

    Un giorno il leone si trovò accanto ad una farfalla che aveva sete e desiderava bere dalla sorgente a cui lui stesso si stava dissetando. Il leone le promise che non le avrebbe fatto alcun male se, in cambio, gli avesse rivelato il segreto di tanta varietà e tanta bellezza. La farfalla felice gli raccontò che gli animali del cielo, potendo volare, avevano avvistato una valle verdeggiante dove cresceva un cespuglio dai fiori blu con magici poteri. Mangiando uno di quei fiori, il leone avrebbe potuto esprimere un desiderio e vederlo avverare.

Doveva, però, fare molta attenzione perché sul cespuglio crescevano due tipi di fiori: alcuni erano completamente blu e altri erano blu con striature gialle. Solo i fiori completamente blu erano quelli giusti e il leone avrebbe dovuto evitare quelli striati di giallo perché, in quel caso, l’effetto sarebbe stato opposto a quello richiesto. Inoltre, ad ogni animale era concesso di mangiare un solo fiore  affinché questa possibilità fosse uguale per tutti.

Il leone si mise subito in cammino alla ricerca del cespuglio e, grazie alle indicazioni della farfalla, non tardò a trovarlo. Mangiò immediatamente il proprio fiore chiedendo di diventare il re della foresta e come segno di ciò gli spuntò una bella criniera intorno al collo. Poi corse ad avvisare tutti gli altri animali e insegnò loro la strada.

Ecco come fu che, il giorno della lite, tutti gli animali della terra si stavano dirigendo verso la valle. I primi, ad arrivare al cespuglio per mangiare il proprio fiore, furono la tigre, il leopardo e la pantera che, avendo ammirato la criniera del leone, chiesero anche loro di avere un aspetto elegante: la tigre volle un mantello a strisce gialle e nere, il leopardo a pois e la pantera nero come la notte.

Arrivò anche la volpe che, mangiando il proprio fiore, ottenne di diventare il più furbo fra tutti gli animali mentre il cane volle essere un fedele amico dell’uomo. Il gatto ottenne occhi che s’illuminavano nel buio e il topo chiese di essere molto veloce per sfuggire al gatto.

I tre litiganti intanto erano sempre occupati nella loro discussione.

–        Io canto bene e quanto mi pare. La colpa non è mia. – stava brontolando la cicala.

–        E io non sono maldestra e non ho le orecchie sporche. – ribatté la scimmia.

–        Ed io non sono né spelacchiato né bugiardo. – concluse l’asino prima di gettarsi in una zuffa tale da sollevare un gran polverone sulla strada.

    Nel frattempo, altri animali correvano e si affannavano per raggiungere la valle pur di vedere avverare i loro desideri: il cavallo chiese gambe forti per il galoppo e l’orso imparò come dare la caccia al miele delle api di cui era ghiotto; la formica, essendo piccolina, volle un corpo molto forte per trasportare grossi carichi di cibo e l’elefante ottenne un naso tanto lungo da poter arrivare all’acqua senza fatica; la lepre divenne velocissima per poter fuggire ai cacciatori; la zebra, ispirandosi alla tigre, volle un mantello a strisce bianche e nere; la giraffa, golosa delle foglie degli alberi, chiese un collo molto lungo; la tartaruga e la lumaca che erano pigre, ottennero un guscio solido da poter portare con sé e avere sempre una casa a portata di mano; il serpente costretto a strisciare sul terreno chiese di poter, ogni tanto, cambiare la propria pelle. Infine, per ultima giunse la rana che da quel momento riuscì a respirare anche sott’acqua.

    Sul cespuglio erano rimasti soltanto tre fiori e tutti gli animali pazientemente cominciarono ad aspettare i ritardatari mentre contemplavano meravigliati tutte le caratteristiche che facevano parte del loro nuovo aspetto.

    Aspetta, aspetta! Non arrivava nessuno. Il cane andò a cercarli e da lontano vide la zuffa in cui la cicala, la scimmia e l’asino erano impegnati. Tentò di chiamarli ma invano. Tornato indietro informò gli altri animali:

–        Quelli stanno a litigare! Chissà, quando verranno a mangiare i loro fiori!

     Alla fine gli animali si stancarono di attendere e cominciarono a protestare. La volpe, a quel punto, si avvicinò furtiva al cespuglio:

–        Tra tre litiganti, il quarto gode! – disse e mangiò uno degli ultimi fiori rimasti, grazie al quale le crebbe una bellissima coda. Altrettanto fece il leone che, come re, chiese di avere un ruggito forte e profondo per richiamare all’ordine tutti gli animali.

    Era rimasto solo un fiore e la rana saltò per mangiarlo ma sbagliò la mira e ne ingoiò uno striato di giallo: con grande sorpresa di tutti i presenti il suo aspetto peggiorò e il suo corpo divenne viscido e bolloso. Dalla vergogna, la povera rana, andò a nascondersi in una pozzanghera fangosa. Allora, si fece avanti il cavallo che mangiando l’ultimo fiore ottenne una criniera e una coda di grande eleganza.

    I tre sciagurati stavano ancora litigando:

–        Vedrete, se avrete ancora il coraggio di criticare la mia voce, dopo che avrò mangiato uno dei fiori. – stava dicendo la cicala.

–        Che m’importa! Non sarai più in grado di spaventarmi e farmi cadere perché chiederò un paio di ali. – le rispose la scimmia.

–        I fiori! – gridò l’asino all’improvviso –  Abbiamo dimenticato i fiori!

    Subito lasciarono perdere la lite e si misero a correre come pazzi verso la valle dove si trovava il cespuglio. Quando arrivarono, senza prima controllare, si avventarono avidamente sui fiori e non s’accorsero che ormai erano rimasti solo quelli striati di giallo.

    La cicala provò a cantare ma dalla sua bocca uscì una sola nota rauca e monotona. Non aveva mai cantato così male in vita sua. Alla scimmia, invece di un paio d’ali, crebbero due braccia smisurate che giunsero fino ai piedi: erano adatte per dondolarsi da un ramo all’altro ma la rendevano ridicola quando camminava a terra. L’asino si ritrovò con un mantello dal pelo ispido e di un grigio scolorito. Non capacitandosi di quanto era successo, l’asino ebbe il coraggio di mangiare un secondo fiore e così la sua intelligenza fu ridotta al minimo per sempre.

–        Qualcuno ha mangiato i nostri fiori! – accusò la cicala.

–        E’ giusto così! Avete perso troppo tempo e chi dorme non piglia pesci! – rispose il leone.

–        Ma noi non stavamo dormendo. – disse la scimmia.

–        Peggio! – affermò la volpe che con la sua astuzia, appena conquistata, si sentiva in grado di lanciar sentenze –  Se vi è piaciuto stare a litigare, non vi lamentate adesso se non trovate più pesci ma solo lische.

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