Premio Racconti nella Rete 2011 “Anna Karenina a pezzi” di Pierfrancesco Matarazzo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011Immaginate una distesa di sabbia nervosa, pronta a saltarvi in bocca, chilometri di deserto davanti a voi. Siete una donna e avete attaccati alle gambe due bambini che hanno sete e ciononostante continuano a camminare, in silenzio. Vorreste abbracciarli, pulirli dalla sabbia che incrosta ogni loro sensazione, ogni loro pensiero, che dovrebbe lanciarsi sul mondo senza pensare e che invece è a terra, immobile, seduto sulla loro ombra. Anche voi avete sete, ma questo è poco importante, voi siete grande, voi siete una madre e una madre non si lamenta mai, almeno è così che vi hanno insegnato.
Portate in testa un bidone di plastica azzurra che risplende scioccamente in quel nulla giallo ocra. Fa caldo, così caldo che il sudore si rifiuta di uscire dal vostro corpo e vi scorre all’interno, fino alle gambe che fanno male, ai piedi che non volete più ascoltare.
Dopo due ore di cammino, arrivate ad una grossa nuvola di sabbia. Dietro la nuvola c’è una lunga fila, centinaia di bidoni di plastica colorata su teste curve. Alla fine della fila un bancone, anzi una cattedra, come quella dove si sedeva la vostra maestra quando andavate a scuola; per terra non c’era il pavimento, i banchi erano tenuti insieme dal fango e dalle termiti che sembravano aver deciso di razionare i loro pasti pur di non dover scoprire che di legno non vi era più traccia. La cattedra però c’era. Arrivava dall’Inghilterra, una terra in cui un giorno vi piacerebbe portare i vostri figli. Dove l’acqua esce dai rubinetti, i vestiti dagli armadi, il cibo dai frigoriferi, la musica dalle case e i libri, i libri sono dovunque, tanto che sembra che nessuno li legga più.
I libri li avete sempre amati, ma a scuola ne erano conservati solo cinque ed erano così belli che a nessuno degli studenti era permesso toccarli. Erano arrivati da una scuola che aveva il vostro stesso nome “St. Mary Primary School”, avevano tutti una copertina di pelle verde e le pagine dorate ai bordi, con uno stemma proprio al centro: un drago che lotta con un leone. Il giovedì era il giorno dedicato alla lettura. La maestra ne sceglieva uno, temporeggiando davanti a quei cinque titoli come se si trattasse di una biblioteca di migliaia di volumi e non sapesse proprio quale scegliere. Poi, finalmente, ne prendeva uno e voi chiudevate gli occhi per un momento, sperando che si trattasse di “Kim” di Kipling, ma scoprendo, dalle prime righe lette dalla maestra, che si trattava di “Little Women” di Louisa May Alcott, il libro preferito dalla vostra insegnante. Sospiravate delusa, ma non riuscivate ad impedirvi di ascoltare, desiderando di toccare, anche solo per una volta, quel drago. Poi un giovedì, era maggio e la terra si infliggeva crepe profonde in attesa della pioggia, la maestra, per premiare un vostro tema, vi aveva permesso di tenere uno dei cinque libri in mano, mentre lei lo leggeva alla classe.
La fila davanti a voi prosegue, consumandosi troppo velocemente per la vostra memoria. Cercate di ricordare il titolo del libro che tenevate in mano mentre la maestra leggeva, ma non ci riuscite e guardate i vostri figli. Fissano la striscia di terra davanti a loro, non parlano, non saprebbero cosa dire, non saprebbero cosa chiedervi, dovreste comunque rispondere di “no”. Ecco siete vicine alla cattedra, dietro vi è seduto un uomo che distribuisce l’acqua da un grosso bidone alla sua sinistra. Non basterà per tutti quelli che sono in fila, ma oggi riuscirete ad arrivare in tempo.
Tocca a voi, vi fate avanti e l’uomo comincia a riempire il vostro bidone azzurro, quel pezzo di libro è lì, come al solito. Si tratta delle prime novanta pagine di “Anna Karenina”, avete cominciato a leggerlo quattro mesi fa, quando l’uomo lo ha tirato fuori da una vecchia valigia che teneva sotto la cattedra. È la storia di una donna con dei figli che aspetta il suo vero amore, come voi, beh non proprio come voi, ma anche voi aspettate qualcuno che vi porti via.
Il bidone è riempito, dovete smettere di leggere, dovete ritornare indietro, i bambini hanno bevuto, ma non parlano.
Guardate l’ultima parola delle venti righe che avete letto oggi: desiderio. Domani riprenderete esattamente da lì. È strano, ma riuscite ancora a sentirlo.
molto bello questo racconto e toccante. Ripercorre la disperazione di vivere, ma anche la bellezza delle piccole cose che acquistano potenza e significato proprio dalla loro povertà che è anche essenzialità.
Grazie Fabio,
non soltanto per il commento, ma anche per aver trovato il tempo da dedicare alla lettura del testo. Non è scontato in una società troppo liquida in cui spesso manca la nostra acqua più importante: il desiderio.
E’ un racconto particolare, che mi è piaciuto proprio perché non è scontato e si arriva in fondo senza sapere nulla di ciò che si rivela solo alla fine; un finale che colpisce, rattrista eppure riempie e pacifica, quasi ad immedesimarsi nella pacificazione che sembra provare la protagonista in quell’unico momento in cui riesce a “rubare” venti righe di un’altra vita, necessaria come l’acqua per non morire, e ad appropriarsene per un istante.
Complimenti.
Nicoletta Molinari
Bello il tema scelto, belle le immagini che dipingi con le parole. In bocca al lupo. Martina
Grazie per il vostro parere. Mi emoziona sempre avere un riscontro da chi mi ha letto senza sapere nulla di me.
Andrò a cercare i vostri racconti.
A presto e in bocca al lupo anche a voi.
Per la protagonista di questo bel racconto leggere significa vivere, va avanti faticosamente giorno dopo giorno, coltivando la speranza di un domani migliore. La lettura è per lei l’unica possibilità, tra tanta miseria e patimenti, attraverso la quale raggiungere una qualche felicità. Possibilità che deve essere però, coltivata e tenuta costantemente viva, seppure a piccoli pezzi, quotidianamente. Nel poco tempo che ha a disposizione, anche se solo per un attimo, si immerge nella storia di un personaggio di un altra realtà, molto diversa dalla sua, ma mosso anch’esso dall’esigenza di evadere verso altri mondi, riuscendo così, in quella natura difficile, a concedersi un sogno. Un grazie all’autrice perché con la sua rappresentazione ci porta alla mente che, dall’altra parte del mare nostrum si sopravvive con grande sacrificio.