Premio Racconti nella Rete 2023 “Il filo invisibile” di Laura Latorre
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Non avevo nessuna intenzione di legarmi a qualcuno quando arrivai a Firenze. Per me quell’anno doveva solo passare in fretta, restare un ricordo. Era il prezzo che dovevo pagare per garantire a me, ma soprattutto ai miei figli un futuro migliore. Non fu affatto facile accettare l’incarico: era arrivata “la cattedra”. Era però distante 800 km. L’aspettavo da tanto, ma era arrivata nel peggiore dei momenti. Avevo le lacrime agli occhi quando mi decisi a partire, non di gioia però. Ma non potevo rinunciare, lasciarmi sfuggire quella possibilità. Trasferirmi era l’unica soluzione possibile. Partì,da sola, senza i miei figli; come avrei potuto farlo con loro, erano ancora così piccoli. Li lasciai con i nonni, mi sentivo tranquilla.
Arrivata a Firenze pensai solo a lavorare, ad impegnare il mio tempo. La mattina a scuola, nel pomeriggio davo lezioni private di latino e greco. Facevo i salti mortali, al venerdì ripartivo, percorrevo tutti quei km per riabbracciare i miei bambini, ritrovare i loro sorrisi, per poi ritornare la domenica sera. Il lunedì mattina a lavoro dovevo sembrare uno zombie. Non mi importava. Andava tutto bene. Così trascorsero i primi cinque mesi fino a quel 19 gennaio.
Era un lunedì, lo ricordo bene, perché avevo con me la valigia. Come al solito anche quel lunedì’ ero rientrata, viaggiando di notte per poi fiondarmi al lavoro. Terminato il servizio, avevo preso l’autobus e tornavo a casa. Tutta stralunata. Faceva molto freddo, il cielo era grigio ed io indossavo il cappotto nero. Mancavano pochi passi al mio portone, quando incrociai un ragazzo. Lo guardai. Eravamo solo noi due per strada sul marciapiede. Lui guardò me. Andai avanti, ma non so perché, mi girai per riguardarlo. Lo fece anche lui, con mia grande meraviglia! Mi accorsi che entrò nel portone accanto al mio. Era un mio vicino. Mai visto prima. In effetti, non mi ero mai guardata intorno. Non mi interessava nulla di quella città. Sommavo i giorni agli altri giorni e andavo avanti. A capo basso. Tranne quel giorno. I miei occhi finirono nei suoi.
Dopo non so quanto tempo, mi sono sentita emozionata. Sorridevo da sola ripensando a quell’incontro. Cercavo però di non fantasticare, perchè non avevo nessuna intenzione di conoscere qualcuno. Ero lì per lavoro, solo per quello. Il mio obiettivo era di arrivare fino a giugno e poi chiedere il trasferimento. Non c’era spazio per altro. Non volevo altro . Dovevano solo trascorrere altri mesi. Di questo incontro ne parlai con la mia coinquilina, che in quel quartiere abitava da anni. Dalla mia descrizione mi disse di aver capito di chi si trattasse e che a lei risultava fosse già impegnato. Pensai che la faccenda poco sarebbe cambiata fosse stato libero. La mia era solo curiosità. Ripensavo a lui spesso solo per allontanare la nostalgia dei miei cari.
Quando tornavo a casa, speravo di rivederlo, di incrociare di nuovo i suoi bei occhi verdi. Dovetti aspettare ancora qualche giorno. Ero sull’autobus, seduta, guardavo fuori dal finestrino. All’improvviso lo vidi, era in bici con il suo giaccone verde e le cuffiette. Un colpo al cuore.
Non volevo dare troppa importanza a quelle emozioni, ma le provavo davvero quindi camuffai a me stessa tutto questo interesse, vivendolo come gioco. Era divertente in fondo chiacchierare di lui con la mia amica.
Poi accadde l’inaspettato: tornando a casa ,trovai un bigliettino rosso a forma di cuore nella mia cassetta della posta. Non considerai nel modo più assoluto che potesse essere per la mia coinquilina. Era stato lui, per me. Decisi che dovevo dargli in qualche modo una risposta, un segnale, così comprai anche io un cuoricino. Era il periodo di san Valentino, c’erano cuori dappertutto.
Un pomeriggio, fingendomi postina, suonai un campanello del suo condominio per farmi aprire il portone e lasciai il bigliettino nella sua cassetta della posta. Non mi sono fatta tante domande sul perché di quelle azioni. Mi facevano stare bene,mi divertivano come non accadeva da tempo ma non mi distoglievano dai miei progetti, dai miei affetti. Per il resto la mia vita continuava come sempre. Qualche giorno dopo, di ritorno a casa, passando dal suo portone diedi uno sguardo alla cassetta della sua posta e notai un fogliettino con uno smile sorridente. Sorrisi anche io. Anche quello pensai, fosse rivolto a me.
Ma ora che fare? La soluzione migliore mi sembrò quella di mantenere ancora le distanze ma di lasciargli un altro segnale. Sempre nella cassetta della posta, gli feci trovare un bigliettino con il mio indirizzo mail. La sera stessa trovai un suo messaggio. Mi chiese chi fossi. Io gli domandai chi sperava io fossi. Le sue parole mi fecero capire che parlava di me. Mi aveva notata. Iniziò una fitta corrispondenza. Una conoscenza lenta e discreta. Mi sembrò subito una persona garbata con cui “conversare” piacevolmente. Mi chiese come mai non restassi a Firenze il fine settimana; non riuscì a dirgli dei miei figli. Non volevo nascondergli di averli ma mi sembrava indelicato dire di loro in questo modo,via mail.
Arrivò il momento che tanto temevo. Mi chiese di uscire.
Non risposi subito a quella richiesta. Avevo paura. Sentivo già che mi piaceva, e non volevo farmi sopraffare da quella sensazione. Non volevo neanche illudere lui. Era da escludere assolutamente una frequentazione Alla fine però ritenni che non ci sarebbe stato nulla di male a vedersi solo una volta. Decidemmo di incontrarci per un caffè.
Nella mia testa quanti pensieri si aggrovigliarono. Un primo appuntamento, che mai avrei pensato e voluto accadesse lì a Firenze, da dove volevo andare via al più’ presto. Non volevo legarmi a nessuno, sia per le delusioni del mio vissuto sentimentale precedente ma soprattutto perché volevo dedicarmi solo ai miei figli ora che avevo raggiunto una certa stabilità lavorativa. Lui rappresentava esattamente un imprevisto sul mio percorso. Dovevo affrontarlo nei migliore dei modi e proseguire come prima il mio cammino. Mi ripetevo che era solo un caffè, dovevo e potevo stare tranquilla. Mi presentai all’appuntamento sicura che sarebbe stato il primo e l’ultimo ma lui arrivò con una rosa rossa e lì già capì che mi aveva già totalmente conquistata.
Sono trascorsi 15 anni da quel pomeriggio. Ora Firenze non è solo la mia città, ma anche dei miei figli. Non sono più scappata. Con lui abbiamo formato una bellissima famiglia, abbiamo anche un cane. Ho tutto quello che ho sempre desiderato. Mi ritorna in mente un episodio avvenuto tanti anni prima di quell’incontro. Un segnale premonitore forse.
Ero sdraiata sui sedili del pullman, dormicchiavo. Tornavo a casa, in Puglia. Era stata una giornata impegnativa, avevo affrontato la prima prova del concorso per l’insegnamento. Avevo aperto improvvisamente gli occhi, era sera. Vidi lì davanti a me l’Arno, incorniciato dai suoi palazzi. Mi sembrò bellissimo. Tra me e me pensai che mi sarebbe piaciuto vivere li,’ a Firenze, un giorno.
Del resto non mi aveva mai spaventava l’idea di andare via, infatti avevo proprio scelto la Toscana tra le varie destinazioni per il mio concorso. Non temevo l’esito dello scritto, ero tranquilla. Come se sapessi già che sarei passata. Infatti fu così.
La vita poi mi aveva allontanata totalmente da quel pensiero. Mi ero sposata ed avevo avuto dei figli. Poi la separazione e il rimettermi in gioco. Probabilmente un filo invisibile ha tenuto insieme tutti i vari momenti della mia vita e mi ha condotta fino a qui.
Qualcuno quel filo lo chiama destino.