Premio Racconti nella Rete 2011 “Artista di strada” di Cesare Borroni
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011Transitavo per il sottopassaggio della ferrovia, che unisce due strade della città, quel pomeriggio. I treni che si incrociavano più sopra, provocavano, a irregolari intervalli, un rumore di ferraglie che scuoteva la volta del tunnel. Pochi passanti transitavano svelti, chiusi nei loro giubbotti, le mani in tasca, per il freddo invernale. Il mio passo era più lento del loro, quasi a gustare quel rumore dei treni in transito. Andavo con la mente a quando ero bambino, ed i treni mi avevano sempre affascinato.
D’un tratto, verso la metà del sottopassaggio, un suono di chitarra, ed una voce, che cantava una melodia andalusa. Incuriosito, vidi un uomo seduto per terra, il fodero rigido della chitarra al suo fianco, qualche moneta dentro, e lui che cantava e suonava. La gente gli passava vicino, ignorandolo, piena della fretta di ogni giorno, quella fretta che spersonalizza, che ti rapisce, che chiude la porta a tutto, anche ad una lieve pausa, per gettare un’occhiata a quell’uomo, seduto al lato del tunnel. Io no, andavo più lento, e mi fermai accanto a lui, ad ascoltare. Mi piaceva quella sua musica, quegli accordi, quegli arpeggi, cercati e trovati sulle corde del suo strumento. Finito il pezzo, mi complimentai con lui, e lui mi raccontò di sé. Veniva dalla Bulgaria, il papà spagnolo, la madre greca, la moglie ed i figli piccoli lontani, vicino a Sofia. Le sue dita, pur gelide per il freddo, si muovevano agili sulla tastiera, e quel suono andaluso, ricordava le origini di suo padre. Era stato in altri Paesi Europei, ora era capitato qui, in Italia, e, adesso, precisamente a Trento, posto fisso il sottopassaggio della ferrovia. La gente continuava a passargli a fianco, ignara, dal passo spedito. Non c’è tempo oggi per fermarsi, anche per un semplice euro da lasciare di corsa nel fodero aperto di quella chitarra. Mi raccontò ancora di lui, della sua nostalgia per la famiglia lontana, dei pochi soldi che poteva inviare. Presto sarebbe ripartito, sarebbe tornato dai suoi, per poi riprendere il suo girovagare.
Era un artista, un artista di strada. Gli lasciai qualcosa, lo salutai e gli augurai buona fortuna. Mi colpì una cosa. Si alzò, e mi abbracciò, e mi ritrovai anch’io ad abbracciarlo. Qualcosa ci aveva spinto in quell’abbraccio. Lui forse sentì di non essere solo, ed io avevo sentito il bisogno di farglielo sapere.
A distanza di tempo, lo incontrai ancora, sempre allo stesso posto, verso la metà del sottopassaggio della ferrovia. Mi riconobbe, lo riconobbi. Due nuove parole, una stretta di mano, ed un saluto: “Ciao, amico, grazie!”, mi disse. Mi sentii migliore, così diverso dalla gente distratta che passava. Ci vuole così poco per sentirsi più ricchi dentro, e donare un sorriso ad una persona che ne ha bisogno!
Era un artista di strada, di mamma greca e di padre andaluso. Non so se lo rivedrò ancora, ma di certo non mi scorderò di lui.
E’ vero. La vita al giorno d’oggi ci impone dei ritmi quotidiani che ci impediscono di fermarci ad osservare ciò che ci circonda. Ogni tanto ci si dovrebbe fermare per godere quegli attimi che non ritornano più e poi naturalmente ripartire perchè la vita non aspetta.
Complimenti!
Alessandro
Grazie, Alessandro! Hai compreso il senso del mio racconto: l’estranietà e l’indifferenza della maggior parte delle persone, anche per un semplice sguardo verso quell’uomo, ed il mio desiderio di condividere un momento con lui, artista di strada, così solo, al suono di una bella canzone.
Ciao Cesare, eccomi anche qui a commentare….. questa estraneità che descrivi così bene purtroppo è ben insita nel nostro modo di vivere. Che dire, forse perchè hai citato la Bulgaria che conosco abbastanza, poichè una parte della mia famiglia ci vive, mi sono venuti in mente tanti episodi esattamente opposti vissuti in quel paese. Io, da brava italiana un pò diffidente, alle prese con artisti di strada, scoprendoli famosi e ricercati per i loro lavori rigorosamente eseguiti sui marciapiedi. Bancarelle di libri gestite da insospettabili laureati, tanto colti quanto modesti e spesso, dall’aspetto estremamente dimesso. Una vecchia signora in nero che a me pareva una icona del passato remoto contadino, seduta su una panchina accennava, in inglese, a poesie bellissime e raccontava la vita e le opere dei più grandi poeti della patria, e tante altre storie…. Ho avuto spesso la sensazione
di essermi persa, nella vita, qualcosa di molto importante.
Un racconto di vita, narrato con semplicità che lo rende molto scorrevole e piacevole alla lettura..il tema scelto mi è molto familiare perchè spesso mi sono fermata anch’io ad ascoltare questi artisti originali..per un attimo sognavo insieme a loro, che non avevano mai perso la speranza di una felicità conosciuta.. un abbraccio Cesare, e complimenti per il tuo racconto!
Una narrazione di grande delicatezza e sensibilità e non poteva essere diveramente, Cesare, conoscendo la bellezza della tua poesia. Quante volte ci capita di imbatterci negli artisti di strada e, proprio come tu ben descrivi, la gente passa oltre, rapita dalla fretta. Tu invece, oltre a donare qualcosa in denaro, hai donato anche il tuo tempo, la tua attenzione, le tue parole, il calore dell’amicizia contraccambiata dall’affetto, dalla riconoscenza. E’ il racconto della partecipazione umana, che spezza le barriere dell’emarginazione e si apre al proprio simile anche quando è uno sconosciuto e viene da lontano. Lo stile è limpido e scorrevole, la lettura è molto piacevole. Continua, Cesare, aspettiamo altri tuoi racconti !
Cesare, mi sorprendi…non mi avevi detto che oltre a scrivere delle profondissime poesie, ti diletti anche con i racconti…Questo tuo rispecchia il modo sensibile di vedere il mondo che ci circonda , la capacità di ascolto e la disponibilità a consigliare gli altri, caratteristiche insite in te…Bravo, complimenti. Cinzia
Caro Cesare,
questo tuo breve racconto non è altro che una conferma della tua splendida nobiltà di animo che io già tante volte ti ho espresso.
La tua costante disponibilità e sincera umanità si leggono nelle tue splendide poesie come in questo tenero e toccante racconto.
Complimenti! A te va sempre la mia stima caro maestro.
che dire?…un racconto bello pulito di altri tempi (purtroppo)…la sensibilità oggi è merce rara..e tu la possiedi.
grazie Cesare
Ringrazio di cuore tutti voi, Ivana, Michelina, Flora, Cinzia, maff e preslini, così, nella conseguenzialità in cui apparite nei vostri bei commenti, che mi hanno anche commosso! Un po’ tutti avete messo in risalto la mia umanità, e quella del racconto da me postato. Eh sì, quell’abito sensibile mi va un po’ stretto, con i tempi che corrono, ma non mi preoccupo. Lascio la porta socchiusa ad uno spiraglio futuro. Chissà che la porta, un giorno, non si possa ancora spalancare del tutto! Guai perdere la speranza!…
Ancora grazie!
Cesare
Dolcissimo racconto che rispecchia la nostra quotidianità, il nostro mascherarci e difenderci tipico della gente di montagna gente semplice ma timorosa anche di donare un sorriso, ma tu, quel sorriso Cesare lo sai donare, perchè ce l’hai impresso nel cuore e non riesci tenerlo solo per te.
Bravissimo.
Caro Cesare, il tuo racconto è bello e vero proprio come le tue poesie…leggendolo, non puoi non fermati a pensare (proprio come capitò a te nell’incontrare questo tuo amico-artista di strada…)…ad interrogare il tuo cuore…
Come racconti bene quella fretta …quel correre “rapiti” e ansimanti verso le faccende di tutt i giorni…senza nemmeno accorgerci di non avere nemmeno il tempo di fermarci due o cinque minuti per dedicarli ad una persona che, con la sua piccola-grande arte ,non fa altro che cercare di sospendere quel tempo sempre così sfuggente…così inafferrabile…
Eppure la vita a volte sembra così breve e spesso tristemente assurda…proprio quando si ignora quasi del tutto la parte più umana che alberga in ciascuno di noi…
Per questo io ti ringrazio ancora con più forza per il tuo bel racconto, perché fa capire che nella vita è importante fermarsi anche per qualche istante e scoprire che al di là della corsa, c’è qualcosa che non ha tanta premura e paradossalmente non fa altro che aspettarci da sempre…è il nostro cuore, così bisognoso di avere e dare tanto amore…
E l’aver abbracciato il tuo amico di strada ne è la conferma…grazie caro Cesare!!!
Storia quotidiana, scritta in modo semplice e piacevole, in cui ciascuno di noi può ritrovarsi tranquillamente. Anch’io in un mio libro ho pubblicato un racconto dedicato ad un fisarmonicista di strada, Vincenzo, e le considerazioni erano più o meno le stesse che hai fatto tu: troppa fretta nei nostri ritmi di ogni giorno per vedere chi ha bisogno di aiuto, ma anche semplicemente per contemplare ed apprezzare il bello che ci sta intorno…Io quella volta mi sono fermata e ho cantato insieme a lui, non so se oggi avrei il coraggio di rifarlo…Però mi ha fatto sentire davvero bene.
Anche il tuo contributo, Roberta, mi ha fatto piacere, perchè correda ancor più il mio racconto, entrando pure tu, come altri han fatto, nelle motivazioni, del tutto naturali, che mi hanno spinto a fermarmi, ad ascoltare, e poi a parlare ed a condividere un abbracio, con quel chitarrista. Altri non hanno sentite, evidentemente, quelle motivazioni, tirando via diritti per la loro strada, in un mondo tutto loro, estraneo, senza un attimo da concedere all’ascolto, non tanto della musica, pur bellissima, ma soprattutto del loro cuore. Sembra che questo, da un mondo in crescendo di “sordità” specifica, venga via via meno ascoltato, e questo è un male! Se cancelliamo da noi anche la voce del cuore, per chiuderci esclusivamente nei nostri pur inevitabili affanni, non è una bella cosa! Per fortuna che, persone come noi, sanno ancora porgere orecchio alla voce del cuore!
Grazie, Roberta, ed auguri per il tuo libro!
Cesare
Piacevole e scorrevole, la trama evidenzia come un pò tutti noi si viva di gran corsa, dimentichi che solo il calore tra persone ci rende vivi, tu hai donano amicizia a quell’artista di strada, e sei stato ricambiato con molto piu di ciò che hai dato, perché certi gesti non si dimenticano, e sono certo che quell’uomo ti porterà con se, dentro di se per sempre.
Pure a te, OceanoinFiamme, va il mio ringraziamento. Anche tu hai saputo cogliere il leit motiv del mio racconto.
Cesare
Hai fatto vivere un romantico quadro di ciò che è la dura vita degli artisti di strada. Complimenti, Cesare!
Mi è piaciuto il tuo racconto di note andaluse ed emozioni. Chissa quante cose ci passano sotto gli occhi, ma noi siamo così impegnati ad ignorarle, che ci perdiamo questi “mondi sommersi”.Un caro saluto
Rossana
Grazie anche a voi, bobvee e Rossana, per le vostre parole, e per aver condiviso un mio piccolo momento letterario.
Grande Cesare, mi è piaciuta la sensibilità dello scritto. Anch’io ho provato il piacere di parlare con persone in difficoltà, provenienti da luoghi a noi lontani. Ho capito quanto fosse importante per esse il calore umano di due parole. Esistere cioè in un mondo indifferente ai loro problemi, poterne parlare e non essere più, sia pure per pochi minuti, invisibili. Da quelle esperienze mi sono sentito sempre umanamente arricchito. Dovremmo sempre ricordarci di guardare oltre la siepe del nostro giardino. Ed il tuo racconto ce lo dice in modo sublime e concreto al tempo stesso. Grazie.
Grazie, Giordano. Mi fa piacere constatare che abbiamo la stessa sensibilità, e che a noi, come spero pure per tanti altri, certe cose non passino inosservate. Purtroppo il mondo di oggi pebnsa solo a se stesso, enon sa che a donare, magari anche una sola parola od un solo sorriso, si riceve moltissimo in cambio, anche se ciò non è materialmente tangibile! Ma non di solo pane, come sai, vive l’uomo! Anche queste piccole cose portano una crescita interiore, che molti, invero, non considerano, o sottovalutano!
Errata corrige: Scusam,i Lamberto, la distrazione: ho scritto Giordano e non Gaetano. Te ne chiedo venia: non so spiegarmi il perchè: solo distrazione! Grazie!
La grande maggioranza delle persone impegnate nell’alienante quotidiano via vai che ritroviamo nel racconto, sono incapaci di provare sentimenti e risultano essere preda di noiose abitudini e dell’indifferenza. Esattamente come certi personaggi tratteggiati da Moravia sono immersi nei loro stereotipi e nei loro egoismi. Questo breve racconto, trattato con sobrietà, può essere ascritto al filone sociale e pedagogico.
Vivamente ti ringrazio, Franco Salvatore. Mi hanno fatto piacere le tue parole, ma soprattutto quella della “sobrietà” del mio breve racconto. Nell’esposizione del fenomeno umano che ho trattato, era proprio la sobrietà di espressione, che cercavo fra le altre cose. Tu l’hai saputa cogliere.
Grazie ancora.
Un abbraccio da un artista di casa.