Premio Racconti nella Rete 2023 “Tutta colpa del vino” di Francesco Mola
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Ti ha detto che sarebbe arrivata a momenti. Tu cerchi di creare l’atmosfera giusta: accendi due candele profumate, metti su una musica soft ma non ce la fai a sistemare tutto come ti sei prefissato perché lei è già dietro la porta.
Suonava il campanello sempre tre volte, almeno fino a qualche tempo fa, perché diceva che tre è il numero perfetto, quello dell’amore e che dovevi aprirle con il sorriso già stampato sulle labbra. Adesso suona solo una volta.
Apri abbozzando comunque un sorriso. Ma lei è tutta imbardata in sciarpette, cappello e quant’altro e nemmeno ti saluta.
Fa una nuvoletta di fumo sulla soglia della porta che richiude alle sue spalle. Si toglie il piumino. Alita sulle mani e se le sfrega. Un tempo per riscaldarle cercava le tue.
Toglie via le scarpe e si infila le ciabatte con il pon-pon fucsia. Blatera qualcosa di poco conto sul colore sbiadito e sulla necessità di comprarne delle nuove.
Si butta sul divano e ordina un bicchiere di vino senza neppure chiederti per favore. Manco fosse al bar!
Ti rendi conto che non ti guarda nemmeno più in faccia quando ti parla.
E allora butti giù con la saliva le tue considerazioni e ok, le dici sempre di sì. Obbedisci. Versi del Negramaro non in un bicchiere qualunque ma nel calice largo per degustazioni che è il suo preferito.
Ti inizia a sbraitare addosso che ha preso troppa aria, che ha perso il rubino e adesso è sul marrone, che inizia a sentirsi l’odore di aceto e ti chiede da quanto tempo è aperto. Tu le giuri che l’hai appena stappato e lei ti risponde che non le importa, che non va affatto bene e che ne vuole un altro.
Allora tu ritorni in cucina, prendi la bottiglia, la rigiri nel lavandino e vedi un vorticello che fa ruotare il liquido verso destra. Ti ricordi che avevi letto sulla forza di Coriolis o qualcosa del genere che legava tale fenomeno alla rotazione della terra e della differente direzione del vortice a seconda che ci si trovi nell’emisfero nord o in quello sud. Vuoi spiegarlo anche a lei… vuoi parlarci di fisica, di forze gravitazionali, di rotazione e di tutti i massimi sistemi. Chissà se al suo corso per sommelier gliele spiegano queste cose qui.
La scorgi trafelata a giocherellare con i suoi pon-pon fucsia consumati e allora fai finta di nulla mentre ti accingi ad aprire un’altra bottiglia.
Stavolta opti per un Primitivo. Annata 2014. Lo stappi, porti il tappo di sughero al naso. Ti sembra ok. Allora lo mesci nel suo mega calice per degustazione, lo fai girare dentro al bicchiere e vedi che fa gli archi. Tutto conforme al minimo sindacale per decretarne la bontà. Così glielo porti e le dici di provare questo che è tra le eccellenze dei vini pugliesi. Lei ti chiede due taralli perché dice che è troppo forte senza però nemmeno accennare al sorso. Tu le dici che ha ragione e ti scusi mentre le porti taralli e pezzettini di pecorino infilzati da stecchini colorati.
Attendi il suo insindacabile giudizio manco fosse la certificazione di qualità che puntualmente non arriva a causa dei solfiti. Troppi solfiti – Troppi solfiti, ti ripete per almeno otto o dieci volte di fila. E ti istruisce sul fatto che un tempo l’uva Primitivo si usava come taglio per la sua elevata presenza di zuccheri. E che lei non vuole diventare obesa o diabetica. Che è stanca dei vini pugliesi. E che di fatto il Primitivo è il vino che le fa più schifo in assoluto. Sì, ti dice proprio così, schifo!
Capisci che nemmeno questo va bene, allora guardi la tua cantinetta e sai di non avere ancora troppe altre carte da giocare perché i tuoi vini sono tutti pugliesi e belli tosti.
Guardi il tuo Primitivo e ti chiedi se è un ibrido, un surrogato di basso valore, e se per davvero sia così rozzo e aggressivo. Sei sicuro invece che è più aggressiva lei e vorresti dirle che il vino più adatto al suo palato potrebbe essere un bel Nero di Troia, tanto per restare in Puglia. Ma tu non vuoi giocare pesante, non sei il tipo che cede alle provocazioni o agli insulti. Tu sei un vero signore. E poi oltre a non intenderti di vino, ti sembra proprio un argomento stupido per litigare. Così rimandi alla prossima occasione perché non puoi sempre soccombere.
In realtà avresti voluto una serata romantica, una cenetta tête-à-tête, un po’ di coccole e nulla di più. A te basta poco.
Per quieto vivere ti vedi costretto a salutare anche il Primitivo nel vorticello del lavandino. Ringrazi Coriolis e accatasti la seconda bottiglia sul pavimento accanto alla prima.
Ti ricordi del Barolo acquistato durante una trasferta di lavoro in Piemonte quando facesti pure una visita alla cantina di un comune di cui ignoravi l’esistenza. Ti ricordi di averlo riposto dentro uno stipo a parte per un’occasione degna. Sempre dalla visita hai appreso che il Nebbiolo, da cui il Barolo viene ottenuto, è uno dei vitigni più pregiati del mondo. Hai letto inoltre che sono necessari diversi anni per l’invecchiamento e soprattutto che è il vino giusto capace di equilibrare componenti acide a componenti tanniche. Almeno così dice l’etichetta e tu ti fidi perché l’etichetta di un Barolo non può certo sbagliarsi.
Ritorni verso il sofà, le porti il pregiato nettare dai riflessi rosso granato. Lei ti chiede se hai risciacquato il bicchiere. Tu sai che non l’hai fatto e vorresti mentirle, dirle che sì, che l’hai lavato e anche accuratamente. Poi sai che lei ti sgama perché sta facendo quel maledetto corso da sommelier e pure se ne metti in dubbio la validità, le dici di no, ammettendo di essertene dimenticato, mentre lei già ti guarda in cagnesco e nemmeno deve parlare per farti comprendere che pure quel bicchiere deve prendere la via delle tubature del lavandino.
Torni in cucina. Inizi a imprecare contro Coriolis e decidi di berlo tu tutto d’un fiato, chiedendoti se all’imbocco del tuo esofago si può ricreare lo stesso vorticello tendente a destra. Oppure a sinistra… Non lo sai, non te lo ricordi più. A te che sei astemio anche una sola goccia di vino dà alla testa. E allora inizi a fantasticare su strani vortici pure dentro al tuo cervello ancora sobrio. Anche se non ne sei più così sicuro.
Ripulisci il bicchiere. Lo annusi. Senti l’odore dei tensoattivi dello Svelto Piatti con cui, ignaro, lo lavasti la prima volta rimediandoti per questo un cazziatone memorabile: i bicchieri da vino si lavano rigorosamente con acqua e aceto, ti bacchettò la maestrina. E tu da bravo scolaro l’hai imparato anche se la tentazione di ficcarli in lavastoviglie ogni tanto ti prende.
Così, risciacquato il calice con tutti i crismi del caso, ritorni da lei che nel frattempo si è accesa una sigaretta. Sa che ti dà fastidio il fumo in casa ma evidentemente non gliene ne frega niente, tanto tu sei quello accomodante.
Afferra il calice dallo stelo. Lo solleva. Lo inclina per studiarne l’unghia puntandolo contro il bianco del pavimento. Inizia poi a ruotare il liquido osservando la velocità di caduta delle lacrime che si formano sulla parete. Ha un forte tenore alcolico, sembra un vino ben strutturato, aggiunge.
Bene, almeno stavolta è andata, speri, fin quando ti informa che l’analisi sensoriale del vino si divide in tre stadi.
Ne prendi atto mentre le anticipi cautelativamente che si tratta di un Barolo, dunque implicitamente la inviti a fare attenzione nell’elaborare giudizi avventati. Lei ti ignora bellamente, proseguendo con la sua analisi olfattiva retronasale, tiene a specificare, ma a te continua a non interessare. Vuoi ricordarle che sei astemio, tanto non le importa nemmeno di questo… A lei non importa mai nulla di ciò che ti riguarda. È sempre così concentrata su se stessa! Adesso per esempio è tutta presa ad aspirare con la bocca e buttare fuori dal naso gli odori durante la deglutizione.
“Sai che? – dice – Questo vino sa di sconfitta!”
Ma tu ti aspettavi sapesse di Barolo ai vitigni del Nebbiolo perché avevi letto l’etichetta e perché ti ricordavi della visita in cantina costata quanto il prezzo di tutta la trasferta di lavoro in Piemonte.
Allora le tiri via dalle mani il calice dalla parte bombata che lei si ostina a tenere dallo stelo tra pollice e indice con una gestualità finta ma che fa molto radical-chic.
Il bicchiere trova la sua resistenza e così sbilanciato finisce per precipitare sul pavimento sbriciolandosi.
“È vero – le dici – sa proprio di sconfitta!”
Si inventa che può essere colpa del sughero. Ma tu, anche se non ne capisci niente di vino, sai che non è così e la mandi a quel paese.
La vedi che si acciambella: raccoglie le gambe tra le braccia e porta le ciabatte fucsia sul bordo del divano per spelacchiare ciò che resta dei pon-pon.
Seccato te ne torni in cucina con la sensazione di avere dell’amaro in bocca e sai che la colpa non è del vino anche se tu sei astemio ed è la prima o la seconda volta in vita tua che ne butti giù una tale quantità. Almeno di questo ne sei certo, che la colpa non è assolutamente del vino.
Intanto, mentre sei di nuovo faccia a faccia con la colonnina d’acqua che scroscia dal miscelatore e che cerca di riportare in condizioni più dignitose il tuo lavandino insozzato di rosso manco avessi sgozzato un capretto, percepisci dei movimenti dal soggiorno e apprendi che lei si è rinfilata le scarpe: il rumore dei suoi tacchi che si dirigono verso la porta è inequivocabile. Né un ciao, né un addio. E infatti senti che la sbatte così forte che le due bottiglie vuote a terra accanto ai tuoi piedi tremano quasi fino a vacillare.
Prendi atto che tocca a te raccogliere il vino e il vetro in frantumi sul pavimento e ripulire il bordo del divano dalla cenere di sigaretta, dalle impronte di ciabatta e dai pon-pon spelacchiati sempre nella stessa finta maniera radical-chic.
Prima però metti in fila sul lavandino tutte le bottiglie di vino autoctono pugliese che hai nella tua cantinetta, pazientemente messa su pensando di farla contenta, senza mai avere indagato per bene i suoi gusti. Ecco dov’era l’errore. Forse.
Ne conti diciotto. E ti rendi conto che in effetti hai solo vini made in Puglia e che quel Barolo era l’unico intruso. Lo guardi. Il sughero attende di tornare al suo posto sulla bottiglia, per preservare la preziosità dei terpeni. Non prima però di sperimentare Coriolis, bravo a non smentire la direzione vorticale che è destra nell’emisfero in cui sei ma che tra un attimo ti passerà ancora una volta di mente.