Premio Racconti nella Rete 2023 “La spazzola magica” di Igor Cipollina
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Brindavano commossi
Gli amici suoi
Oppure s’attaccavano al bicchiere fino a stordirsi, per appannare il dolore
A seconda dell’umore e della circostanza
Ma di amici veri, quelli da passarci il tempo anche senza dirsi nulla, non ne aveva proprio
Solo conoscenti con cui ubriacarsi di parole pur di non rimanere zitti
Che, senza confidenza, il silenzio si gonfia d’imbarazzo
Lui no
A festeggiare i suoi traguardi e a piangere le sue cadute
Lui se ne andava all’autolavaggio fai da te
L’esame di maturità
La nascita del figlio
Il contratto di lavoro
La morte della mamma
L’angoscia di sapersi spento e scoprirsi acceso nelle pretese altrui
“Lasciatemi stare, non lo vedete che sono guscio?” avrebbe voluto urlare certe mattine in salita, quando proprio non ce la faceva a mettere la volontà in marcia
Ci andava sempre di sera, all’autolavaggio, quando il silenzio si faceva pastoso e, con tutte quelle luci, con le sue lance e le spazzole appese ai bracci rotanti, il posto sembrava una stazione spaziale
Meglio d’inverno, quando l’autolavaggio pareva costruito sulla nebbia che alitava dalla campagna grassa, quella sopravvissuta al cemento
Ma non è che puoi sceglierti la stagione dei traguardi e il tempo delle cadute, succedono quando capitano
Ultimamente, però, l’angoscia lo prendeva alle spalle sempre più spesso e lui sbagliava di continuo a interpretare le maschere che gli altri si ostinavano ad appiccicargli addosso
Una ribellione confusa, inconsapevole, che mescolava i ruoli e minacciava la tenuta dei rapporti
Il marito si comportava da figlio. Il padre s’atteggiava a fratello. L’impiegato ruggiva come fosse padrone
E così ogni sera era buona per rifugiarsi nella stazione spaziale, dentro al guscio della sua utilitaria ammaccata e percorsa dai graffi
Dava in pasto una banconota alla macchina scambia soldi, mulinava un po’ i gettoni nel pugno chiuso, una manciata di dadi per truffare la sorte, e poi impugnava la lancia e cominciava la sua partita. Senza fretta. Con metodo
Iniziava sempre dai cerchioni
Un gettone
Poi il prelavaggio a bassa pressione
Un gettone
Il lavaggio con la schiuma attiva, densa e rosa, sbuffava da una spazzola che a lui pareva magica, capace di guarire lo sgarbo degli urti e i solchi dei graffi
Tre gettoni
Il lavaggio con acqua addolcita a bassa pressione
Un gettone
La cera protettiva, come una nuova pelle tesa sulla vecchia carrozzeria
Tre gettoni
Infine il risciacquo definitivo con acqua osmotizzata, una doccia dolce a prova di macchie e di aloni
Un gettone
Ogni sera, durante il tragitto di ritorno, le sue troppe maschere sembravano finalmente riallinearsi al ruolo giusto e far pace tra loro. Marito, padre, impiegato. Ma era una tregua fragile, un trucco da schiuma rosa e acqua dolce. Colava via sempre troppo presto
L’ultima sera lo videro trascinarsi a piedi verso l’autolavaggio di periferia, dove l’odore chimico dei detergenti litigava con la puzza di letame
Niente auto ammaccata, solo i suoi passi stanchi, col piede destro che curvava sempre in fuori in un buffo tentativo di ammutinamento, a voler scappare via dalla traiettoria dell’altro
Teneva le mani in tasca e le spalle curve, tirate giù dalla corda dello scontento. La testa affollata di pensieri e un ghigno pasticciato sulle labbra, una smorfia ambigua, per metà sorriso e per l’altra pena, una smorfia da pagliaccio
Quella sera fece la sua scorta di gettoni, si spogliò fino a restare nudo, i vestiti accartocciati in un angolo come l’involucro vuoto di un insetto dopo la muta
Saltò il prelavaggio e indugiò con la spazzola magica, cedendo al solletico delle setole. Rideva e piangeva, metà allegria e metà pena
Poi, quand’ebbe finito con l’ultimo risciacquo, si mise a quattro zampe, ululò un rombo meccanico dalle labbra da clown e affrontò la notte a fari spenti