Premio Racconti per Corti 2011 “Un figlio e un padre, come tanti” di Fabio Boscaini
Categoria: Premio Racconti per Corti 2011Matteo ha dodici anni ed è a scuola. Un aspetto tutto sommato medio, di un carattere mite e incerto, di una personalità che si sta ancora cercando. A ricreazione si è messo in disparte. In fondo vicino alla recinzione, il gruppo di quelli cattivi, i bulli della scuola. Buriani, una sigaretta accesa, è il leader. L’hanno bocciato un anno, è più grande e ora fa il boss.
A cena il padre racconta della giornata di lavoro. “Oh, finalmente sviluppi importanti. Se va tutto dritto a fine mese concludiamo”, dice il padre. Silenzio della mamma, solo un sorriso, ma con un ombra. Matteo ascolta quasi distratto, ma è contento per il papà. Il padre gli scompiglia i capelli. Matteo si ritrae, mezzo infastidito, mezzo in imbarazzo.
Il giorno dopo sull’autobus, Matteo è costretto a salire dietro. Ci sono i bulli, Buriani il solito che si prende i sedili in fondo. Non bisogna guardalo negli occhi, senno ti punta. Ma non sempre basta, a quella età si è cattivi e non c’è sempre un senso o una logica… e infatti. In tre circondano Matteo, Buriani gli si para davanti e gli impedisce di scendere alla propria fermata, gli dà anche qualche botta con i gomiti. Tutti ridono. Matteo non può reagire e, ovviamente, neppure piangere, mai, che poi non è più finita. Accetta lo scherzo stupido, scende qualche chilometro più avanti. Nella tasca il cellulare, c’è da chiamare mamma, avvertirla che arriverà con un po’ di ritardo, ma il cellulare è morto, il display fracassato dallo stronzo.
Al di là della strada un bar, forse un telefono. Matteo dalla vetrina vede un uomo che conosce. E’ il papà. Matteo è felice, si affretta, ma poi qualcosa frena il suo slancio. Il padre non è in giacca e cravatta come al solito, è in tuta da ginnastica, legge un giornale. Matteo si ferma fuori ad osservare il padre dalla vetrina. Vede che scorre con un dito una pagina, un caffè lasciato a metà gli fuma davanti, poi solleva il viso, lo sguardo vuoto. Matteo se ne va.
A cena, il papà parla della giornata. “Allora ci siamo, ancora un paio di giorni e il cliente firma. Che ne dici Chiara? Bel colpo, eh?”. Matteo è perplesso, accenna un sì. “Ma te l’hanno detto oggi?”, chiede Matteo. “Sì. A pranzo. Siamo andati tutti in quel ristorante, quello in centro, come si chiama?… Non me lo ricordo, comunque pesce, fatto da dio …”, risponde il padre. Matteo annuisce, guarda la mamma, la mamma guarda da un’altra parte.
Il giorno dopo, lo stesso autobus, le stesse facce. Qualcosa da capire, Matteo non scende alla sua fermata, prosegue, arriva al solito bar e… stessa scena. Il padre seduto, fermo, assente, lo sguardo aperto sul nulla.
La sera Matteo ha un sonno da morire ma si impone di non addormentarsi. Sa che i suoi parlano un po’ a letto prima di dormire, e lui deve sapere. Matteo si ferma in corridoio, in ascolto. Di là i genitori parlano piano. “Mi sa che neanche alla Riter mi prendono… “. “Perchè?”, chiede la mamma. “Dicono che non c’ho lo skill… Matteo non deve saperlo mai, capito? Mai! Voglio che sia sempre fiero del suo papà, ok?”. “Certo amore, vieni qui”. “Domani vado a sentire quelli della Spert One. Lì andrà bene, me lo sento…”
Matteo torna in camera, prova a dormire, ma il cuore batte all’impazzata, niente sembra più come prima.
La sera dopo a cena Matteo è silenzioso. “Che c’è campione?”, chiede il padre. “Niente”. “Come niente? Non dici nulla?!”. “Non mi va di parlare”. Silenzio. La mamma fa un gesto strano, si butta indietro i capelli, si alza di scatto, dice che c’è una cosa sul fuoco, ma la cena è già tutta lì, in tavola.
A scuola, in classe la professoressa di italiano riprende Matteo. “Che cosa fai Matteo? Guarda cosa hai combinato!”, dice la professoressa. Matteo guarda il quaderno, è pieno di inchiostro. “Non sono stato io, io ero… Era tutto a posto prima!“. La classe ride, la maestra anch’ella sorride un po’. “Ti hanno fatto uno scherzo?”, chiede. Buriani ha un ghigno di soddisfazione. Matteo incassa il colpo. “Va bene, quel compito me lo prepari per domani”, dice la professoressa a Matteo.
A cena, Matteo guarda il padre e… d’improvviso lo abbraccia. “Oh oh, che fai campione?”, dice il padre, ma lo accarezza con affetto, la mamma, sorpresa che quasi si commuove. Tutto si ferma per qualche istante. “Papà, domani sarà una grande giornata”, dice Matteo. “Perchè?”, chiede il padre. “Perchè di sì”, risponde Matteo e ha una luce nuova, decisa, negli occhi
Ricreazione. Buriani e i suoi compari vicini alla recinzione del cortile. Matteo arriva a testa bassa. “Ecco quello che si sporca i quaderni per non fare i compiti. Che cazzo vuoi?”, chiede. Matteo respira forte, poi quasi in un soffio solo, ma la voce è ferma. “Tu le mie cose non le tocchi più”, dice Matteo. Buriani sorride sorpreso, sembra un lupo pronto a saltare su una preda inaspettata. “E se non lo faccio tu che fai?”. Buriani afferra Matteo per il bavero della giacca, ma Matteo non cede. Lo guarda negli occhi deciso, i pugni stretti calati lungo i fianchi. Avanza di un passo, spinge il braccio di Buriani, i due sono quasi a contatto con i visi. Buriani regge lo sguardo per un momento, ma poi arretra. Lascia la maglia di Matteo. “Andiamo via da questo coglione”, dice ai suoi.
Il solito bar. Matteo arriva. Si ferma un istante ma ormai è convinto. Entra, Matteo si avvicina, si ferma di fronte al padre, attende che il suo sguardo lo possa riconoscere, tornando da quel posto lontano che si chiama disoccupazione. “Ciao papà”, dice Matteo, piano con affetto. Il padre sembra scuotersi. Scoperto, si passa la mano sulla tuta da ginnastica, sui capelli scomposti. Si guarda attorno, imbarazzato, risponde al saluto. “Ciao…”, dice il padre. “Posso stare un po’ qui con te?”, dice Matteo. E su questa domanda infinita dissolviamo a nero.
mi piace. la storia è molto interessante. complimenti
Ottimo, molto attuale. Un po’ triste ma si intravvede una piccola luce in fondo al tunnel.
Racconto che si legge con piacere, crea la curiosità di sapere come evolverà la storia. Complimenti.
Bello. Toccante. Incisivo. Bravo.
Mi piace molto, complimenti. Il nuovo legame che lega il figlio al padre è destinato a sopravvivere oltre le avversità della vita, così si diventa grandi.
Vorrei aggiungere che Il bullismo è un fenomeno che c’e sempre stato, anche la disoccupazione (anche se questo è un periodo particolarmente duro), trovo di grande sensibilità
il tuo approccio a questi argomenti e c’è un grande senso di dignità in questo tuo racconto.
Mi è piaciuto. Un racconto di grande sensibilità, complimenti.
Il tema è interessante e soprattutto attuale. Elemento importante per catturare il lettore in un racconto breve.
Nel finale c’è qualcosa che mi destabilizza. Il che può essere una cosa buona, ma vorrei saperne di più sull’ultima frase.
Trovo come unico neo, al di là della tematica che può interessare o meno, l’assenza di colpi di scena, scorre tutto in maniera piuttosto prevedibile. Detto questo, l’ho letto d’un fiato e faccio i complimenti all’autore.
Una volta tanto i ruoli si invertono e sono i figli a svolgere un ruolo pedagogico. Questo interessante racconto ci dice che a volte proteggere eccessivamente coincide con deresponsabilizzare anche contro la volontà dell’educando.