Premio Racconti per Corti 2023 “Il lupo vuole te” di Riccardo Negri
Categoria: Premio Racconti per Corti 2023Notte. La luna piena luccica sulle strade deserte. Spiamo la città in quadri fissi, privi di vita: un parcheggio semivuoto, una via poco illuminata, un’altra ancora, i bar chiusi, le finestre delle abitazioni oscurate e silenziose… Si ode lo sferragliare di un motorino; ma è attutito e distante, e non lo vediamo passare. Uniche persone in giro, due innamorati nei loro abiti leggeri, che parlottano e si sbaciucchiano all’ombra di un portone, indifferenti al resto del mondo.
C’è una sola finestra accesa: piccola, là in alto sopra un balcone. Da lì pare giungere un brusio: due donne, e forse pure un bambino, intrattengono una tranquilla ma inintelligibile conversazione.
La macchina da presa s’incammina inseguendo le voci; nell’avvicinarsi alla finestra illuminata, ripercorre le vie e le piazze note, seguendo in soggettiva i passi di uno sconosciuto. L’andatura si fa man mano affrettata, nervosa, a tratti zoppicante. Lo sconosciuto inizia ad ansimare, e il suo respiro sempre più pesante si sovrappone al brusio delle voci femminili sino a sovrastarlo. Al passaggio dello sconosciuto, i due innamorati si appiattiscono al portone, sogguardandolo inquieti. Alcune cassette vuote di vino e birra, abbandonate all’esterno di un bar, vengono travolte; le bottiglie si infrangono fragorosamente a terra. Un gatto fugge spaventato, con uno stridulo miagolio che rimbomba nella notte buia.
D’un tratto lo schermo si fa nero.
Appare il titolo: IL LUPO VUOLE TE.
Sul silenzio s’introduce una voce – femminile, matura – che narra la fiaba dei tre porcellini.
Siamo ora all’interno della stanza illuminata. Dalle imposte accostate della finestra s’intravede la luna piena. L’ambiente è semplice ma curato, con una Madonnina appesa sopra il letto e una bottiglia piena d’acqua con due bicchieri sul comodino.
Un bambino e una giovane mamma siedono abbracciati sui cuscini del letto, appena riparati da un lenzuolo estivo. Al loro fianco, su una poltroncina, c’è una suora. È lei a leggere da un libro illustrato la fiaba dei tre porcellini: il racconto dei tre fratellini che decidono di costruirsi ognuno la propria casetta (il più piccolo di paglia, il secondo di legno, il maggiore di mattoni); e del lupo cattivo che vuole mangiarseli.
La giovane madre sorride al piccolo, carezzandolo rassicurante. La suora, come si fa coi bambini, esaspera la lettura, in modo drammatico e comico allo stesso tempo. Il bambino la interroga: «Cosa significa mannaro?».
E proprio quando la fiaba giunge al punto in cui il lupo, distrutte le casette di paglia e di legno, tenta di introdursi dal camino nella casetta in muratura, da fuori irrompe un ululato inumano e agghiacciante. D’improvviso una mano, aggressiva e irsuta come la zampa di un lupo, tenta di introdursi dallo spiraglio della finestra. Le dita guizzano all’interno, cercando la maniglia.
La giovane donna si mette a strillare, coprendo gli occhi al bambino. «Vai via – grida – lasciami stare!»: sa bene a chi appartenga quella mano. La bestia umana con una testata spacca il vetro. Uno scroscio di frammenti piove dentro. La belva protende le braccia e grida: «Ti ho trovata, puttana! Stavolta ti ammazzo!».
Attimi di concitazione. La suora ordina alla ragazza di uscire, di portare via il bimbo. Prova a ricacciare indietro l’aggressore che tenta di entrare dalla finestra; ma quando questi le strappa il crocifisso dal collo, la suora afferra la bottiglia dal comodino e gliela abbatte in testa. Il “lupo” ricade fuori. Il suo urlo si spegne con un tonfo.
La suora si sporge e guarda in basso.
Buio. Silenzio.
In strada, ai piedi della finestra. I lampeggianti dell’ambulanza e della polizia illuminano la notte. C’è un corpo a terra, coperto da un lenzuolo. I due innamorati del portone assistono defilati e sgomenti alla scena. La suora – senza più velo in testa, in mano il crocifisso che prima portava al collo – stringe in un unico abbraccio la giovane mamma e il bambino seduti sui gradini. Per tranquillizzarli canta a bocca chiusa – sottovoce, rallentandola, quasi una nenia – solo la melodia, senza pronunciare le parole, della nota canzoncina: «Siam tre piccoli porcellin, siamo tre fratellin, mai nessun ci dividerà…».
Bella la scelta e la realizzazione. Una storia cupa arricchita da molti particolari ambientali che immergono visivamente il lettore dentro le scene e rendono molto bene, insieme all’azzeccato parallelo con la fiaba, i temi del racconto purtroppo molto attuale: la bestialità e la solidarietà di comunità come antidoto e risposta.
Condivido in toto il commento di Marco, da parte mia aggiungo bravo perché non è facile cimentarsi con il genere in modo efficace.
Mi congratulo, Riccardo.
Coinvolge e suggestiona il tuo soggetto, con la sua atmosfera avvolgente.
Potessero le fiabe trainare il lieto fine nella realtà!
Molto bello, ritmo serrato, ambientazione descritta in maniera efficacissima, fiato sospeso fino alla fine. Complimenti! In bocca al lupo, è proprio il caso di dirlo 😉
Grazie mille a tutti.
La scelta dei personaggi lo rende ancora più rabbrividente! Complimenti!
Grazie GianMarco.