Premio Racconti nella Rete 2023 “Conosci quella bambina?” di Cristina Pongiluppi
Categoria: Premio Racconti per Corti 2023Era seduta in attesa del caffè. Il tavolino era all’ombra, riparo poco efficace in quel pomeriggio estivo, invadente. La camicetta bianca sbottonata lasciava intravedere il petto, indifferente alla calura soffocante, la avvolgeva senza pietà. Un fruscio di foglie alle sue spalle anticipò un sollievo fugace, un istante di tregua che subito si spense. Una ciocca di capelli castani, mossa dalla brezza, le si appoggiò sulle labbra carnose e rimase impigliata al rossetto rosso.
Il suo capo, seduto di fronte, continuava a parlare. Erano settimane che analizzavano quella presentazione, dettaglio dopo dettaglio. La voce monotona e ripetitiva si perse tra suoi pensieri.
Era un uomo affascinante? Forse. Non il suo tipo. Troppo aggressivo, troppo brillante. Altre colleghe avrebbero fatto carte false per sedere in quel locale e ascoltare fiumi di parole da quello sguardo caldo e penetrante. Non lei.
Si guardò intorno. Il cielo era di un azzurro faticoso, pesava sul suo respiro con tutta la cappa di umidità del luglio cittadino. Ad un tratto la vide da lontano, avvicinarsi. Gli occhi bassi, grandi, enormi. Potevano esistere occhi così grandi e così infelici? Lo zaino a tracolla sembrava un gigante aggrappato a spalle troppo piccole.
Lui era un passo avanti e la trascinava per una mano, strattonando quel pulcino come un temporale. Urlava, sfigurato dalla rabbia, gocce di saliva uscivano da fauci spalancate da una collera viscerale. Saliva e parole si mescolavano in un vomitare rabbioso di pensieri rancorosi.
“Ancora, lo hai fatto di nuovo. Guardati! Tutta macchiata. Non sei capace neppure di bere una spremuta. Ora la maglietta resterà macchiata. Ma cosa credi, che i soldi ce li regalino? Ti devi vergognare, con tutti i sacrifici che faccio per te. Ma mi senti? Mi ascolti? “
E così dicendo la scrollò per le spalle:
“Rispondimi! Hai capito? Sei proprio una cretina. Beh capisci o no cosa dico? ” Tuonò con quel quella voce aggressiva, tagliente, nera come il catrame.
La piccola rimase impietrita, un uccellino spiumato nell’occhio di un ciclone. Non disse nulla. Alzò lo sguardo.
Quei due occhi d’un azzurro infinito, cerchiati di tristezza, spalancarono una vita di frustrazioni sulla donna che osservava dal tavolino.
La piccola non proferì parola, non una lacrima, non un fiato. La rabbia dell’uomo trovò alimento in questo silenzio. La furia crebbe, quel gigante alzò il braccio destro sulla spalla sinistra pronto ad abbattersi su quello sguardo spaurito. La donna si alzò d’istinto e si diresse verso di loro.
– “Ciao, come stai ?”
Lui la guardò perplesso. “Non ti ricordi? Ma sì dai, l’estate scorsa. Abbiamo passato un pomeriggio divertente con gli altri, vero?”
Lui non riuscì a recuperare quel volto tra i suoi ricordi, ma era bella e rimase ammutolito da tanta sicurezza. Non trovò le parole per rispondere.
“Tesoro. Ciao, io sono Rosy, un’amica di papà. Guarda ti sei macchiata! Aspetta. “
Tornò al tavolo, prese la bottiglia d’acqua frizzante, poi si avvicinò alla bambina, si abbassò e con un fazzoletto imbevuto sfregò la macchia. “Vedrai che non rimarrà nulla. Capitava spesso anche a me alla tua età. Me lo ha insegnato la mia nonna.”
“Grazie” sussurrò lei.
“Di nulla tesoro. Ricordati che se ti guardi intorno c’è sempre qualcuno disposto ad aiutarti.” E così dicendo le strizzò l’occhio. Gli occhi della bambina si riempirono improvvisamente di lacrime e abbozzò un sorriso mordendosi il labbro inferiore.
” È stato un piacere rivederti. A presto.” Lui fece un cenno e bofonchiò un “ciao” indeciso.
Lei si voltò e tornò al tavolo. Una folata, improvvisa le scompiglio timidamente i capelli. Con gesto lento e sicuro si portò una ciocca dietro l’orecchio e si rimise a sedere.
Il padre, distratto da quell’interruzione, dimenticò la sua collera. La presa per mano e continuò a camminare.
La donna li osservò allontanarsi, nella calura estiva, mentre la bambina continuava a tenere lo sguardo incollato su di lei, ancora e ancora e ancora. Fino a che non scomparve.
Poi una voce la riportò al suo caffè.
” Conosci quella bambina? ” chiese il suo capo.
“Non più. La conoscevo molto, molto tempo fa.”
Bella storia breve e asciutta, perfetta per un corto. La scrittura trasmette il caldo, la rabbia e la paura. Mi sono piaciuti molto l’azzurro faticoso, l’uccellino spiumato nel vento e la voce di catrame. Oltre al messaggio naturalmente. Complimenti!
Grazie per il suo commento. Ottimo suggerimento.
Ho apprezzato molto il messaggio: l’idea che le nostre cicatrici, chissà, possano fare meno un po’ meno male, se aiutiamo qualcun altro a medicare le sue. Grazie.
Grazie a te Riccardo. Il passato lo portiamo dentro, decidiamo noi come utilizzarlo, se a nostro favore o sfavore. Le cicatrici diventano forza o debolezza.