Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2011 “La ricetta della felicità” di Elvira Buttiglione

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011

C’era una volta un omino sfortunato. Ma tanto sfortunato. Non gli andava bene proprio nulla! Il lavoro, gli affetti, la vita in generale. L’omino sfortunato si sentiva solo. E perso. E passava i suoi giorni a compiangersi. Senza una compagna. Senza una famiglia. Senza un amico. Solo.

L’omino sfortunato trascorreva i suoi giorni con il suo criceto. Lo osservava mentre lui viveva la sua vita nella gabbia. Ma, stranamente, mentre lo esaminava, quel criceto ai suoi occhi gli appariva più libero e felice di lui.

Un giorno l’omino sfortunato trovò un suo vecchio compagno del liceo per strada.

A vederlo gli apparve subito molto più bello e sereno di quanto ricordasse. Il compagno del liceo spiegò all’omino sfortunato di essere felice. Aveva il lavoro da sempre sognato. Una adorabile, passionale, intelligente, sincera e fedele compagna. Coltivava le sue passioni nel tempo libero. E aveva anche un orticello. Era proprio un omino felice.

L’omino sfortunato, tra la rabbia e l’invidia, chiese all’omino fortunato cosa avesse fatto per essere tanto felice.

–         Ma come non la conosci?- disse l’omino fortunato.

–         Cosa?- rispose l’omino sfortunato.

–         Ma la ricetta della felicità! Ovvio!

–         Perché, amico, tu la conosci?

–         Ovvio che sì!- rispose tranquillamente l’omino fortunato.

–         E dimmela che aspetti!!! – urlò l’omino sfortunato quasi avvinghiandosi al collo dell’omino fortunato. I suoi occhi erano avidi e sanguinolenti.

–         Stai calmo! Stai calmo! E metti giù le mani!

–         Hai ragione, scusa, non so cosa mi è preso.- disse l’omino sfortunato per giustificarsi. E si ricompose elegantemente.

Silenzio.

I due omini si guardarono negli occhi. Poi l’omino fortunato, rasserenati gli animi, riprese a parlare.

– Su, tra le montagne del Non So, c’è una piccola baracca. Lì si nasconde un eremita. È lui che possiede la ricetta della felicità.

– E come si arriva laggiù?- chiese, dapprima, incuriosito, l’omino sfortunato.

– La strada è lunga, tortuosa e faticosa. Ci vorranno molti giorni. Forse mesi. Forse un anno. Non saprei.

– Ma come non lo sai?! Ma che risposta è?! Tu ci sei andato, o no?! Non sai indicarmi il cammino e quanto tempo occorre?

– No…

– Ma come no?! Ma smettila! Parla! Su!

– È difficile da spiegare.. il cammino dipende da ognuno di noi.- rispose, ancora una volta tranquillamente l’amico.

L’omino sfortunato cominciava a perdere la pazienza. Questo essere sibillino dell’omino fortunato lo irritava, Ma non voleva subito avventarsi contro di lui. Voleva saperne di più.

– E, sentiamo un po’, quanti danari vorrebbe l’eremita per la ricetta?

– Questo non posso rivelartelo. Lo scoprirai da solo.

A quel punto l’omino sfortunato aveva perso la pazienza.

– Ma cosa fai?! Sei impazzito forse?! Perché non vuoi aiutarmi?!- ricominciò ad urlare l’omino sfortunato. Questa volta collerico. Ed ancora più pericoloso. E di nuovo avvinghiato al collo dell’amico.

– STAI BUONO! STAI BUONO! STA-I BUO-NO!

– TU! MA CHE RAZZA DI AMICO SEI? POSSIEDI LA RICETTA DELLA FELICITA’. LA POSSIEDI TU! E NON SOLO NON VUOI DARMELA! AVIDO E CATTIVO CHE NON SEI ALTRO! NON SOLO NON TI IMPIETOSISCE VEDERMI A PEZZI, MA NON MI VUOI INDICARE NEMMENO LA STRADA ED I MODI PER RAGGIUNGERLA! IO TI ODIO!

– Tu non sai quel che dici.- rispose l’omino fortunato. E, sospirando, gli voltò le spalle e se ne andò.

I giorni successivi furono molto duri per l’omino sfortunato. Pensava e ripensava al suo amico. E provava invidia, rabbia e rancore. Non riusciva proprio a capire cosa avesse fatto lui per meritare tanta felicità. Lui! Proprio lui! Una persona così cattiva! E non capiva perché non volesse donargliene un po’, di quella felicità. Donarla a lui, che ne aveva tanto bisogno. Ma pensava soprattutto alla ricetta della felicità, custodita tra i monti del Non So. E all’oscurità  e rischiosità di quel percorso.

Ogni giorno meditava di voler affrontare quel viaggio. Ma poi desisteva. Aveva paura. E rimandava al domani.

Una mattina di novembre l’omino sfortunato si svegliò stranamente sereno. La felicità era ben lungi. Ma tutto quel dolore lo aveva sfinito. Sentendosi sereno decise di partire e di affrontare quel lungo o breve viaggio, alla ricerca della ricetta della felicità.

Quei giorni furono molto difficili. Perse due volte l’orientamento. Fu morso da un lupo. Tra i monti faceva freddo e lui non aveva abbastanza coperte per riscaldarsi. Le strade erano spesso in salita e ripide. E tutto questo rallentava il suo passo.

Ma lui non demordeva. Voleva a tutti i costi quella ricetta.

Le provviste, tuttavia, presto terminarono. L’omino sfortunato non poteva immaginare che il cammino sarebbe stato così lungo. Ed allora cominciò ad arrangiarsi con le sterpaglie.

Vivendo di stenti e di sforzi era già passato un anno e non aveva ancora trovato la baracca dell’eremita e, soprattutto, la ricetta della felicità.

Stranamente, però, nonostante tutti quegli sforzi, l’omino non demordeva. E continuava il suo percorso.

Una fredda mattina di inizi ottobre l’omino sfortunato cadde e si spezzò una gamba. Ben presto sopraggiunse una infezione. Pensò davvero di stare per morire. Era arrivato il suo momento. Chiuse gli occhi. In pace.

Dopo poco, però, l’omino riprese i sensi. Accanto a lui c’era una bella donna, forse fortunata, forse no, ma di sicuro molto gentile. Si stava occupando lei della sua ferita. E ben presto si occupò di cibarlo. La donna raccontò all’omino sfortunato di essere anche lei alla ricerca della ricetta della felicità. Ed insieme proseguirono il cammino.

Tuttavia, nei due mesi successivi, non trovarono mai la baracca dell’eremita.

Stanchi di cercare, decisero di terminare il loro viaggio.

Ma, paradossalmente, si sentivano felici.

L’omino sfortunato guardò negli occhi la bella e gentil donzella. L’accarezzò e la baciò.

L’omino si sentiva proprio fortunato. Aveva trovato lei ma, soprattutto, aveva imparato a camminare da solo.

Ripresero il cammino. Ma stavolta per ritornare a casa.

E quel cammino fu in discesa. E mai tortuoso.

Lo conclusero ben presto.

Mano nella mano.

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3 commenti »

  1. E’ vero: l’assoluta felicità probabilmente è irraggiungibile e nessuno sa dove stia davvero…Forse è fatta di piccole gioie e conquiste quotidiane in cui capita di imbattersi proprio andandone alla costante ricerca, pieni di ottimismo e speranza…Ma non può essere un cammino solitario: ci vogliono un cuore aperto e capacità di condivisione.

  2. concordo… è proprio quello che volevo dire! grazie mille per il commento e l’attenzione!

  3. Una storia, quasi una parabola, dall’ antico e buon sapore, di quelle che ci riconciliano con noi stessi e col mondo. Spesso siamo alla ricerca spasmodica di qualcosa che potremo cogliere immediatamente, la abbiamo a portata di mano, ma giustamente non la prendiamo, ottenerla facilmente le toglierebbe il giusto sapore; ed allora via: inseguiamola allungando il nostro cammino per lunghi ed impervi sentieri, solo così al suo conseguimento tutto avrà più gusto. Insomma ognuno di noi ha spesso necessità di attraversare il suo deserto per raggiungere la felicità.

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