Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “La spada celeste” di Alessia Olivieri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Nel lontano regno di Wuela in una bottega il giovane David, sotto la guida del padre, lavorava e imparava il mestiere che nella sua famiglia veniva tramandato da generazioni; la bottega Favrin, orami da decenni, lavorava al servizio dei Re che si susseguivano. Il loro lavoro spiccava su tutti gli altri per la minuziosa attenzione nella fabbricazione delle armi.

Negli anni i materiali lavorati dalla bottega erano diventati sempre più pregiati, grazie ai territori ricchi di Rinnean, che il re faceva arrivare ai Favrin tramite le sue stesse armate.

Da tre anni però ricevere il Rinnean era diventato difficile, vista la guerra dichiarata dal regno a fianco le armate erano occupate a difendere i confini.

Quel giorno arrivò una grande partita di materiale -“il Re ha richiesto nuove armi”- disse la guardia mentre le altre scaricavo le carrozze colme -“riferite al re che in tre giorni riceverà tutto ciò di cui ha bisogno”- David con espressione fiera posò la mano sul mucchio di Rinnean grezzo di fianco a lui, il padre Robert Favrin, ormai pieno di rughe e con i capelli bianchi, lo rimproverò -“figliolo non promettere nulla in maniera così affrettata, non sai quanto lavoro abbiamo da fare”- nonostante il rimprovero del padre il giovane continuò a pavoneggiarsi con le guardie -“farò spade e lance così leggere che potrete maneggiarle senza sforzi, ma così resistenti da trafiggere qualsiasi armatura! Trafiggeranno anche la pietra!”- si fermò ad osservare il padre che fermo e autoritario come sempre gli lanciò uno sguardo di ammonizione e poi asserì riferendosi alle guardie -“è un giovane spavaldo, faremo del nostro meglio”- così una volta scaricate tutte le carrozze le guardie tornarono al vicino castello e i due iniziarono a lavorare.

Passarono tre giorni e due notti, riposando il minimo necessario e, grazie alle donne che vivevano lì, mangiavano in bottega; dalla morte della madre Gwenda, uccisa durante un attacco all’inizio della guerra, le madri e le mogli delle famiglie del regno avevano iniziato a prendersi cura dei due. La notte in cui donna Gwenda morì, così la chiamavano, il regno di Rutolas aveva mandato i soldati a saccheggiare il popolo; venne trovata esanime dal figlio, che ritornò a casa dalla bottega di corsa quando vide un uomo in armatura nera uscire da casa tenendo stretta tra le mani la collana d’oro che la madre potava sempre al collo, varcò la soglia e lei giaceva sul pavimento, gli occhi azzurri rivolti verso la porta, la pelle di porcellana gelida e i lunghi capelli biondi ormai zuppi di sangue le coprivano le spalle e il collo; in quel momento David, giovanissimo giurò vendetta, avrebbe vendicato la povera madre entrando nelle armate del Re Federik II.

Dopo tre anni erano lì, avevano finito di fabbricare le nuove armi, e dopo averle consegnate rientrò in bottega, il padre era tornato a casa sfinito per la grande fatica e per l’età ormai avanzata, David nonostante la forte stanchezza prese il bastone di legno, al quale aveva dato la forma di una spada e iniziò ad allenarsi, si era ripromesso di diventare il miglior guerriero dell’armata così tutte le notti imbracciava la sua finta spada e combatteva con finti nemici; il padre non gli aveva mai permesso di creare la sua spada di Rinnean o di atri materiali presenti in bottega, nessuno della famiglia Favrin aveva accesso alle armi, specialmente lui, unico figlio maschio al quale sarebbe stata lasciata l’attività, non avrebbe mai potuto lasciare il suo posto ad altri, visto il segreto di famiglia per la lavorazione dei materiali.

Proprio mentre il giovane combatteva guerre immaginarie, dalla finestrella, sopra al banco da lavoro, vide i cavalieri di Wuela partire per i confini in sella ai loro cavalli, il rumore della armature risuonava in tutto il regno, le spade riflettevano la luce del lieve sole nelle parti non coperte dalle fodere in cuoio; in quel momento David rimase incantato, sognando ad occhi aperti il giorno in cui anche lui avrebbe attraversato le strade della contea in groppa al suo cavallo pronto a vendicare la madre.

I suoi sogni vennero interrotti da un bagliore proveniente dalla sua destra, in un angolino seminascosto c’era qualcosa di somigliante al Rinnean ma che non aveva il colore bianco perla tipico delle armi che ne venivano prodotte, questo era stranamente azzurro, ma ne riconobbe le striature del Rinnean grezzo; prese tra le mani quel sasso e in quel momento fu sopraffatto da un’idea, lo nascose per tenerlo lontano dagli occhi del padre e decise di tornare la notte per fabbricare la sua spada per poi andare a chiedere al Re di unirsi ai suoi cavalieri.

Di notte accese un piccolo cero e iniziò a fondere e lavorare il Rinnean, e dopo qualche ora di lavoro, la spada più bella, più leggera e più affilata mai creata dal giovane era tra le sue mani; quasi immediatamente iniziò a farla girare con abilità, lui stesso rimase scioccato di quanto fosse bravo in quel momento, mai aveva pensato di riuscire a brandire in quel modo un’arma; così ancora per ore continuò ad usare la spada come mai prima, convincendosi che quel Rinnean avesse qualcosa di speciale, forse di magico, e proprio per questo pensò di aver acquisito abilità speciali per via di quel materiale.

Corse al castello, con la spada nella fodera e con il povero padre ormai arreso e senza speranza per il giovane figlio che provava a chiamarlo a gran voce ma senza alcun risultato.

Una volta arrivato davanti al grande Re Federik II si inginocchiò e con voce ferma e a testa bassa dire -“sua altezza sono qui per chiederle accesso alle sue grandiose armate”- il Re lo guardò restando in silenzio per qualche istante, poi un sorriso si formò sul suo volto -“giovane Favrin conosci gli accordi con la tua famiglia, nessun Fabbro nella mia cavalleria”- David alzò la testa e guardò il viso del Re, i suoi occhi brillavano a causa della grande tristezza, così provò a mantenere un tono fermo -“la prego mio Re, mi metta alla prova”- il sovrano si alzò dal trono e avvicinandosi al giovane disse -“non posso permettere che l’unico successore dei Favrin muoia in battaglia, se questa guerra dovesse durare il popolo sarebbe in pericolo se i miei guerrieri non avessero le tue armi”- la mano del Re si posò sulla spalla del giovane -“torna a casa e riposa, tuo padre sarà preoccupato”- così venne congedato, si alzò e andò via con la testa china ma non arreso; mentre camminava per gli immensi corridoi del castello sentì delle persone parlare, così cercò di capire da dove provenissero le voci, si avvicinò ad una stanza con la porta aperta; tre uomini in armatura parlavano di cosa sarebbe accaduto il giorno dopo -“partiremo all’alba, in due ore saremo al confine, il cavaliere nero di Rutolas sta sterminando i nostri soldati”- gli occhi di David si illuminarono, e un bagliore di speranza lo fulminò, avrebbe preso parte alla missione, con o senza consenso.

Tornò in bottega e spostando una tenda trovò un’armatura impolverata, messa lì anni prima e mai data dal Re a causa di un problema, decise di utilizzare quella, somigliante alle armature degli altri soldati.

Così fu’ notte fonda e il giovane indossò l’armatura, prese la sua spada e corse verso la le stalle reali, dove tutti gli altri cavalieri si stavano preparando per partire; copiò gli altri mettendo la sella al cavallo passando totalmente inosservato; all’alba tutti montarono in sella e partirono alla volta dei confini sotto attacco del cavaliere in armatura nera, colui che aveva tolto la vita alla povera madre.

Per tutto il viaggio David non fece altro che pensare a quanto forte quella spada lo avesse reso e alla defunta madre, arrivarono al confine e ciò che si trovarono davanti fu incredibile, le armate di Rutolas avevano avuto la meglio e i soldati di Wuela erano quasi tutti morti; smontarono da cavallo e si avvicinarono agli accampamenti, due uomini uscirono da una tenda ormai quasi del tutto distrutta -“solo uno li ha uccisi tutti”- disse il più grande dei due -“è spietato e forte”- disse l’altro, in quel momento David ringraziò di avere quella spada magica con se, senza quella non sarebbe mai riuscito ad affrontarlo, così con supremazia e un tocco di presunzione asserì -“non è altro che mangimi per gli animali, lo ucciderò con le mie stese mani”- tutti risero e un uomo più anziano prese la parola -“giovane Favrin pensi non ti abbia riconosciuto?”- si avvicinò e gli strappo la spada dalla fodera -“torna a casa”- gli disse a pochi centimetri dal volto -“io non…”- non fece in tempo a finire che il giovane fu interrotto dal nitrito di un cavallo, eccolo lì, fiero e possente davanti a loro c’era il cavaliere dall’armatura nera; in soldati lo attaccarono e David rimase in disparte per poco, finché il cavaliere, dopo un furioso scontro, uccise tutti, appropriandosi poi della spada azzurra del giovane; rimase fermo a guardare come con agilità il misterioso uomo la sostituì alla sua e poi gli si avvicinò, tenendo la punta della spada verso di lui, provò ad indietreggiare con scarsi risultati poiché alle sue spalle vi era una grande roccia che lo fermò dal suo allontanarsi, il cavaliere continuò ad avvicinarsi finché David non sentì una lieve pressione sul petto; aspettava la morte, era consapevole che senza quella spada non sarebbe riuscito a vincere, una scarica gli attraversò il petto quando vide un altro fioretto a pochi metri da lui, scivolò svelto e riuscì ad afferrarlo, si alzò in fretta e lo puntò verso l’uomo in piedi davanti a lui. Solo quando iniziarono a scontrarsi il ragazzo si rese conto di non aver assorbito nessun potere speciale e di essere in grado da solo, senza l’aiuto di nulla di magico, ad affrontare il cavaliere nero, solo in quell’istante si accorse di valere più di quanto pensasse, si rese conto solo allora che era grazie alla fatica di quelle notti in cui, mentre tutti dormivano, lui sotto la luce della luna imparava ad imbracciare la sua spada di legno, quelle notti in cui tutto ciò a cui pensava era migliorare se stesso.

Combatterono a lungo una battaglia che sembrava persa, fin quando un altro gruppo di uomini armati di Wuela intervenì ed aiutò il giovane. Si fermarono quando la spada celeste, che fino a quel momento era in mano al cavaliere di Rutolas, cadde al suolo insieme al soldato; ci fu silenzio assordante per qualche secondo, fino a quando il giovane David sfinito cadde sulle sue ginocchia abbastando la testa -“non credevamo in te, ma tu, con la tua forte autostima, ci hai fatto cambiare idea”- il giovane alzò la testa guardando il soldato che aveva parlato, i suoi occhi si riempirono di lacrime -“oggi ho imparato una grande lezione”- sussurrò alzandosi -“non c’è bisogno di magia, solo credere in te stesso ti aiuterà nella vita, nessun potere e nessuna spada magica migliorerà ciò che sei, solo te stesso puoi aiutarti e migliorarti”- ”

-“allora? Hai capito la morale?”- mi chiese mio padre posandomi una mano sulla testa, strinsi gli occhi e feci cadere le ultime lacrime -“devo credere di più in me stessa”- lui mi sorrise e mi sollevò le coperte -“è ora di andare a dormire, buonanotte tesoro”- mi baciò la testa e uscì dalla stanza.

Ne feci tesoro tutta la vita di quell’insegnamento e spero anche voi.

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