Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Solo tre minuti” di Stefano Terrabuoni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Scese dal treno, percorse tutto il marciapiede e arrivò nell’atrio della stazione. Lì, Piero, per una manciata di secondi, pensò di aver sbagliato città. Sorrise. Mancava da quasi trent’anni e le stazioni, tutte le stazioni, non solo quella, non erano più come un tempo, fumose, color travertino sporco. Erano colorate, vivaci, piene di negozi.

Ne erano cambiate di cose in tutto quel tempo. Anche la fermata dell’autobus era cambiata. Non era più nel piazzale, ma bisognava attraversare il viale. La linea, però, era rimasta la stessa: 97 rosso!

Piero non fece nemmeno in tempo a rimuginare sui tempi passati. L’autobus arrivò appena raggiunse la fermata. Salì, prese posto sul sedile e si rilassò. C’era poca gente sull’autobus; era il mese di agosto di un’estate torrida e molta gente era scappata in un posto fresco.

«Fermata Saragozza – coincidenza con linea 7» annunciò l’altoparlante dell’autobus. Piero sorrise. Non c’erano allora tutte quelle comodità: l’altoparlante che annuncia la fermata, il sedile imbottito e colorato.

«Fermata Tangenziale» gracchiò l’altoparlante.

Piero si irrigidì. Fermata tangenziale. I suoi occhi si fecero lucidi. Tirò su col naso. Sentì una lacrima uscire dall’occhio destro. Si mise gli occhiali scuri per non farsi vedere, ma le lacrime aumentarono e cominciarono a scendere sulle gote. Si mise una mano sulla fronte e chinò un poco la testa per nascondere il pianto che non riusciva a fermare.

«Piazza Costituzione – coincidenza con linea 9 e 11».

Il pianto si era trasformato in un singhiozzare che Piero cercava di tenere sommesso. Per pudore, per non disturbare, per… non sapeva nemmeno lui perché. Completamente piegato su se stesso, non si era nemmeno accorto di una signora che si era seduta davanti a lui e che si stava preoccupando di quel pianto chiaramente disperato e disperatamente tenuto nascosto. La signora toccò delicatamente il ginocchio di Piero.

«Signore… Tutto bene? Posso aiutarla?»

Piero alzò un poco la testa. Cercò di asciugare la faccia con le mani.

«No, niente scusi…» disse. Si tirò su, si soffiò il naso. «Solo un ricordo…»

«Un brutto ricordo…» sottolineò la signora.

Piero osservò meglio la donna seduta davanti a lui. Era più giovane di lui, però non sapeva darle un’età, ma i suoi occhi emanavano una serenità inusuale.

Accennò un sorriso: «No, forse no: alla fine, credo sia un bel ricordo».

Anche la donna sorrise: «Meglio. Si può piangere anche per i bei ricordi!» esclamò.

«Sa, io sono venuto in questa città appena fatto il militare. Parliamo di trent’anni fa…» disse Piero, per dare una spiegazione a quella dolce signora che si era preoccupata per lui. «Avevo trovato un piccolo lavoro in un’officina. Pagavano poco, ma a quei tempi tutto andava bene.»

Piero prese un fazzoletto e si soffiò il naso.

«Dopo un paio di mesi trovai un lavoro migliore: era in fabbrica, ma fuori città. La sera prendevo prima il treno e poi questo autobus.»

«Questo? Proprio questo?» chiese la donna.

«Sì, proprio questo! Fa lo stesso percorso di allora. Il primo giorno che ho lavorato, sono salito sull’autobus che erano le dieci di sera. Mi sono seduto proprio qui a questo posto. Certo i sedili allora erano di legno…»

La donna rise: «Sì ora sono un po’ più comodi.»

«…e lì» riprese Piero indicando la signora «proprio lì dove è seduta lei, c’era un signore. Era vestito bene, non come me e gli altri sull’autobus che avevamo la tuta da lavoro. Teneva gli occhi chiusi e un bastone bianco in mano.»

«Era cieco!» esclamò lei sorpresa.

«Ha ragione: era cieco e due fermate dopo la stazione, l’autista si ferma, apre le porte e urla Fermata Tangenziale! Il signore si alza, con l’aiuto del bastone arriva alla porta e scende. L’autista chiude le porte e riparte.»

«Probabilmente il cieco si era messo d’accordo con l’autista.»

«Sicuramente. Il fatto è che poco dopo, mentre l’autobus ripartiva, ho visto come il cieco attraversava la tangenziale. Stava sulle strisce, ma le macchine correvano e lui agitava il suo bastone bianco. Non c’era un semaforo e la luce era pure poca. Io ho cominciato a urlare. Ma che fa? È matto? Così lo uccidono! Sono andato dall’autista perché volevo che facesse qualcosa. È un testone – mi ha risposto – Glielo abbiamo detto un sacco di volte, ma vuole fare così…»

«Forse voleva sentirsi autonomo…» disse la donna.

«Penso di sì. La sera dopo ritrovai il signore cieco seduto allo stesso posto. Arrivati alla fermata tangenziale, prima che scendesse, mi sono avvicinato e gli ho chiesto se volesse che lo accompagnassi»

«E lui?»

«E lui, mi ha risposto che così perdevo la corsa. Aveva ragione, così mi sono rivolto all’autista che ci stava osservando chiedendogli se mi avesse aspettato il tempo di fargli attraversare la tangenziale. Solo tre minuti dissi io. Va bene mi rispose lui, se gli altri sono d’accordo… Gli altri dissero tutti di sì. Lui scese e io con lui e lì accadde una cosa buffa. Non era abituato ad avere un aiuto per camminare e così, mentre io lo sostenevo per un braccio, lui ha cominciato a correre.»

Piero ride e anche la donna ride.

«A correre? Un cieco?»

«Sì, correva, non riuscivo a stargli appresso alla fine sono inciampato sul marciapiede ed è stato lui a tirarmi su. Mi ha ringraziato, è andato al portone e io sono tornato sull’autobus. Da quella sera la scena si è ripetuta tutte le sere dei giorni lavorativi.»

«Ma questo signore non aveva nessuno che lo aiutava?»

«Tutto quello che so l’ho appreso nei pochi minuti che stavamo insieme. Pillole della sua vita. Si chiamava Nicola e lavorava in un centralino all’altro capo della città. Viveva con la figlia adolescente che si chiamava Aloise che già dormiva quando lui arrivava a casa. Si vedevano solo la mattina. La moglie? Non pervenuta!»

«E questa storia quanto è andata avanti?» chiese lei.

«Mesi! Poi in autunno mi sono ammalato con la febbre alta; per una settimana non sono andato a lavorare. Da allora non l’ho più visto. Quando mi sono deciso a chiedere informazioni, mi hanno detto che nei giorni in cui non c’ero era sceso da solo e lo avevano investito…»

La signora si mette una mano alla bocca «Oddio! E allora…»

«Non lo so. Mi hanno detto che lo avevano portato in ospedale, mentre io dopo due settimane trovai lavoro in un’altra città e da allora, oggi, è la prima volta che torno qui; ecco perché…»

«Fermata Stalingrado.»

«Io scendo alla prossima» disse la donna alzandosi.

«Arrivederci e mi scusi se l’ho annoiata con i miei racconti»

«Si figuri! Mi ha fatto piacere ascoltarla. Lei è una persona molto buona!»

L’autobus si ferma e apre le porte.

«Buona? Ma se nemmeno mi conosce…»

La donna si volta: «…e invece sì! Io sono Aloise»

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