Premio Racconti nella Rete 2023 “Matilde” di Claudia Vazzoler
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023
L’ultima curva, il corpo curva a sua volta e si piega perfettamente, in modo armonico e fluido.
Solo in questo momento le sembra che la realtà circostante assuma una forma. Si ferma, prende fiato, illuminata dal riverbero dei cristalli di neve che le irradiano il volto, mentre dentro percepisce il vuoto.
Le ritorna in mente quella poesia imparata a scuola, come faceva? Ah sì: “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto a ogni gradino.” Ecco, ora si ricorda.
Montale ha dato il nome a una mancanza incolmabile, quella della morte.
Le hanno detto che il tempo sarebbe stato la miglior medicina, non le avevano detto che sarebbe stato una medicina così amara.
Qualcuno ha aggiunto che la morte fa parte della vita, dandole una pacca sulla spalla, altri hanno sussurrato “prima o poi amerai ancora e ti innamorerai nuovamente”, come se gli ingredienti per star bene si potessero acquistare al supermercato, come se lui potesse essere sostituibile.
Si guarda attorno e lo rivede in quel paesaggio, nel cielo, nella nivea nuvola multiforme, negli abeti ricolmi di neve, nel pino cembre, nel larice, nell’uccello che plana, nella candida neve, nel freddo pungente, nel raggio di sole, nella risata di un bambino, nell’aroma della cioccolata calda del rifugio, nei pendii che hanno sceso, almeno un milione di volte e ora che non c’è più è il vuoto a ogni discesa.
Con lui se ne era andato quel senso di protezione che non aveva più sperimentato.
Ora doveva cavarsela da sola, non c’era più Simone ad ascoltare le sue paure, a rassicurarla, a incoraggiarla.
La faceva sentire il centro del suo mondo, la persona più importante, quella per cui valesse la pena vivere, amare, soffrire, darsi fino all’ultimo respiro. Con lui se ne era andato il senso del tatto. Da quanto tempo non si faceva sfiorare e toccare da qualcuno? La temperatura gelida dell’aria sembra rinforzare i suoi pensieri, penetrando e invadendo ogni sua cellula.
Una morte improvvisa, secca, una lama che recide senza dare il tempo di prepararsi. Una falce che ha mietuto in modo immediato, dando al tutto il nome di “incidente”.
Il giorno prima “danzavano” sulla Piavac. La portava lì perché le diceva che quella pista le assomigliava: a differenza della Trametsch di Plose e della vicina Direttissima, presenta fin da subito un muro ripido e difficile, spesso con neve durissima. La più impegnativa.
Anche oggi è voluta entrare nella zona in ombra dalla quale si affaccia quel muro: le fa sempre impressione. Va affrontato senza pensarci. Una volta superato ve n’è un altro più breve e superato anche questo è scesa su un terreno mosso e modellato, le sembrava di volare aumentando la velocità tra i vari cambi di pendenza.
L’ultimo muro lo ha affrontato con cautela. La stanchezza sulle gambe si fa sentire.
Da quanto tempo è lì ferma persa nei suoi pensieri? Avverte le dita intirizzite dal freddo, nonostante i guanti tecnici. “Matilde che fai, non vieni?”, il silenzio interrotto da una voce amica, quella di Adriana.
In pochi secondi deve rientrare nella cosiddetta realtà, un mucchio di neve cade da un ramo appesantito producendo un suono ovattato.
Si dà una leggera spinta e riparte.