Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Ovaie secche” di Marianna Carlini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Era una giovane donna. Aveva scoperto di non poter avere figli.

Ma non soffriva. Non per la mancanza di un figlio, almeno.

Al momento della scoperta non ci pensava ancora, non ne stava cercando uno, come facevano tante sue coetanee. Lei doveva prima realizzarsi nel lavoro. Un figlio lo avrebbe fatto un po’ prima dei 40 anni.

Quindi non ne soffriva.

Ma una cosa, sì, le faceva male.

Quello che le causava un percepibile malessere era un sopraggiunto senso di impotenza. La mancanza improvvisa della sua libertà. L’impossibilità, ormai, di poter scegliere. Di essere lei a scegliere.

Non poteva più scegliere. Non poteva e basta.

Le sue ovaie, ormai “secche come quelle di una vecchia” (aveva detto un radiologo facendole un’ecografia), avevano deciso per lei.

Per esorcizzare il problema, ne parlava con tutti.

Soprattutto ne parlava con gli sconosciuti.

Era una specie di terapia. O forse un allenamento.

Parlarne con gli sconosciuti la aiutava infatti a dare forma ai pensieri e capire come parlarne a sé stessa e a prepararsi per essere capace un giorno di parlarne con le persone vicine senza che gli occhi si inondassero di lacrime.

Inoltre, in questo parlarne con gli sconosciuti, la coglieva talvolta un piacere un po’ perverso quando notava l’imbarazzo delle persone che, dopo averle chiesto se avesse figli, magari durante una riunione di lavoro, si sentivano rispondere “non posso averne”.

Non ne parlava appunto con le persone vicine. Un po’ per scelta. Ma anche perché le persone vicine non ne parlavano con lei.

Forse non volevano parlarne.

Non sapevano che dire.

Lei sembrava forte.

Finché un giorno, durante le vacanze di Natale, sola nella sua casa, davanti a un camino acceso, fuori solo grigio, scoppiò a piangere. Singhiozzava. Non piangeva in quel modo da anni. O forse non aveva mai pianto così prima di allora.

Un pianto di tristezza per le ovaie secche.

Un pianto di rabbia per la libertà sottratta.

Un pianto di vergogna per l’incapacità, ormai, di gioire ai lieti eventi altrui.

Il suo cane lo notò. Si avvicinò sollevandosi sulle zampe posteriori. E pose le zampe anteriori addosso a lei. Sulla poltrona. Le leccò il viso, asciugandole le lacrime.

Quasi che capisse il suo dolore.

Non ne avevano mai parlato.

Ma il suo cane la capiva.

Non aveva bisogno di parole per capirla.

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