Premio Racconti nella Rete 2023 “La sala d’aspetto” di Francesco Bagliani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Per quanto mi riguarda non credo possa esistere al mondo posto più sgradevole di una sala d’aspetto, quale ne sia stato, volta per volta, il motivo della mia frequentazione ho sempre provato un senso d’istintiva repulsione per il tempo passato in un tale luogo.
Esiste un detto, che peraltro condivido appieno, che recita: “ Sono le persone che fanno i posti e non viceversa”, ebbene questa regola universale non vale per le sale d’aspetto, allorquando entriamo in esse ne assumiamo noi stessi le sembianze, saprei riconoscerne tali espressioni del viso mischiate a mille altre, impegnate in qualsivoglia altra faccenda.
Immerso in queste considerazioni sono seduto su di una poltroncina in similpelle nera decisamente squallida, in attesa pure io del mio turno; fino a una decina d’anni fa le sale d’aspetto avevano se non altro la parziale consolazione delle riviste a disposizione , non che mediamente fossero interessanti, ma ricordo comunque quel briciolo di eccitazione che si provava nella speranza di trovarne una che potesse in qualche modo alleviare la tortura dell’attesa, speranza quasi sempre vana, in realtà di quei momenti mi è restato solo il ricordo della sensazione tattile della polvere da “carta usata” sulle dita.
Tutto questo appartiene ormai al passato, oggigiorno niente più riviste, le sale d’aspetto sono il regno incontrastato dei telefoni cellulari, ogni sventurato, curvo sullo schermo, sembra intento a non so quali indifferibili conversazioni scritte, scritte lo ribadisco, perché salvo rare eccezioni la parola è bandita, è oramai interdetta in tali luoghi.
A proposito, stranamente il mio telefono cellulare ha smesso di funzionare, deve essere stata colpa del temporale che si è testé abbattuto sulla città, ho ancora negli occhi il bianco accecante di un fulmine nelle vicinanze, “poco male” penso tra me e me, intanto devo comunque aspettare , mi guardo attorno e comincio a osservare con un briciolo di curiosità i miei compagni di sventura.
Quattro persone in tutto me compreso : una signora sulla sessantina, mia coetanea quindi, un anziano di sicuro almeno ottantenne ed un giovane massimo di 30 forse 35 anni che attira subito la mia attenzione, ha uno sguardo spento oserei dire ammalato, indossa una felpa di colore verde militare, che definire “vissuta” sa tanto di pietoso eufemismo, sulla mano destra si notano evidenti dei tatuaggi con delle lettere in stile gotico, ha in viso un brutto colorito grigiastro che rafforza la mia sensazione d’essere in presenza di una persona gravemente ammalata.
Distolgo lo sguardo, non vorrei essere sorpreso ad osservarlo con insistenza, inoltre mi dà un briciolo d’inquietudine il suo volto per cui preferisco cambiare l’oggetto delle mie speculazioni.
La signora: sicuramente benestante, borsa Hermes, scarpe decolté intonate alla stessa , gonna stretta longuette su giacca corta nera, sorrido tra me e me, ho appena descritto l’abbigliamento e non lei fisicamente, in effetti quello che si vede in primis è la sua ”armatura” non la persona, comunque sia ha ancora un bel fisico asciutto, ben tenuto, il viso è regolare i lineamenti fini, signorili direi , la moglie di un professionista o più probabilmente lei stessa una professionista affermata, mi dà l’idea di essere un avvocato.
Dopo alcuni sguardi però un altro particolare attira la mia attenzione, sono gli occhi: hanno lo stesso sguardo spento un poco perso nel vuoto, molto simile allo sguardo che avevo intravisto un attimo prima nel giovane tatuato, “che strano” penso , poi però rifletto è sicuramente colpa dell’attesa da sala d’aspetto che ammazzerebbe pure la vitalità di un toro e già, già.
Anche “il vecchietto” non ha l’aria propriamente felice, sembra come avvolto nel suo cappotto grigio, quasi immobile , il respiro appena percettibile, lui a differenza degli altri che appaiono vagamente smarriti, invece mi sembra assolutamente in linea con il contesto, sembra rassegnato all’attesa come se ne facesse parte da ormai lungo tempo, o meglio come se ne avesse accettato con consapevolezza ogni aspetto per quanto possa risultare sgradevole nel suo lungo attendere.
Immerso in questi pensieri, attendo con pazienza il mio turno, deve essere passata almeno una mezz’ora, guardo l’orologio sono le 15 30 , speriamo di passare presto, nel mentre però un pensiero mi attraversa il cervello, “un attimo adesso che ci penso non ricordo affatto chi è entrato per primo in sala d’aspetto, la signora? Il giovanotto, il vecchietto o io stesso? Possibile che non mi ricordi, eppure è proprio così , chi mai sarà entrato per primo? Per quanto mi sforzi di ricordare, niente da fare.
Sono tentato di chiedere lumi ai presenti, poi però il silenzio assoluto quasi tombale del luogo mi trattiene dal farlo, per ora nessuno ha detto una sola parola, anche i rumori di fondo che solitamente si insinuano dall’esterno sembrano svaniti, per cui mi rassegno ad attendere con pazienza ancora un poco, non nascondo peraltro il fatto di cominciare a provare una vaga sensazione d’angoscia indefinibile per tutta la situazione, c’è qualcosa in quel luogo , nelle persone, nel contesto forse, che intimamente mi disturba assai.
Quand’ecco all’improvviso sul muro alla mia destra si apre una porta, dalla mia posizione laterale e non frontale non posso distinguere la figura all’interno della porta stessa, per un breve istante vedo solamente un braccio, di una donna sicuramente, che fa un cenno, senza profferire parola, verso il vecchio, il quale si alza e lentamente si avvia, come ne attraversa la soglia, la porta si chiude senza alcun rumore percettibile.
Noto adesso per la prima volta come la stanza, strano non essermene accorto prima, abbia in sé un qualcosa d’indefinibile, tutte le pareti e il soffitto sono bianchi, assolutamente e totalmente bianchi , nessun quadro alle pareti , si fa molta fatica a distinguere lo stipite della porta appena apertasi, anch’essa innaturalmente bianca, non ci sono finestre , il pavimento al contrario è tutto nero sembra marmo, ma molto, molto nero.
Ragiono un poco, anche per tranquillizzarmi, sul fatto che almeno una persona è entrata, se anche sono l’ultimo direi che il tempo di attesa è di circa venti minuti ciascuno “saranno quasi le quattro” penso tra me e me , guardo l’ora e resto a bocca aperta 15,32 … “Non è possibile !! “ Non possono essere passati solo due minuti, guardo con attenzione le lancette, in effetti la lancetta dei secondi si muove, solo molto, molto lentamente , quasi impercettibile, che strano forse l’orologio si starà rompendo.
Sto cominciando un poco a preoccuparmi, qui sta succedendo qualcosa di innaturale, perché nessuno profferisce parola? Va bene non chiacchierare, ma qua è veramente troppo, guardo a lungo di proposito e con insistenza i miei compagni d’attesa, nessuno dei due però sembra notare il fatto, né tantomeno ricambiano il mio scrutare, hanno sempre lo stesso sguardo perso nel vuoto, dipinto sul volto.
Passano almeno 10 forse 15 minuti sono ormai deciso ad aprire bocca, a rompere finalmente questo dannato silenzio, quando improvvisamente si riapre la porta alla mia destra , ancora una volta non mi riesce di distinguere la figura all’interno della soglia, il giovane si alza va verso la porta non posso esimermi dal notare un’andatura a scatti , quasi fosse una sorta di tic, a guardarlo trasmette una sensazione di tremenda repulsione quasi fosse l’andatura di un sordido enorme insetto.
Prima che potessi alzarmi per vedere meglio , la porta come prima si è richiusa senza il minimo rumore, cerco di mantenermi calmo, un altro è entrato, guardo l’ora 15,34 altri due minuti come prima, si l’orologio si è guastato… Anzi con un brivido penso “ DEVE assolutamente essersi guastato”
Siamo restati in due adesso, la signora elegante ed io, ho un briciolo di esitazione, non vorrei che sembrasse che stia cercando di attaccare discorso, ci penso un poco ancora, le chiederò se è già stata qui in questo ambulatorio med… non finisco la frase, il mio cervello improvvisamente riceve come una doccia ghiacciata che mi stordisce, immediatamente dopo ogni pelo del corpo si rizza quasi con dolore, un’ assurda consapevolezza si impadronisce di me ; io non so che sala d’aspetto sia questa , l’anticamera di un medico, di un avvocato, di un ufficio o cos’altro…
Disperatamente con tutte le mie forze cerco di fare mente locale, inutile, non so dove sono, non so cosa ci sto a fare qua, e soprattutto non so chi o che cosa sto aspettando, eppure ci sono venuto io qui, nessuno mi ha obbligato, sono entrato io da quella porta, ma adesso non lo so più, provo il dolore fisico interiore dell’abbandono, della perdita di coscienza della propria identità, soprattutto ossessivamente vado ripetendo a me stesso, vanamente in cerca di una risposta che non arriva “Chi o cosa sto aspettando ?” “Chi o cosa sto aspettando ?” “Chi o cosa sto aspettando?”
Mi volto verso la signora, mi alzo in piedi, ogni pudore si è oramai dissolto come neve al sole, vorrei urlare, vorrei chiedere aiuto, ma forse a causa dell’angoscia che mi attanaglia non riesco ad emettere suono, eppure cerco di parlare, so cosa vorrei dire, solo che non ci riesco, sembro un pesce fuori che boccheggia in maniera surreale e grottesca.
Proprio nel momento in cui, totalmente afono, mi dibatto nella mia alienata disperazione, si apre nuovamente la porta, questa volta sono già in piedi, posso finalmente vedere al di là dello stipite, è una donna come pensavo, il vestito è completamente bianco, come se fosse una sorta di camice , forse una tunica, ha i capelli nerissimi quasi lucidi , si volta un attimo verso di me , gli occhi sono completamente neri , non si distingue l’iride dalla pupilla, il bianco quasi non esiste, non ho mai visto niente di simile in vita mia , mi fanno paura , una paura vera, tale da raggelare il sangue, sono come pietrificato.
La signora elegante mi passa a fianco per andare verso la porta, per la prima volta sembra vedermi, sembra accorgersi di me, si volta leggermente, sul suo viso appare come l’abbozzo di uno stentato sorriso, di compassione credo, poi passa oltre, la donna con gli occhi neri, per grazia di Dio, non mi guarda un’altra volta, sono certo che sarei potuto morire per il terrore folle che mi ispira, la porta, silenziosa, si richiude, con un muto singhiozzo, prostrato cado in ginocchio sul pavimento completamente nero.
Resto cosi immobile svariati minuti non so quanti, mi riprendo un poco, guardo l’orologio è passato quasi un minuto e mezzo del “suo” tempo, se tutto funziona come prima tra mezzo minuto si dovrebbe riaprire la porta , toccherà a me, sono preda di due sentimenti contrastanti, da un lato non vedo l’ora di abbandonare questo luogo senza colori, dipinto in un orrido, spaventoso bianco e nero, però ho paura , tanta, tanta paura non voglio rivedere quegli occhi neri e profondi come l’inferno, farò cosi quando la porta si aprirà terrò gli occhi bassi, si farò così, non la guarderò assolutamente in volto.
Guardo ossessivamente la lancetta dei secondi , si muove piu o meno con la stessa velocità con cui abitualmente si muove la lancetta dei minuti, adesso mancano 18 secondi, cerco di ricompattarmi , faticosamente mi alzo in piedi, tra me e me rifletto con disgusto misto a terrore come il nero del pavimento sia esattamente eguale agli occhi della donna aldilà della porta, adesso mancano 16 secondi, immobile attendo, 15 secondi poi 14 sono in panico, “a pelle” stento a tollerare questo silenzio che mi rimbomba nella testa, lo associo alla mia attuale mancanza di ricordo circa le ragioni della mia venuta in quel luogo, è il silenzio dei ricordi, ecco perche mi crea così angoscia, silenzio assoluto eguale a privazione, a mancanza, a oblio di coscienza.
Le lancette lente ma inesorabili continuano a muoversi, adesso mancano due secondi , poi uno, adesso tocca a me, adesso è il mio turno, fisso trepidante il punto in cui la porta si era aperta, che strano, quanto mi è difficile adesso individuare il punto esatto, il bianco innaturale delle pareti tende a sembrare un tutt’uno con la porta, ecco finalmente è l’ora !!
Due minuti più un secondo, più due, più tre… non accade nulla, la porta non si apre, anzi per quanto mi avvicini non riesco più a notare soluzione di continuità sul muro eppure la porta era proprio qua, in preda all’angoscia mi aggiro per la stanza, basta!! Vado via non mi importa chi o che cosa stavo aspettando, dov’è la porta di entrata come sono entrato potrò ben uscire o no ? La porta è introvabile adesso mi sento come un topo da esperimento chiuso in un’assurda scatola bianca e nera , il mio respiro si fa affannoso, chiedo aiuto gridando come un ossesso la mia claustrofobica disperazione , nulla da fare, non riesco ad udire il suono della mia stessa voce, sono come imprigionato in un surreale scatolone completamente privo di ogni suono , privo di ogni colore.
So chi sono, ma non so dove sono e perche sono lì, mi getto, sfinito, tremando come una foglia, sulla poltroncina in similpelle, passano, oscenamente lenti, altri 10 – 15 minuti del mio orologio, sono le 16,14, saranno passate almeno otto dieci ore vere da quando sono qua, noto una cosa con ulteriore smarrimento, non sento stimolo alcuno , né fame né sete, non provo la necessità di alcun bisogno corporale, non so cosa mi sta succedendo.
Resto immobile nel silenzio assoluto e nell’abbagliante bianco candore della stanza, per quanto tempo ? Direi per ore e ore ma come faccio a saperlo, osservo l’orologio al polso, 16.15 un solo minuto adesso è passato, l’orrore si somma ad orrore la lancetta dei secondi è praticamente immobile, dopo alcune ore con un’angoscia indicibile realizzo che adesso si sta muovendo non piu al tempo dei minuti ma alla lancetta delle ore.
Infinite ore passano, forse sono interi giorni, 16.19 16.30 16.54 17,22, 1755… Nella mia immobile disperazione ho perso ogni cognizione di tempo e di spazio, nessuna porta si è mai più aperta, sono immerso nel nulla eterno, un pensiero vagamente razionale attraversa la mia mente ormai chiaramente alienata, che sia proprio questo ciò che noi umani chiamiamo “Inferno” o forse la sua spaventosa anticamera ?
Niente fuochi, niente diavoli, niente mostruosità, solamente la totale deprivazione sensoriale di una porta aperta nel nulla, o meglio nell’ eterna attesa di una asettica e assurda sala d’aspetto …
Il mio terribile urlo, muto e senza suono alcuno, accompagna il manifestarsi di questo ultimo angosciante pensiero, poi chissa come, in un barlume di estrema lucida consapevolezza, ho improvvisamente davanti agli occhi l’immagine di un quadro molto famoso visto un’eternità di tempo fa, rappresentava solo l’urlo disperato di un volto indistinto, in un tramonto rosso sangue, cristallizzato nell’attimo del suo agghiacciante e immoto silenzio.
Pazzesco, incredibile, questo racconto ti trascina in un vortice di follia kafkiana coinvolgendo il lettore nell’angosciante attesa del protagonista. Complimenti!
Grazie mille … sono onorato