Premio Racconti nella Rete 2023 “La riserva” di Gianpaolo Antolini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Che da grande non avrebbe fatto il calciatore professionista, anche se gli sarebbe piaciuto moltissimo, lo aveva capito sin dagli anni delle elementari, quando all’oratorio era sempre fra gli ultimi a essere scelto per la partitella… e immancabilmente finiva in porta, da una parte o dall’altra, perché nessuno ci voleva mai andare.
Il fisico non lo aiutava. Fabio era bassino, rotondetto e tra i più impacciati con la palla tra i piedi: dava l’impressione di non sapere mai cosa farne… se tirare o crossare, se passarla o tenerla e i compagni lo beccavano di continuo.
Non era un problema di scarsità di idee o di personalità, il suo… era più che altro una questione di attitudini fisiche e di capacità coordinative: i piedi non riuscivano a eseguire bene e in fretta i compiti che il cervello assegnava loro. Lì in porta, almeno, nessuno gli diceva niente e lui si sentiva importante, anche se avrebbe preferito indossare la maglia numero nove, quella del centravanti, e non i guantoni e una casacca diversa da tutti gli altri.
A scuola però si prendeva le sue piccole rivincite. Quell’aria serafica, tranquilla con cui affrontava anche le situazioni più complicate piaceva a molti dei suoi compagni di classe, che si rivolgevano a lui per copiare i compiti all’inizio delle lezioni o per avere qualche dritta durante le verifiche. Oltre a ciò, la sua timidezza e la sua gentilezza finivano spesso per avere la meglio sull’esuberanza di alcuni di loro nell’accattivarsi le simpatie delle ragazze.
La sua carriera di giovane calciatore era stata avara di soddisfazioni. Nei Pulcini aveva cominciato da attaccante, ma l’avevano subito retrocesso a mediano frangiflutti. Idem negli Esordienti. L’allenatore dei Giovanissimi aveva provato a schierarlo sulla fascia, da difensore basso – dove si piazzano quelli meno dotati perché non facciano danni – ma anche lì gli esiti erano stati modesti. Negli Allievi aveva avuto una sola possibilità di poter rimanere nel gruppo: quella di fare il portiere di riserva… della riserva. E lui non si era perso d’animo e aveva accettato, convinto che prima o poi sarebbe arrivato anche il suo momento.
Seduto in panchina, Fabio fa un tifo del diavolo per i compagni impegnati sul campo. È la finale del Campionato provinciale Allievi. C’è tanta gente sulle gradinate e molti genitori, venuti a vedere e a incitare i loro figli. I suoi, però, non ci sono.
“Che ci vengo a fare? Tanto, non giochi mai!” gli aveva detto suo padre, quella mattina, prima di salire sul suo taxi e andare al lavoro.
“Magari stavolta Nello mi fa giocare qualche minuto, è l’ultima partita…”
“Sì… proprio nella finale, nell’incontro decisivo! Scordatelo!”
Fabio ci era rimasto male.
“Oggi sono sicuro che si vince!”
“Speriamo! Nello ci ha promesso di portarci tutti in pizzeria stasera, se ci riusciamo!” aveva risposto Simone, il secondo portiere, seduto accanto a lui.
“Io non ci verrò comunque, nel caso dovessimo farcela…”
“E perché?”
“Non ho mai giocato, non ho dato alcun contributo.”
“E allora, che centra? Anch’io ho giocato pochissimo. Però mi sento lo stesso parte del gruppo, uno della squadra.”
“Anche per me è così. Ma allenarsi due volte la settimana… e finire tutti i sabati in panchina non è ‘sta gran soddisfazione. E poi… Nello non mi vede proprio. Oggi non voleva neanche mettermi in lista. A volte penso che non si accorga nemmeno se sono presente o no agli allenamenti.”
“Nessuno può dirti niente su questo. Non sei mai mancato, a differenza di altri. Però Gianluca è più forte di noi… merita di giocare lui.”
“Non ho mai detto il contrario, Simone!”
La partita è alle fasi finali, ancora sullo 0-0, e succede il patatrac: c’è un cross in area di rigore, Gianluca esce per allontanare il pallone di pugno ma subisce una carica da un avversario e cade malamente a terra.
L’arbitro ferma il gioco. Nello e il massaggiatore entrano in campo e cercano di soccorrerlo, di rimetterlo in piedi. Passa qualche minuto, ma Gianluca stenta a rialzarsi, non ce la fa: ha dei giramenti di testa, fa fatica a respirare e sono costretti a sostituirlo. Dal campo l’allenatore urla al dirigente accompagnatore di far entrare Simone al posto suo.
“Dai Simo, è la tua occasione! – gli urla Fabio – fai vedere a Nello chi sei!”
Si danno un cinque e si abbracciano. Sono amici fin dalla scuola materna, sempre nella stessa classe, nello stesso banco. Mai uno screzio, un litigio, una discussione sopra le righe. Simone entra in campo, mentre Gianluca viene accompagnato negli spogliatoi.
Alla ripresa del gioco, la squadra di Fabio sfrutta un errore della difesa avversaria e passa in vantaggio. Tutti quelli della panchina entrano sul terreno di gioco e corrono a festeggiare l’autore della rete. Si vede che sono un gruppo affiatato, coeso. L’eccitazione è al massimo, anche fra i dirigenti.
I rivali però non demordono e reagiscono con decisione, riversandosi con forza in avanti. Manca poco alla fine dell’incontro quando Simone, in una spericolata quanto imprudente uscita, atterra poco dentro l’area uno dei loro attaccanti lanciato a rete. L’arbitro fischia il calcio di rigore e lo espelle, come da regolamento. Il fallo è netto, il provvedimento giusto. Sulle gradinate cala improvvisamente il silenzio.
Tutti si girano verso la panchina a guardare Fabio… il terzo portiere, la riserva della riserva, l’unico che non ha giocato neppure un minuto in tutto il campionato.
Nello toglie dal campo il suo centravanti e urla a Fabio di togliersi la tuta e di entrare: “Dai, forza… senza paura! Siamo nelle tue mani!”
“Ok mister!” risponde lui, con la calma olimpica che ha in classe quando viene interrogato.
I compagni in panchina lo incitano, gli fanno coraggio, idem quelli in campo. Fabio raggiunge di corsa la sua area di rigore e si mette in porta. Non ha potuto fare neanche un minimo di riscaldamento. Entrare così, a freddo, soprattutto per un portiere, non è il massimo della vita.
All’improvviso, dalle gradinate, una voce sovrasta tutte le altre: “Dai che glielo pari!”
Fabio la riconosce subito. Suo padre è lì, in mezzo agli altri genitori. È venuto a vederlo, nonostante gli avesse detto il contrario, quella mattina, prima di salire sul taxi e andare al lavoro.
Si concentra, guarda negli occhi chi calcerà il penalty, cercando di intuire dove piazzerà la palla. E fa una scelta, quella giusta: sta fermo, in mezzo alla porta, e riesce a deviare in corner il tiro centrale dell’avversario.
“Dio santo, l’ha parato!” urla l’allenatore, mettendosi le mani nei capelli.
I suoi compagni lo raggiungono urlando di gioia, lo sommergono di abbracci, di pacche sulle spalle. Sulle gradinate si scatena un coro: Fa-bio! Fa-bio! Suo padre è uno dei più agitati. Il calcio d’angolo battuto in fretta e furia dai rivali non gli crea problemi e poco dopo la partita finisce. Al fischio dell’arbitro Nello e Simone sono i primi a precipitarsi da lui.
“Bravo Fabio!”
“Grazie mister.”
“Sei stato grande! Mi hai tolto un peso!” gli urla Simone, stringendolo a sé.
“Ma no, è stata solo fortuna! Mi tremavano le gambe… poi ho sentito la voce di mio padre e mi sono gasato.”
Quest’ultimo, nel frattempo, è sceso dalle gradinate e si è piazzato di fronte alla porta d’ingresso degli spogliatoi, aggrappato alla rete di recinzione. Fabio lo vede e lo raggiunge.
“Grazie di essere venuto, papà.”
“Volevo farti una sorpresa! Ero sicuro che l’avresti parato! Bravo! Uno di questi giorni, però, devo dire due paroline al tuo allenatore…”
“No, no papà… lascia stare. Gianluca e Simone sono più bravi di me, è giusto che giochino loro.”
Non riesce a rispondere, a dirgli quanto sia orgoglioso di lui. Lo fa con un sorriso e gli occhi lucidi. Vorrebbe travolgere la rete, entrare e abbracciare forte quel figlio per cui ha fatto tanti sacrifici, ma che gli ha dato l’ennesima soddisfazione. Che non è quella di aver parato un calcio di rigore.
Nello è lì vicino e va loro incontro. È raggiante, non sta nella pelle. Ma quando è a un metro dalla rete cambia di colpo espressione, aggrottando le ciglia:
“Però Fabio, accidenti… non va mica bene così! È colpa tua se stasera dovrò pagare la pizza a tutti!”