Premio Racconti nella Rete 2023 “Anzi no…” di Rosa Pelle
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Finalmente una doccia… che meraviglia!
Più scorre l’acqua e più la nebbia nel cervello si dissolve, tutto ciò che è successo diventa un film, anzi no…
un racconto per denunciare, anzi no… per sdrammatizzare, anzi no… per ridere (la più efficace medicina per
tutti i mali).
In effetti la presentazione del libro del mio psicologo/amico/scrittore aveva seminato in me qualcosa che la
primavera ha fatto germogliare all’improvviso.
-Solo poche ore prima stavi lottando come un soldato durante un attacco nemico, che deve salvare la propria
pelle e quella di chi combatte la stessa battaglia. Eri finita in quell’ospedale che odiavi (e ne avevi validi
motivi) per farti togliere l’utero che ormai non era piu’ la culla per possibili miracoli ma solo una fonte di
dolore, ansie e preoccupazioni. Stavi lottando contro il dermatologo per essere dimessa. Ma cosa c’entra il
dermatologo con l’utero vi starete chiedendo. Nulla… appunto!-
Ma andiamo per ordine.
Un anno fa:
Ginecologo: “Quest’utero va levato e che Dio te la mandi buona.”
Io: “Il mio utero non si tocca vada al diavolo lei, la sua segretaria e chi l’ha resa cosi insensibile. Perchè c’è
modo e modo… che diamine!”
Ginecologo n° 2: “Proveremo insieme a salvare quest’utero.”
Io: “Ok, ce la metterò tutta se lei mi sta accanto e mi guida.”
Tutte le chances sono sul tavolo (insieme all’acqua x ingoiarle) ma falliscono miseramente. Anzi fanno più
danni della grandine su un campo di tulipani.
Operazione inevitabile.
Lista d’attesa (minimo 60 giorni)
Va bene, almeno ho il tempo di digerire questo pasto acido e di convincere la mia testa a limitarsi ai lati
positivi della vita senza utero. Sono tanti: il prezzo degli assorbenti è aumentato tanto (quasi quasi mi faccio
anche rimpicciolire lo stomaco per risparmiare sulla spesa alimentare e togliere un rene. Meno pipì=meno
acqua per lo scarico del wc e meno carta igienica. Poi vuoi mettere andare in piscina o al mare quando ti pare
e che dire di un ventre completamente piatto? Roba da fare invidia alle ventenni. Si però una donna senza
utero che donna è? E se succede qualcosa con l’anestesia? E se dopo il cervello decidesse che ormai come
donna sono spacciata?
-Però almeno sei in buone mani, ti segue un ginecologo bravissimo (dicono) che è il primario di un ospedale
che ti ispira fiducia dove ti opererà personalmente e ti seguirà anche dopo.-
Andrà tutto bene.
Mi squilla il telefono.
Io: “Pronto?”
Infermiera: “Le devo dire che il suo intervento è stato anticipato”
Io: “Perché?”
Infermiera: “Il dottore ha deciso così anzi ha anche cambiato ospedale…”
Io: “No rifiuto, in quell’ospedale ho giurato che se ci rimetto piede sarà perché mi portano all’obitorio e a 49
anni mi sembra prestino.”
Infermiera: “Sono stata incaricata di avvisarla non di farle una proposta. Non si può rifiutare.”
Panico…panico…panico!
Lista delle priorità visto che non c’è più tempo… compra quello che serve, organizza tutto sul lavoro e a
casa, rispondi a domande stupide e cattive dei conoscenti, ignora chi pensa di poterti aiutare e invece ti
toglie la terra da sotto i piedi, fai la preparazione per l’intestino dieta/digiuno/purga.
Quattro giorni dentro una lavatrice in centrifuga. Adesso capisco perché i calzini si spaiano, i pantaloni si
accorciano e i reggiseni si impigliano nel cestello nel disperato tentativo di aggrapparsi a qualcosa.
Arriva il giorno X.
Entrata in ospedale talmente stanca di pensare, di piangere, di organizzare, di dribblare i pensieri negativi che
ormai sei quasi anestetizzata.
Attesa, preparazione, personaggi che si muovono intorno a te che sembrano attori di un film, anche quella
sdraiata in quel letto con le ruote non sei te… stai solo guardando il film.
Riapri gli occhi: dolore acuto a tutto l’addome , freddo. Perché non sono morta? Ammazzatemi per favore!
Ma in mano hai qualcosa di caldo che stringe, ci rifletti un attimo e capisci che si tratta di un’altra mano, ti
sembra di conoscerla. Già, hai un figlio, ed è lì! Non puoi traumatizzarlo non saresti una buona madre.
Quindi non puoi permetterti di lamentarti, devi pensare a lui… come sempre. Ok. Fatto.
Non fai in tempo a capire che la tua corsa folle su questo pianeta deve continuare che mentre ti allacci la
prima scarpa arriva chi ti annoda i lacci senza un vero motivo.
Pazienza: correrai a piedi nudi. Non hai tempo per mettere le scarpe e neanche i calzini.
Infermiera: “Devo metterle la flebo.”
Io: “Non è mia”
Infermiera: “Insisto è sua”
IO: “Anch’io insisto non è per me. Controlli per favore”
Infermiera: “Ha ragione.”
Arriva la febbre, ci mancava anche quella… fa slittare la liberazione dalla gabbia che nella mia testa diventa
sempre più piccola e soffocante.
Certo che correre scalza e con la febbre non è il massimo ma non importa: posso farcela.
Blocco intestinale: lastre urgenti ma talmente urgenti da dover attendere oltre tre ore (quelli della chirurgia
non avevano avvertito quelli della radiologia, l’addetto alle lastre doveva fare l’aperitivo e dopo toccava alla
collega) con tutto il letto in un freddo corridoio, con la febbre, l’addome che sembra dover esplodere e ci si
mette anche la vescica.
Io: “Infermiera mi scappa la pipì”
Infermiera: “Il bagno è lì”
Io: “Rosa puoi farcela, almeno ti levi quel peso che preme proprio sotto il taglio enorme che tira da volersi
riaprire. Mi sono dimenticata di avvertire la testa che doveva collaborare… gira tutto e mi ritrovo sdraiata su
qualcosa di molto più scomodo del letto da dove ero partita. Però a mettermi su quella panca era stato un bel
fustacchione capitato lì per caso, perché anche da morta un bel becchino ha la sua importanza.”
Infermiera: “Ho fatto, la vengono a prendere per riportarla in reparto”
Altra ora di attesa. Durante la quale mi stavo organizzando per scendere e spingere da sola il letto, sarei
sicuramente arrivata in camera prima.
Vabbè sono sopravvissuta, anche a questo ora posso rilassarmi, anzi no…
Io: “Infermiere mi fa male il polso dove ho l’ago.”
Infermiere: “Ci pensa la collega domattina.”
Ore 8:00. Polso notevolmente peggiorato.
Io: “Infermiera quest’ago va tolto”
Infermiera: “Ci pensa la collega del pomeriggio”
Ore 16:00.
Io: “Infermiera il polso è paralizzato, livido e gonfio”
Infermiera: “Chi le ha messo quest’ago andrebbe arrestato”
Io: “…insieme a tutti i colleghi che non hanno riparato all’errore. Ma chi se ne frega, tanto il braccio era il
mio mica il loro.”
Mi sveglio. Ma cos’è questo dolore? Ahhh… il solito neo rompipalle che ogni tanto si infiamma.
Io: “Dottore mi fa dare qualcosa su questo neo che non mi permette di stare a letto nella posizione meno
dolorosa possibile?”
Dottore: “Certamente anzi richiedo anche la visita dermatologica”
Ma guarda te che colpo di fortuna! Ho trovato una mosca bianca in questo mucchio di m… scusate cibo per
mosche.
Alba del sesto giorno.
Dottore: “Lei è ginecologicamente guarita ma per le dimissioni dobbiamo aspettare la visita dermatologica.
Ma il collega ieri non c’era, oggi non può e domani non ci sarà… sa, è un festivo quindi se ne parla tra due
giorni.”
Io: “Vi firmo anche fogli in bianco ma voglio tornare a casa sana di mente, se sono ancora in tempo.”
Dopo un paio d’ore:
Io: “Infermiera allora esco?”
Infermiera: “Non lo so”
Dopo altre due ore…
Io: “Infermiera adesso lo sa?”
Infermiera: “Ancora no”
Un ora dopo:
IO: “Infermiera notizie?”
Infermiera: “Ormai è tardi se ne riparla tra due giorni.”
Tenetemi…tenetemi…tenet… BOOOOMMMMM!
E’ straripato il fiume che per sei giorni avevo cercato di tenere dentro il letto e adesso si salvi chi può!
Neanche nei miei giorni migliori ho parlato tanto, saltato giù dal letto che neanche gli atleti olimpici, per non
parlare delle camminate a passo svelto per sbollire ed evitare che ci scappasse il morto. Parte la strategia.
Sedia posizionata in modo da tenere sotto occhio il nemico, sguardi assassini a chiunque si trovi sulla
traiettoria indossando un camice, minacce di denunce sparate con il fuoco degli occhi.
Il nemico si è cagato addosso…riappare il ginecologo per firmare le dimissioni, l’addetto al trasporto umano
per portarmi a visita dal ginecologo e la dermatologa. Nooo…la dermatologa! Caspiterina ho fatto più
miracoli di Padre Pio.
Ovvìa giù.. direte. Tutto è bene quel che finisce bene.
Sono in macchina. Posso respirare, anzi no… attaccato al braccio ho ancora l’ago della flebo si sono
dimenticati di togliermelo. Eppure l’avevo detto diverse volte. Menomale almeno mi hanno fatto il
certificato per il lavoro anzi no… non è valido.
Ma quanto dura una doccia? Anzi a che velocità viaggia questo coso che abbiamo dentro la testa?
Bellissimo, struggente, drammatico, ilare, ironico, cinico: c’è tanto! In alcuni passaggi ci sentiamo lì con l’autore a tenergli la mano. Rileggendolo anche più volte, non perde la sua potenza narrativa. Complimenti!
Per me scrivere questo racconto è stata la terapia per superare un brutto momento ma sapere che a qualcuno piace mi fa felice come una bambina che prende un bel voto a scuola. Grazie di cuore Gian Marco Cellini
Racconto molto sentito, capace di cambiare registro e tono molto velocemente senza perdere efficacia. Narrazione tragicomica che fa molto pensare. Rosa, scrivere spesso è terapeutico, è vero. Complimenti!
Grazie mille Aurora Biagini
Complimenti! Davvero molto divertente, sagace, ben costruito con un ritmo serrato che fa venire voglia di andare avanti e anche oltre. Ho riso molto. Grazie. Brava.
Grazie mille Raffaella Gremigni per me è già un enorme soddisfazione che sia piaciuto a qualcuno. Non sono una scrittrice ma solo una persona che ha usato carta e penna per superare un momento difficile. Un saluto e grazie ancora .