Premio Racconti nella Rete 2023 “Vellutata di zucca” di Caterina Fiume
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023“Che profumo. Com’è che sei a casa a quest’ora?”
“Un collega mi ha chiesto di cambiare turno.”
“Dovresti farlo più spesso, così non mangerei ogni giorno roba pronta.”
“Potresti andare dalla nonna, la faresti felice.”
“Sempre i soliti discorsi…”
“Stasera non voglio litigare.”
“Come inizio non è male, papà.”
“Problemi a scuola? Sei strana.”
“Solita rottura di palle, a parte la foto di classe di fine anno. Figata pazzesca!”
“Che avete combinato stavolta? L’anno scorso per il costume da bagno vi siete beccati una nota.”
“Tre anni fa, papà. Ed eravamo ancora dei pivelli.”
“Prendimi il mestolo, per favore, e siediti che è pronto.”
“Abbiamo deciso di vestirci noi ragazze di rosso e i ragazzi di nero.”
“Non ci vedo niente di strano.”
“Sì, ma Luca Grilli… te lo ricordi?”
“Ah… quello…”
“Non ti sforzare… Era lei che ricordava i nomi di tutti i miei compagni. Insomma, quel paraculo si è messo parrucca e maglione rosso della madre e si è truccato. La prof di greco ci ha messo un po’ per capire chi fosse l’intrusa. Non ti dico il casino che è successo.”
“Certo che a volte mi sembrate degli idioti.”
“Sempre questa abitudine di parlare al plurale. Non credo di averti mai dato problemi… eppure.”
“Eppure che? Hai avuto un’educazione esemplare.”
“Sì, vabbè. Che c’è nella zuppiera?”
“Annusa senza scoprire, vediamo se indovini.”
“Ancora con questi indovinelli.”
“Da piccola ti piacevano.”
“Da piccola mi piaceva anche il gioco “verità o morte.”
“Ti allenava a essere sincera.”
“No, a essere stupida. Ho detto alla maestra che aveva i baffi.”
“Avevi sette anni.”
“Ma ieri ho detto ad Agnese che ha il culo a budino.”
“Stupida.”
“Appunto. Che c’è lì dentro?”
“Ta – ta! Vellutata di zucca.”
“Vellutata di zucca.”
“Beh, cos’è quella faccia?”
“Perché proprio la vellutata di zucca?”
“So che ti piace.”
“… quando la faceva lei.”
“Almeno assaggiala. Mi sono impegnato.”
“Che cazzo ti è venuto in mente.”
“Allora mangia il polpettone.”
“Perché la sera che l’hanno portata in clinica non c’eri?”
“Ancora con questa storia. Non possiamo mangiare tranquilli?”
“L’idea della zucca è stata tua.”
“Mi ero allontanato un attimo.”
“Avresti potuto salvarla.”
“Era troppo tardi. E poi non voleva essere salvata, da nessuno.”
“Perché dici così?”
“Era malata.”
“Non è vero. È che aveva tante cose in testa.”
“E ne faceva troppe.”
“Che male c’è? Era brava in tutto. Dipingeva, ballava, suonava il piano… e inventava anche le favole.”
“Quando stava bene.”
“Che vuoi dire?”
“Che tu non l’hai mai vista stare male, con te si controllava, si sforzava di sembrare felice. Non ho mai capito come ci riuscisse. Si alzava, ti preparava la colazione e quando uscivi si rimetteva a letto. E piangeva.”
“Io non l’ho mai vista piangere… Neanche quella mattina. Anzi, era contenta di partire con zia Carla, stava preparando le valigie…”
“Si chiamano anomali cambiamenti dell’umore. È così che funziona, te l’ho spiegato tante volte. È una patologia seria.”
“Tu parli come un manuale di psichiatria. Io la guardavo negli occhi, e non mi sembrava che fosse malata.”
“Se avessi saputo che la vellut…”
“Stamattina nel cassetto del comò ho trovato questo.”
“Ti sei messa a frugare?”
“Cercavo il suo maglione rosso, te lo ricordi? Volevo indossarlo per la foto di classe.”
“Ah sì, quello di cachemire che le avevo regalato a Natale.”
“Il biglietto era avvolto nel maglione.”
“Aveva la mania di infilare bigliettini ovunque. Una volta ne ho trovato uno arrotolato nel pollice di un guanto: le tue dita sono preziose.”
“Questo però non l’ha scritto lei.”
“Vediamo.”
“L’hai scritto tu, papà.”
“Ma chi se lo ricorda. Basta parlare, non ti fa bene, e poi si fredda tutto.”
“Dov’eri quando… è successo?”
“Ero in clinica, te l’ho già detto.”
“Quando siamo arrivate io e zia Carla l’avevano appena ricoverata e ci hanno detto che non eri di turno.”
“Devi aver capito male, ero uscito a prendere un caffè con un collega.”
“Stava bene quella mattina, com’è possibile che…”
“Tu non la conoscevi. Era difficile starle dietro, era sfiancante. Non ascoltava mai nessuno.”
“Avevi deciso di lasciarla, è così?”
“Non mi sembra il caso…”
“Papà!”
“Avevo accettato il trasferimento a Padova. Volevo cominciare una vita normale, senza il terrore di tornare a casa e trovarla in stato depressivo o maniacale. Una volta aveva ridipinto la parete della stanza da letto di blu. Da sola. Era sfinita, ma non la smetteva di parlare. E io avevo il turno di notte. Il giorno dopo non riusciva ad alzarsi dal letto. L’ho implorata di farsi curare, è sparita per due giorni. Tu avevi poco più di un anno. Mi sono talmente spaventato che non ci ho più provato.”
“L’avresti lasciata qui da sola?”
“Volevo che si ricoverasse in una clinica specializzata.”
“E io?”
“Ti avrei portata con me, a Padova.”
“Il viaggio a Parigi con zia Carla era una farsa…”
“L’avevo convinta che fosse la cosa giusta per tutti. Ma quando sono tornato a casa per portarla in clinica, si è chiusa in salotto a suonare. Ho provato a parlarle, l’ho scongiurata di venire fuori. Si è messa a cantare. Così le ho lasciato il biglietto sul tavolo e sono andato via. Che altro potevo fare?”
“Magari potevi provare a dirmi la verità. Non ero più una bambina! Mi hai raccontato solo cazzate!”
“Cosa avrebbe cambiato… la verità?”
“Forse avrei smesso di chiedermi perché. Ti sembra poco?”
“Era malata.”
“Smettila! Volevi scaricarla in una cazzo di clinica psichiatrica e allontanarla da me!”
“Calmati, per favore. Non è così.”
“Dimmi la verità. Ti prego.”
“Che altro vuoi che ti dica?”
“Avrei dovuto frugare prima nel suo cassetto, ma mi faceva impressione. Ce l’avevo con lei, l’ho pure odiata all’inizio, e poi ho pensato che fosse colpa mia.”
“Tu non c’entri.”
“Adesso lo so. Ho trovato anche questo in mezzo alla sua biancheria.”
“Che diavolo… fammi vedere.”
“E’ il nome di una donna, la conosci?”
“Non so chi sia.”
“Papà!”
“Una cena rovinata per una vellutata di zucca!”
“Una cena, dici?”
“Stai esagerando. Quei biglietti non significano niente.”
“È la tipa con cui mi avresti portato a Padova?”
“Cosa ti viene in mente…”
“Guardami, cazzo! E rispondimi!”
“Alla fine ho fatto come faceva lei, le ho lasciato un biglietto.”
“L’hai uccisa tu.”
“Lo sai che non è vero…”
“No, non lo so più.”
“Dove vai, aspetta. Almeno mangia qualcosa.”
“Hai ragione, papà, dimenticavo la vellutata di zucca.”
“E allora? Che te ne sembra?”
“Ci hai messo l’aglio.”
“Certo.”
“Lei ci metteva la cipolla. E non era malata.”
“Non ti piace perché c’è l’aglio o perché non l’ha fatta lei?
“Non ho più niente da dire.”
“Sono mesi che mi ignori, te ne stai chiusa in camera. Amore, per favore…”
“Non mi chiamare amore. Lei mi chiamava così!”
“Lo so, eravate un pezzo unico, e io non c’entravo niente.”
“Non c’eri mai, e non ci sei mai neanche adesso.”
“So io a cosa ho rinunciato per starti vicino.”
“A rifarti una vita con la tua amante, ora lo so.”
“Per anni non ho fatto neanche il marito, ho fatto la balia.”
“Perché non te ne sei andato?”
“Ti avrei persa, e poi non mi fidavo a lasciarti da sola con lei.”
“Vuoi farmi sentire in colpa?”
“No. Ho le mie colpe, ma se ho sbagliato, l’ho fatto in buona fede. Tua madre era una donna meravigliosa, con un’intelligenza brillante, ma era bipolare. E io ho il terrore che anche tu…”
“Anche tu, cosa? Papà!”
“Sei sempre rintanata nella tua stanza, a casa non porti mai nessuno, disegni fino a tardi, ci sono dei giorni che fai fatica ad alzarti. Guarda che lo so che a volte torni a letto e salti la scuola. Mi ha chiamato la preside.”
“Non ci posso credere. Ti rendi conto di quello che stai dicendo?
“Prima di tutto sono un medico e credo a ciò che vedo.”
“E la preside ti ha detto che ho la media del 9,8? O ti preoccupa anche questo?”
“No, ma…”
“Tu credi solo a te stesso. Pensi che dovremmo essere tutti come te, imperturbabili, peggio dei sassi. Non ti ho visto versare una lacrima, sei andato avanti come se niente fosse.
“Sei ingiusta!”
“Vuoi sapere davvero come sto? Io piango, piango tutti i giorni. E non perché sono malata, perché mi manca lei, il suo profumo, il modo che aveva di rendere luminosa la casa. E mi sento sola, e infelice. Come lo era lei tutte le volte che la ignoravi e le facevi credere che non valeva un cazzo! E adesso la descrivi come una donna meravigliosa? È per questo che ai convegni di medicina o alle cene con i colleghi non l’hai mai portata? Le altre mogli ci andavano.”
“Col pericolo che facesse qualche fesseria?”
“Ti vergognavi di lei…”
“Tu non puoi capire… lei è stata la parte migliore della mia vita… e anche la peggiore.”
“Cominci a dire la verità.”
“Non è facile, ci sono tante cose che…”
“Cosa vuoi da me?”
“Da te… niente.”
“La cena, la vellutata di zucca, il discorso sul mio stato di salute… Per favore, trattami da adulta e dimmi cosa vuoi.”
“Ti giuro che ho preparato la vellutata perché ero convinto che ti avrebbe fatto piacere.”
“Quanto mi conosci poco, papà.”
“Frequento una donna e…”
“E cosa?”
“Volevi che ti trattassi da adulta, no? Credo sia arrivato il momento che tu la conosca.”
“E’ quella del biglietto?”
“Che differenza fa se è lei o un’altra? È una persona a cui tengo.”
“Sei IL campione delle stronzate!”
“Sono sincero.”
“E in questi anni la sincerità in quale cassetto l’hai tenuta nascosta?”
“Cosa volevi che ti dicessi? Era prematuro…”
“Adesso invece è arrivato il momento.”
“Sono passati quasi tre anni.”
“Decidi tutto tu, come sempre. La mamma in clinica, tu a Padova con me e la persona a cui tieni.
Non funziona più così. Se e quando sarò pronta, lo deciderò io.”
“Non sempre potrai scegliere fra l’aglio e la cipolla, ma la vita dovrà andare avanti. Anche la tua.”
“Ho già scelto, papà. E adesso vado a prepararmi, stasera dormo da Laura.”
molto particolare e originale il racconto svelato solo dall’alternarsi dei dialoghi dei protagonisti, ritmo serrato e finale dal sapore forte ed indimenticabile. complimenti tra i più belli letti fino ad ora. il livello comunque è molto alto.
Rimane tutto sospeso. Il confronto è vivo, la richiesta è forte. Un padre e una figlia, una madre che non c’è più. Le mancanze dell’uno, le domande dell’altra che non avranno risposta. E poi? Una vellutata di zucca …
Terribile. Terribile. Sei bravissima…
La scelta stilistica di “ridurre” tutto il racconto ai soli dialoghi rende l’atmosfera stranamente claustrofobica. È come se il lettore si aspettasse da un momento all’altro uno stacco, una descrizione, una parte più propriamente narrativa e, non arrivando nulla di tutto ciò, si resta prigionieri nel botta e risposta. Come prigionieri sono i due interlocutori… Beh, insomma, questo è quello che ci ho visto io!
Bello, intenso, ben scritto, emozioni e sentimenti raccontati senza stucco. Brava!
E’ emozionante leggere i commenti, perché è emozionante pensare che qualcuno ha letto il tuo racconto. Grazie!
Davvero molto bello, ben scritto, tematica molto difficile da affrontare con le parole giuste. Complimenti!
Grazie Aurora Biagini!
Bravissima, mi piacerebbe leggere come andrà a finire.
A mio avviso dovresti continuare, sembra l’inizio di un romanzo e potrebbe prendere qualunque piega… la figlia potrebbe scoprire dell’altro, indagare sul conto del padre… potrebbero emergere verità inattese … grazie
Grazie Elvira Siringo, l’idea è proprio quella di un romanzo, vediamo.
Di una forza incredibile. I dialoghi serrati, potenti, riescono a farti vivere il dolore, l’amore, di una figlia, il disagio di un padre. Ben scritto. Complimenti.
Molto bello, originale ed efficace. Ad ogni battuta si innalza un muro tra i due protagonisti e il lettore non può far altro che arrampicarsi mattone dopo mattone con loro, non può staccarsi, può solo rimanere sospeso fino alla fine. Complimenti.
Raffaella e Salvatore i vostri commenti mi fanno sentire felice. Grazie!
È quel” botta e risposta” tra padre e figlia il vero protagonista del racconto.
Dialogo serrato, pungente, a tratti nervoso e spesso amaro. Complimenti per l’eleganza con cui hai evidenziato il rapporto conflittuale esistente tra le parti.
Racconto molto bello, tagliente, vero. Sembra di stare lì con i protagonisti, seduti come spettatori, ad ascoltare i dialoghi di una realtà pungente, sincera e crudele. Il padre sa cosa vuol dire fingere , la figlia sa cosa vuol dire sentire sulla pelle la fatica di crescere in quel gioco di amarezze e bugie. Bravissima l’ autrice a rendere tutto ciò in maniera reale e vividissima. Leggendolo si avverte il bisogno di capire cosa accadrà dopo.
A volte non basta scegliere. E questo, leggendo i dialoghi, sembra che l’ autrice lo sappia. Complimenti.
Grazie Rosanna, il tuo bellissimo commento, così preciso e lusinghiero, mi ha emozionata. Sei riuscita a cogliere l’essenza di un dialogo sofferto, basato su equilibrismi emotivi e bugie.
Grazie Antoniella, in particolare per il riferimento all’eleganza, è un aspetto a cui non avevo pensato e mi fa molto piacere.
Racconto con un coefficiente di difficoltà altissimo, la scelta di abolire qualsiasi forma di narrazione lo rende davvero unico. Sono stata letteralmente catturata dal ritmo concitato del dialogo. Come ha già detto qualcuno, potrebbe davvero essere un ottimo incipit per un libro! Complimenti.
Un racconto molto intenso. Hai scelto di far emergere i motivi di incomprensione fra un padre e una figlia in modo diretto, dal dialogo scaturito in un momento di vita quotidiana e banale come una cena a base di vellutata di zucchine. Se non che, alcune cose banali sono legate a ricordi fondamentali della vita e riportano a galla tutte le cose non dette.Emerge una sconfortante superficialità della figura paterna incapace di affrontare seriamente una situazione difficile come la malattia mentale della moglie e madre della ragazza, ma sarà davvero così o invece si trattava di una depressione legata alla incapacità di accettare un matrimonio ormai finito? E’ davvero un bel racconto che vedrei bene in una rappresentazione teatrale.
Grazie Francesca, mi fa piacere il tuo commento, affidare tutto ai dialoghi è stata una scelta precisa, per capire se il dialogo da solo potesse esprimere il senso del racconto.
Grazie per il bellissimo commento Anna Rosa, l’idea della rappresentazione teatrale è molto interessante.
Un dialogo potente che gronda emozioni, sono stato trascinato dal ritmo fino alla fine. Complimenti.
P.S.: comunque, secondo Artusi, la vellutata di zucca non richiede né aglio né cipolla.
Grazie Roberto, mi fa piacere che ti sia piaciuto. In merito alla cipolla, La cucina italiana la riporta insieme al porro. Nella mia ricetta funziona?
Il punto interrogativo è una faccina con sorriso