Premio Racconti nella Rete 2023 “Aspettando” di Massimo Ferri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Erano già le tre di notte. Aspettavo da quattro ore. Mi avevano attaccato addosso un adesivo verde e questo significava che non mi consideravano grave. Ero riuscito a farmi dare una coperta; me ne sarebbero servite due, ma pazienza. E pazienza anche che mi passassero davanti in tanti, ci mancherebbe altro: gente lorda di sangue, uomini che urlavano dal dolore, disperati portati in fretta dall’ambulanza. Mi guardavo attorno studiando gli altri verdi. La vecchia che sbraitava mi sembrava più un caso psichiatrico che da Pronto Soccorso; il vecchio zitto e supervestito nell’angolo per me era un barbone furbo; il ragazzino pallido sulla lettiga mi faceva impressione e speravo lo facessero entrare presto.
Poi finalmente fu il mio turno. Spiegai tutto al giovane medico: a letto presto, ma svegliato quasi subito da quel senso di oppressione al petto; no, niente dolore (ecco perché mi avevano classificato verde); e freddo; molto, molto freddo. Malvolentieri scopersi il torace per l’auscultazione. Il medico non la finiva più di provare e di qua e di là. Si fermò e mi guardò in faccia a lungo. Poi si voltò verso l’infermiere:
– ECG.
– Scusi, che cos’ho?
– Abbia pazienza. Anzi, aspetti un attimo.
Andò al telefono.
– Cardiologia? Sono Donini del Pronto Soccorso. Chi c’è di guardia? Ah, Guerzoni, bene; me lo mandi giù subito, per favore.
– Dotto’, che preparo un’ipodermica?
– Mh, no, non … non è il caso. Misuri la temperatura.
– E la pressione, dotto’?
– No, niente pressione. È pronto con l’ECG? Bene, cominci.
Arrivò Guerzoni, uno spilungone serio serio. Lui e Donini confabularono lontano da me; poi esaminarono il tracciato dell’elettrocardiogramma in diretta. Guerzoni mi fece fare un’ecocardiografia, mentre Donini era di nuovo al telefono, ma stavolta parlava piano e non sentivo. Presto però arrivarono altri medici. A turno mi auscultarono tutti. E tutti dopo mi guardavano in faccia straniti.
– Che facciamo?
– L’unica è chiamare Stefani.
– Eh? Vuoi tirar giù dal letto Stefani? Quello ti fulmina.
– No, ti strozza con le sue mani se non vede questo caso finch’è in tempo.
– Va bene, però lo chiami tu.
– OK, OK…
Non si fece più niente aspettando Stefani. Intanto affluiva un mucchio di camici bianchi. A quel che capivo c’erano anche l’ostetrico e il dentista di guardia. Finalmente entrò Stefani e tutti fecero mezzo passo indietro; non per metafora, per davvero. Parecchi intrusi sgattaiolarono via. Stefani mi si avvicinò imponente, l’alta fronte da membro del Mensa, lo sguardo intelligente ma gelido dietro occhiali azzurrini. Guerzoni gli porse l’ECG e lui diede un’occhiata rapidissima.
– E l’EEG?
– Ma professore, la macchina è su in Neurologia.
– E cosa aspettate a portarla giù? Ha le ruote, no?
Donini e Guerzoni si scontrarono per correre ad ubbidire. La macchina arrivò cigolando e subito mi trovai coi fili attaccati alla testa. Mi rimisero anche tutto l’apparato per l’elettrocardiogramma: Stefani voleva un monitoraggio continuo. Volle anche due videocamere su di me, ad angoli diversi.
Avviato anche l’elettroencefalogramma, mi decisi a parlare.
– Insomma, qualcuno mi vuol dire che cos’ho?
Imbarazzatissimo, ad un cenno di Stefani Guerzoni cominciò a farfugliare:
– Lei, vede, è in uno stato anomalo, la straordinaria riduzione della sua motilità cardiaca, l’ipotermia fuori scala, l’inaspettata attività cerebrale…
– Sostanzialmente lei è morto – tagliò corto Stefani.
– Morto? Ma … sono qua, parlo…
– Ho detto sostanzialmente, non tecnicamente. Formalmente lo sarà quando cesserà questa sua incredibile attività cerebrale, ma il suo cuore è fermo da almeno quattro ore. La sua temperatura corporea è già arrivata a 32.
– Ma che cosa dice! Col cuore fermo si muore sul colpo.
– Nei film. Ma nella realtà no; si può essere coscienti per diversi secondi. Certo, secondi, non ore.
Donini prese coraggio: – Qui ho sentito uno col cuore spaccato recitare una tale sfilza di bestemmie da far pari con gli ex-voto di San Luca!
Un altro spettatore si sovrappose: – Le teste mozzate, poi! Non parlano per ovvi motivi, ma alcune muovono gli occhi, fanno smorfie!
Con un’occhiata Stefani zittì tutti. S’informò se era stata fatta un’anamnesi accurata. Che farmaci assumevo? Stupefacenti? Operazioni? Meningiti?
Ormai Stefani non mi guardava neanche più; anzi: nessuno mi guardava più. Stefani approfittava per fare il professore: cosa poteva causare una simile persistenza di residua attività psicomotoria? Doveva esserci una forma marginale di ossigenazione ematica; da dove veniva? Fioccarono le ipotesi, nessuno voleva fare brutta figura.
– Capillarità; è l’unico fenomeno fisico che possa dar ragione…
– Ma no, è un’ipersollecitazione dell’ipotalamo; guardate come trema: questo garantisce un minimo…
– Scusate…
– Né l’una né l’altra. Un circolo residuo è garantito da spasmi splenici!
– Scusate!
– Spasmi splenici ed epatici, collega, perché…
– SCUSATE!
Zitti, finalmente. Ma dovevo proprio urlare?
– Scusate, ma che cosa si può fare?! Se la cosa è così grave, dovreste cercare di salvarmi!
Le mie parole causarono un evidente imbarazzo. Guerzoni tentò di spiegarmi:
– Vede, l’estensione delle aree necrotiche…
– Guardi l’ecocardiogramma: il suo cuore è ormai un mucchietto di carne – Questo era Stefani.
– Ma ho sentito dire che ci sono i defibrillatori…
– Ah! – quasi rideva, Stefani – La fibrillazione lei l’ha già finita d’un pezzo; anzi, dev’essere quella, che l’ha svegliato. Peccato, poteva finire tutto nel sonno.
– Ma allora? Voi … io cosa posso fare?
– Sa, può solo seguire l’evolversi del quadro…
– Aspettare che finisca; può solo fare questo – Stefani, naturalmente. – Signori, io fra quattro ore devo operare, quindi me ne torno a letto. Qua proseguite il monitoraggio e tanti saluti.
Pian piano se ne andarono uno dopo l’altro, confabulando come se io non ci fossi:
– Che culo che non sia andato al Maggiore!
– Sì, ma l’articolo chi lo firma? Anche quel coglione di Donini?
– Ci sei a tennis, sabato?
Rimasi con uno scoglionato specializzando; di medicina legale, mi disse. Doveva controllare strumenti e telecamere.
Aspettando.
Aspettando che finisse. Che finisse.
Mi è molto piaciuto il tuo racconto! Mi ha ricordato l’ironia di Achille Campanile. Complimenti!
Fantastico! Ho riso un sacco… Che poi a pensarci bene, può essere anche l’amaro ritratto della realtà. Ma io preferisco che sia un racconto surreale, è già bellissimo così.
Clelia, Simona, grazie!
Sono subito corso a leggere i vostri racconti. Il vostro apprezzamento è valso ancora di più.
Bello! Originale, bel ritmo, mi ha fatto ridere.
Grazie, Caterina. Ma la progressione di “Vellutata di zucca” è imbattibile.