Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Fantasma” di Nicoletta Ferace

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

“Ho riso, fino a tirar fuori le viscere.
Ne avevo bisogno, mi dico.
Non me lo ricordo più da quant’ è che non ridevo così.
Così, proprio così, un flusso liberatorio e violento di tossine che fuoriscivano senza controllo.
Sta succedendo a me?
Non è il momento giusto per ridere, eppure non ne posso fare a meno.
Ma dov’ era lui fino ad oggi?
Dove me l’ hanno nascosto?
Non era la risata benefica il punto,
verso cui sono sempre disposta, lo so.
Era l’ anima che mi veniva fuori e lui che la tirava via con facilità.
Che magia!
Che maestria.
Lo farà con tutte, senz’ altro.
Ma non era questo il punto.
Stava succedendo a me, ed ero certa che la cosa gli stesse provocando gioia.
Un’ emozione.
Un flusso e uno scambio.
Non solo mio né solo suo.
Quante volte accade che ci si diverta e quante che si stia bene con se stessi, facendo quel che si fa.
Quello era un incontro, invece.
Dovevo cercarlo, rivederlo.
Sapevo senza saperlo che voleva altrettanto.
Questi occhi, così belli, so che mi daranno il tormento, mi disse.
Ed è stato così, per un pò…”

Il racconto partecipava ad un concorso di scrittura, così facendo, forse, lo avrebbe trovato. E allora dovevo scrivere la verità, perché la verità vince sempre, anche quando perde, dicono.
Anche quando perde l’ anima?

“Ci vedemmo spesso, in un incastro perfetto e riluttante di corpi che chiedono pietà, in una simbiosi perfetta, menti in attesa di nutrimento,
con attese sue e rincorse mie,
per raggiungerlo e recuperare il passo.
Sono minuscola, faccio errori in continuazione, scambio i doveri per necessità, non so più chi sono e lui è costretto ad aspettare e aspettare, e spiegare senza sosta, con copiosa e magnanima cura, quello che perdo per strada. Ho l’ anima viva, recupero in fretta, avanzo, lascio cadere miseria e pezzi inutili, faccio pulizia.
E ancora sbaglio. Ma l’ anima lo sa e vede, recupera.
Lui è stanco, lo so.
Me lo dice.
E ancora insiste, ci riprova.
Mi da fiducia. Ma non è una concessione, come tra comandante e sottoposto.
È una fatica, per lui.
È una retrocessione per amore di quel luccichio che ha visto e gli da coraggio.
Coraggio ne ha da vendere.
Io no.
Ma non è una paura.
È una struttura, una tessitura in superficie di rete e collante. E ci ho perso tempo e sudore a tessere quella rete per tutti, anche quando nessuno me lo ha chiesto.
E lui lo sa.
Aspetta, paziente.
Resiste.
È rigoroso nella sua attesa.
Intransigente.
Deve amarmi e deve aver visto amore, per aspettare tanto, mi dico.
Altrimenti, non lo farebbe.
Il suo amor proprio gli imporrebbe di chiudere.
Sbaglio ancora, confondo, giustifico, mi prendo troppo sul serio in una serie di emergenze che non sono mai tali e mortifico la più grande : il mio bisogno di lui.
Bisogno che non è dipendenza, è amore per l’ altro che senza l’ altro sono, ma non sono quella me che voglio essere e che con lui sono.
Sono e basta.
È amore, lo so.
Glielo dico.
Non mi crede.
Non si fida.
Percepisce un sentimento forte ma non si fida delle mie parole.
E non perché dubiti che io possa desiderare altro, ma perché dubito io di me stessa.
Continuo ad anteporre un’altra me a me.
Gli sto facendo del male, mi dico.
Devo lasciarlo andare.
Voglio lui, con tutta me stessa. E lui lo sa, ma non faccio nulla che sia in linea con il mio amore.
Mi aspetta, mi aspetta ancora.
Intanto fiumi di suoni sensati, i suoi, pregni di digressioni i miei.
Ed è costretto ad ascoltare e ancora spiegare e spiegare.
Quanta fatica.
Decido che è l’ ultima volta che gli chiedo tanto.
Mi rivesto da eroina e martire, e vado via.
Ho perso lui e ho perso me, mi dico.
Non sono riuscita a stare al passo con la mia anima.
Che non smette di urlare da quando non ci sei.
Che non smette di parlare, di giorno e di notte.
Mi tiene sveglia.
Bussa e pulsa, continuamente. Irrompe e chiede, pretende e spinge, come faceva lui.
Devo essere in grado di ascoltarla, mi dico.
Glielo devo.
E me lo devo.
O sarà nascosta per sempre, ne ho paura.”

Il racconto termina. Chissà quanti passi avrà fatto la sua anima.
Chissà se ritrovando la mia, leggerà grazia o rassegnazione.

Premo il tasto invio!

Al mio Virgilio, traghettatore della mia anima.

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2 commenti »

  1. Una scrittura densa, emotivamente forte, un flusso di coscienza che si dona agli altri e si fa racconto. Grande capacità di auto analisi. Molto interessante su entrambi i piani: psicologico e narrativo. Bravissima Nicoletta. Nara per scrivere

  2. Che immensa emozione, leggere queste considerazioni. Grazie di cuore

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