Premio Racconti nella Rete 2023 “Milano da bere” di Marianna Monterosso
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Lucilla Merolla prendeva tutto seriamente e non rideva alle battute.
– È proprio una bimba saggia e giudiziosa – si complimentavano le maestre con sua madre, – però non capisce mai i sottintesi ed è difficile scherzare con lei.
Aveva i voti più alti della scuola e a nove anni aveva già letto 124 libri.
Per Lucilla le parole erano tutto: le usava come mattoni per costruire dimore principesche, le tingeva dei colori dei fiori di campo per adornare cieli nuvolosi, le gonfiava come mongolfiere per viaggiare fino in Australia a vedere canguri e koala da vicino, le scambiava di posto fino a ottenerne delle nuove di senso compiuto, e così trascorrere interi pomeriggi trastullandosi al suono di arpe di pera e rape, mentre sul divanetto del salotto s’ingozzava di lame di mela dolcissime, fino ad aver male alla pancia.
Un giorno però la maestra Carla le disse in faccia che non sapeva leggere cosa c’era sotto le parole.
– Maria ti ha detto che oggi sei “bruttina” coi codini, ma intendeva – e su questo “intendeva” la sua voce si fece più acuta e più dura – che sei “bellina”. Possibile che tu debba arrabbiarti per tutto?
Lucilla ci rimase molto male e si mise a piangere di nascosto nel bagno della scuola. Quando tornò a casa, si diresse decisa verso la libreria personale che le aveva costruito il nonno Giulio, per risolvere una volta per tutte la faccenda: si sforzò di guardare sotto ogni riga di ogni libro, perse gli occhi per ore, ma non riuscì a trovare nulla: non capiva cosa c’è da leggere sotto alle parole. “Che affermazione fasulla, ci sono soltanto altre parole sotto alle parole”, pensò tra sé e sé.
Allora prese la lente d’ingrandimento dalla borsa da cucito di sua madre, e cominciò ad analizzare, lettera per lettera, tutte le parole scritte che incontrava in casa.
“Bolletta luce mese di maggio”, aveva siglato suo padre su una busta bianca e grigia un po’ sdrucita, con una perfetta calligrafia da stenografo: avvicinò la lente e analizzò ogni circoletto dopo le vocali, ogni puntino sopra le i, ogni linea e curva sotto le g, ma non trovò che spazi bianchi, sotto a quella scritta, e qualche granello di polvere gialliccia depositata in superficie.
Cercò poi le firme dei pittori su ciascuno dei quadri che adornavano il grande corridoio accanto alla sala da pranzo, ma la lente non rilevò anomalie. “Forse è meglio cambiare genere di parole, qui sotto alla firma di zio Marco c’è solo altro colore ad olio verde, picchiettato bene come sul resto del prato”.
Si spostò in cucina, e cercando dentro alla credenza dei biscotti, venne investita dal profumo dei “brutti ma buoni” di nonna Gianna: “Ah ecco!”, si sorprese a pensare, “la maestra forse aveva ragione, se sono “bruttina” significa che sono buona come il profumo di burro e pasta frolla…”.
Le venne sott’occhio una scatola di latta rossa, nascosta dietro al barattolo della Nutella, c’era scritto in grassetto “Caramella Rossana” e subito sotto, di lato, “un amore di caramella”, a caratteri dorati. Avvicinò la lente alla R maiuscola e… Nulla! “Ecco, qui per esempio sotto a Rossana ci sta amore, ma cosa mai si può celare sotto ad amore? Un verme? Un’altra caramella? E poi perché associare la parola amore alla parola caramella? Non ci capisco niente…”.
Quella sera, Lucilla mangiò poco perché era stanchissima. Al momento della frutta, ascoltò la sigla del telegiornale proveniente dal salotto.
– Anna portami due bruscolini, ché tra poco comincia il film! – gridò suo padre con la sua voce rauca e pesante.
Il piatto restò pieno, e Lucilla, mentre lo guardava, apprese molte cose durante una pubblicità: “Sì, Milano, la città dell’amaro Ramazzotti… Milano generosa, che ti mangia e ti divora… Milano da bere!”
Mentre rimetteva al posto il suo taccuino preferito, e prima di sprofondare in un sonno senza parole, recitò esausta le sue preghierine: “Gesù ti prego, fai che stiamo tutti bene, e che non ci colpisca la peste del Manzoni qui a Milano, e che noi milanesi siamo tutte personcine brave e la nostra Milano sia sempre una città buona e sicura”.
Il mattino dopo, Lucilla era felice:
– Ho scoperto una cosa importante! disse a voce alta appena entrò in classe, tutti si girarono, perché la sua voce la conoscevano poco.
– Ecco maestra, questo è per te.
E appoggiò un foglietto ripiegato in due sulla cattedra.
La maestra lo lesse durante la ricreazione:
Cara maestra Carla,
sotto alle parole scritte c’è polvere ingiallita dal tempo e lo spazio bianco che ti fa respirare prima di leggere le altre. Inoltre, ci sono parole scritte che ci convincono che le parole nella riga di sopra possono essere bellissime come le parole nella riga di sotto, così la parola amore può diventare dorata come le caramelle.
Sotto alle parole parlate, invece, c’è la mia paura di essere mangiata da una città.
Nelle parole parlate ci sono dette tante stupidaggini, perché una città non può divorare gli umani, né si può bere. Inoltre, sotto alle parole parlate, c’è la saliva, che le fa cadere sul pavimento, quelle senza saliva invece volano dentro al fiato. Chi ha il fiato puzzolente come Maria, le fa crollare morte stecchite a terra.
A proposito, il vestito di Maria era proprio bruttino ieri, le stava d’incanto.
Cordiali saluti,
Lucilla Merolla (classe IV B)
Un racconto che va dritto al cuore delle cose. Nello stile essenziale restituisce lo sguardo infantile, le domande che non possono trovare risposta perché postulano un assunto comune che solo la presunzione può assumere come tale senza indagare se lo sia davvero. Restituisce con freschezza l’incomprensione che può incontrare una bimba autistica.
Bellissimo racconto. Ironico, intenso. Capace di raccontare in modo semplice, ma mai semplicistico l’autismo, ponendosi il difficile compito di cambiarne la narrazione.
Grazie a racconti come questo ci si rende facilmente conto di quanta strada tutt* dobbiamo fare per poter accogliere davvero le diversità di ciascun*, mettendoci di più in ascolto, non dando nulla per scontato. Mi ha commosso moltissimo che lo sforzo lo facesse la bambina e non gli adulti attorno a lei, ma allo stesso tempo il racconto in qualche modo è consolatorio perchè lo stile ironico e delicato lo rende tale.
Bellissimo racconto semplice, ironico che coglie la differenza tra due diversi modi di vedere le cose e di pensare!
Racconto bellissimo, letto tutto d’un fiato, ritrovandomi in tanti aspetti della protagonista, magistralmente descritta e mai scontata. Talmente bello che vorrei leggerlo ad alta voce per farlo sentire a tutti.
Bel racconto, essenziale e intenso. Il riscatto finale poi è’ meraviglioso, confortante.
Uno dei miei maestri di scrittura ha sempre detto che la scrittura creativa è un po’ come un incontro di boxe, il romanzo vince ai punti, mentre il racconto deve vincere per knock out. Ecco questo racconto riesce a stenderci. Ho apprezzato molto la ricerca genuina e appassionata della protagonista, così come il testo da lei scritto. Ci proponi una chiave di lettura che ci aiuta davvero a capire cosa c’è sotto le parole. Ed è una bella scoperta. Complimenti, mi è piaciuto molto.
Grazie per i vostri feedback. Sono felice che in questo racconto qualcun* si sia potuto riconoscere nelle caratteristiche della piccola protagonista, è sempre bello quando ci si sente rappresentate come persone neurodivergenti e spero che possa aiutare ad avvicinare le persone a un nuovo modo di vedere l’autismo, ma anche a far sì che attraverso la conoscenza di questa condizione, narrata in prima persona, si possa auspicare alla convivenza delle differenze nella società.
Delicato, bellissimo, semplice. Brava.
Ti auguro davvero di essere tra i vincitori!
Racconto molto delizioso, come una Rossana, che fa anche perdere il lettore nei ricordi mentre lo fa avvicinare ai pensieri della piccola che cerca di capire cosa significhi “leggere sotto alle parole”. Davvero molto bello e scritto bene, complimenti!
Bravissima! Mi è piaciuto molto come lo hai sviluppato. Complimenti
Un racconto delicato e potente allo stesso tempo. Complimenti davvero!