Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Babbo Natale” di Nicoletta Mauceri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Plot: ho accettato un lavoro come Babbo Natale in un grande magazzino durante le Feste, ma Babbo Natale non esiste

Chi non incontra almeno una volta nella vita Babbo Natale sul tram? Questo, mi dicevo, mentre fingevo di non cogliere lo sguardo ironico di qualche passeggero che mi fissava inopportuno. 

Arrivato ai grandi magazzini mi diressi a quella che da una settimana era la mia postazione, costituita da una slitta con quattro tristi renne di peluche e un sediletto pronto per le foto. Il grande magazzino cominciò ad accogliere i clienti.  La barba attaccata con la colla cosmetica prudeva più del solito, dovevo avere esagerato, e la tentazione di staccarla di netto era grande. 

Una manina appiccicosa si era aggrappata alla parrucca e tirava senza pietà. La bambina, con la quale stavo facendo la foto ricordo, aveva appena finito di giocare con un marshmallow. Ridendo di gusto, mentre tirava impietosamente il posticcio, spruzzava intorno dalla bocca pezzetti spugnosi delle soffici caramelle. Più che una bambina, un lama. Cercavo di contrastarla temendo che potesse scoprire il mio cranio calvo e che questa visione potesse sconvolgere in futuro la sua vita adulta. Il sudore, frutto di tanta fatica e soprattutto dei faretti impietosi del grande magazzino, scendeva a rivoli impregnando la pelliccetta sintetica del costume. Erano richiesti pazienza, capacità di accoglienza e spirito di adattamento. Per campare ero rassegnato a tutto. La mocciosa non stava ferma e si sottraeva all’abbraccio. A nulla valevano le raccomandazioni della genitrice in evidente imbarazzo. Intanto altri spaventati bambini erano distratti dagli Elfi che avevano il compito di non farli scappare in attesa della foto con Babbo Natale. La situazione era monitorata dal direttore del grande magazzino che, con fare mellifluo, intratteneva i genitori dei bimbi frignanti e intanto teneva d’occhio noi sottoposti.

“Babbo Natale non ti porta i regali se non fai la brava. Vero Babbo Natale? Signor Elfo, lo dica anche lei che non avrà regali ma solo carbone?”, diceva la mamma della bambina.

“No, non è vero, siete bugiardi…”, diceva la bimba assestando dolorosi calcetti sulle mie tibie.

“Ma dai bambina vieni da Babbo Natale. Vedi, c’è anche l’Elfo. Facciamo una foto tutti insieme?”

“No, non voglio, ho detto… sei brutto, sei grasso e puzzi”, rispose la dolce piccolina, “E pure l’Elfo è brutto. E a me il carbone piace tanto”.

Quella foto rappresentava per i genitori il trofeo che poi col tempo sarebbe passato come “il meraviglioso ricordo di un meraviglioso Natale”. 

Si andò avanti così per tutta la mattina, i bambini si susseguirono nella confusione generale e così le loro bizze e i commenti degli adulti. Alle dodici era prevista una pausa di circa mezz’ora. Attraversai i magazzini sfavillanti di luci inseguito dalle canzoni natalizie riproposte di continuo dalla mattina. Uscii sul vicolo dietro il palazzo dove era l’entrata di servizio del negozio. Seduto sul muretto, al freddo, trovai un altro Babbo Natale, quello del magazzino di fronte nostro concorrente, con in mano un cappuccino da asporto. Aveva appoggiato sul muretto la campanella con la quale richiamava l’attenzione dei bambini. In volto, la rassegnazione. Mi potevo specchiare nei suoi costumi sgualciti e nei posticci spelacchiati. Un me con la pancia finta.

“Questa mattina quelle belvette e i loro genitori erano più antipatici del solito” disse mentre finiva il cappuccino. 

Gli offrii dei biscotti secchi con la farcitura di marmellata di fichi, il mio pranzo. Ne prese uno.

“Alla mia età non trovo più lavoro. La mia azienda ha chiuso dopo la pandemia”, disse, mentre divorava il biscotto.

“Dietro il Natale sorridente quanta miseria”.

Ci fumammo una sigaretta.

“Vorrei andare a Londra un giorno, anche se sembra più il sogno di un ragazzo”, disse il mio nuovo amico Babbo Natale mentre spegneva il mozzicone nel bicchierino del cappuccino. “Mi dicono che lì si trova ancora qualcosa anche se con la Brexit… E poi suono discretamente la chitarra e potrei unirmi ad un gruppo di amici”.

Si unirono a noi gli Elfi anche loro in pausa pranzo. Qualcuno ad un certo punto scattò una foto dello stravagante raduno, una foto che conservo ancora.

Terminata la pausa ci salutammo e tornammo al nostro impegno. La situazione, se possibile, era peggiorata. Complice la brutta stagione il grande magazzino si era riempito di gente alla ricerca di un qualsiasi svago al caldo. E che c’era di meglio di una bella foto con Santa Claus?

Poi arrivò quel ragazzino con la sua famiglia. L’adorabile monello iniziò a fare le bizze molto prima di arrivare allo sgabello della foto. Madre e padre lo tiravano per le braccia tanto che arrivato alla meta era quasi spogliato. Non ne voleva sapere. Puntava i piedi facendosi trascinare come un condannato al sacrificio. Non potevo biasimarlo.

“Babbo Natale, è vero che se Andrea farà la foto lei gli porterà tanti doni? E anche la cioccolata bianca che a lui piace tanto?”, diceva la mamma dell’amabile frugoletto.

“No, non è vero, lui non è Babbo Natale!”, rispondeva urlando il bambino.

“Perché dici così, Andrea, come non è Babbo Natale. Vero che lei è Babbo Natale e che è arrivato qui con le renne?”

“No, no, Babbo Natale non esiste! Non esiste!”, continuò il bambino battendo i piedi a terra. 

Lo scambio di battute andò avanti per un bel po’. Non mi lasciavano il tempo di rispondere. Non che gliene importasse nulla. La pelle sotto la barba ricominciò a prudermi. Potevo sentire le goccioline di sudore riprendere la loro corsa dal collo alla schiena.

“Signora, ma se il bambino non vuole…”, dissi timidamente.

“No, il bambino vuole e lei penso sia qui per questo, no? Allora faccia il suo lavoro e lo convinca”.

“No, no, non voglio fare la foto”, riprese a dire il piccolino.

“Signora, mi sembra chiaro che il bambino non vuole… lasciamo perdere. Io tra poco devo andare via…”.

“Allora io chiamo il Direttore” e la signora fece per cercare il direttore che nel frattempo stava dando istruzioni alle cassiere.

È in quel momento che qualcosa cambiò. 

“Senti bambino, ti dico un segreto”, dissi a voce alta.

“Non voglio fare la foto…”.

“No, niente foto”, continuai mentre mi strappavo barba, baffi e parrucca svelando la mia testa senza capelli.

“Mi chiamo Carlo. Hai ragione tu, Babbo Natale non esiste. E, aspetta, una cosa importante: la Befana è tua mamma”.

Il bimbo rimase prima interdetto poi riprese a urlare dicendo: “Mamma, mamma, il signore ha detto che tu sei la Befana!”.

Il direttore mi fece accompagnare alla porta dalla sicurezza. Lasciai il costume e nonostante il freddo tornai a casa in camicia. Nessuno sul tram mi fissò.

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3 commenti »

  1. Molto bello, mi è piaciuto molto, complimenti!

  2. Molto originale il finale! Il racconto scorre in modo piacevole, si avverte il divario di emozioni che attraversano la mente del protagonista. Complimenti!

  3. Grazie, vi ringrazio molto per il vostro gentile commento

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