Premio Racconti nella Rete 2023 “Ci vuole un fisico bestiale” di Gianpietro Galli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Entrò nella palestra una sera d’inverno. All’ingresso si guardò in giro con lo sguardo tipico di chi vestito da Pulcinella si ritrova alla festa aziendale dove tutti indossano lo smoking. Luca al bancone vide un ragazzo che gli ricordò subito il pupazzo del Big Jim ricevuto in regalo un Natale ed al suo fianco una bionda stratosferica che assomigliava a Barbie. Si avvicinò e salutò. Big Jim sorrise, di un sorriso che gli diede subito la sensazione che possedesse un quoziente intellettivo vicino allo zero assoluto. La ragazza rispose al saluto e chiese cosa desiderasse. Resistendo alla tentazione di dire che avrebbe preferito essere da tutt’altra parte domandò cosa avrebbe dovuto fare per iscriversi.
“Deve solo compilare questo modulo e scegliere, tra le tante proposte della nostra palestra, quella che preferisce.” disse Barbie.
Prese il modulo e la penna a forma di piccolo bilanciere del peso di un paio di chili e compilò tutto quello che gli veniva richiesto. Alla fine, con la mano e il polso indolenziti dalla penna, diede il modulo a Big Jim. Questi doveva solo mettere delle crocette su alcune caselline riservate alla direzione, un compito di una semplicità disarmante, ma che lo fece sudare copiosamente. Alla fine aveva sia i muscoli perfettamente scolpiti che la canottiera perfettamente aderente bagnati, come se fosse caduto dentro ad una piscina. Osservò il modulo ed il sorriso, che gli comparve sul viso adesso, gli ricordò quello di un bambino delle elementari soddisfatto per i complimenti ricevuti dalla sua maestra per essere riuscito a fare le sue prime aste sul quaderno a quadretti grossi.
Luca pagò la quota per sei mesi e ricevette un pass da appendere al collo che gli avrebbe consentito di usufruire di tutti i servizi della struttura.
“Luca, tutto lo staff della palestra ‘In Corpore Sano’ ti dà il benvenuto. Vedrai che qui da noi ti troverai bene. Sarai seguito in ogni momento da un nostro istruttore e ti assicuro che in poco tempo modelleremo quel tuo corpo rachitico, mingherlino, deprimente senza la benché minima traccia di un qualsiasi muscolo, in un corpo atletico. Buon divertimento.” disse Barbie.
“Laurea ad Oxford o Cambridge, sicuramente” pensò Luca in merito alla classe dimostrata dalla ragazza. Distratto andò a sbattere contro a quello che in un primo momento credette essere un armadio a tre ante: scoprì che era uno degli istruttori. Di sottofondo udiva un rumore ovattato di musica house. Come aprì il portone d’ingresso alla palestra vera e propria fu investito da un muro di watt che avrebbe mandato in frantumi la vetrina blindata della gioielleria di Cartier. Ma la cosa che lo colpì maggiormente e lo fece quasi svenire fu una spaventosa ventata di olezzo nauseabondo, un misto tra una mandria di mufloni bagnati chiusi dentro ad una sauna svedese ed a quello di un peschereccio carico di sgombri rimasto bloccato una settimana ad agosto in mezzo al mediterraneo per un guasto al motore. Riavutosi dallo shock olfattivo si guardò in giro e vide cose che voi umani non potreste immaginarvi… Si era quasi pentito di essersi imbarcato in quella assurda impresa per avere un fisico bestiale, quando gli passò sotto al naso l’istruttrice di spinning: la visione di quella microscopica tutina aderente con all’interno una versione in carne ed ossa di una statua femminile greca gli fece cambiare idea, facendogli scordare tutte le precedenti maledizioni verso Luca Carboni. Cercò lo spogliatoio. Per sbaglio entrò in quello femminile, e qui vide cose che voi umani non potreste nemmeno immaginarvi. Dopodiché entrò in quello riservato agli uomini, e qui vide cose che voi umani sarebbe meglio non vedeste mai. Indossò il più in fretta possibile l’abbigliamento sportivo non tanto per la vergogna a mostrare il suo fisichino rachitico, ma per uscire da quel locale dove la puzza di Levriero Afgano bagnato si mischiava a quello di decine di bagnoschiuma diversi creando un mix letale degno di finire nell’elenco delle armi chimiche del trattato di Parigi. Prima di uscire dallo spogliatoio si vide riflesso in uno degli specchi e si fermò un istante a guardarsi: in effetti notò che Barbie all’ingresso non aveva tutti i torti nel sottolineare il suo scarsissimo appeal muscolare. Nel mentre che faceva queste considerazioni estetiche vide passare dietro uno dei clienti della palestra che lo guardò e scosse la testa sorridendo. Infastidito Luca allungò una gamba, appena appena, giusto quel tanto per far inciampare la sottospecie di Hulk Hogan che rovinò a terra, ed essendo appena uscito dalla doccia con indosso solo l’asciugamano intorno alla vita, cadeva sulle piastrelle facendo un rumore simile a quello di uno straccio inzuppato sbattuto con violenza sul pavimento. Uscì gratificato nell’animo ed iniziò a girare per il locale. Non aveva la benché minima idea di cosa fare e da dove iniziare questa nuova avventura. Si fermò a guardare un ragazzo che si allenava disteso su di una panca sollevando dei bilancieri. Sembrava non facesse il minimo sforzo, eppure si capiva benissimo che i bilancieri pesavano. Dopo un po’ questi si alzò, si sedette e asciugandosi si presentò e gli chiese se era un nuovo iscritto. Scambiarono un po’ di chiacchiere ed infine il ragazzo, che Luca trovò simpatico, domandò se voleva provare l’attrezzo. Si distese ascoltando con attenzione quello che gli stava spiegando.
Gli mise dei dischi leggeri, stile ospedale geriatrico riabilitativo, per non correre rischi. Passarono due belle ragazze che si scambiarono un’occhiata divertita osservando la scena. Luca fece i suoi primi sollevamenti tremando per lo sforzo come se si fosse trovato nudo al circolo Polare Artico. Ma dopo un po’ di volte prese dimestichezza con l’attrezzo gestendo meglio i movimenti e si sciolse riuscendo a non apparire ridicolo. Il ragazzo disse che doveva andare a fare altri esercizi ma che sarebbe rimasto nei paraggi nel caso avesse avuto bisogno di aiuto o consigli. Si salutarono stringendosi le mani sudaticce. Esaltato da quell’iniziale, confortante risultato, fece il primo errore della serata: mise sul bilanciere dei dischi eccessivamente pesanti illudendosi di potercela fare. L’illusione durò il tempo del primo sollevamento perché già al secondo si era pentito amaramente della scelta, ma non voleva rinunciare. Al terzo sollevamento iniziò a vedere puntini blu cobalto danzare vorticosamente dinanzi agli occhi. Al quarto gli si ovattarono i padiglioni auricolari. Al quinto, bolla di moccio dal naso. Al sesto vide navi da combattimento in fiamme al largo di Orione. Al settimo emise un urlo simile a quello di un tacchino mentre viene strangolato per essere cucinato il giorno del Ringraziamento. All’ottavo non ce la fece più e crollò: le braccia cedettero e il bilanciere se lo ritrovò sul petto. Il ragazzo conosciuto prima corse ad aiutarlo a uscire dall’imbarazzante situazione. Tutti in palestra erano presi dai loro esercizi e nessuno notò nulla.
“Hai fatto il classico errore dei principianti: ti sei fatto prendere dall’entusiasmo e hai esagerato. Non ti preoccupare capita quando si è all’inizio. Tutto a posto, comunque?” gli domandò.
A gesti, perché al momento stava cercando di riprendere a respirare correttamente ed aveva momentaneamente perso l’uso della parola, Luca rispose di si e lo ringraziò per l’aiuto.
“Di nulla, figurati. Se hai bisogno non ti fare scrupoli a chiamarmi.” e se ne andò.
Rimase seduto sulla panca massaggiandosi il petto: aveva come la sensazione di essere stato investito sui binari del treno dal Frecciarossa. Si sentiva le braccia come quelle di Pinocchio prima che questi prendesse vita: ed era solo al primo attrezzo. Si depresse. Attese ancora qualche minuto poi si obbligò ad alzarsi.
“Almeno le gambe sembrano a posto” pensò. Camminava lento osservando i clienti, ma soprattutto le clienti, della palestra. E gli tornò un po’ di buon umore. Si fermò incuriosito accanto ad un tappeto dove un gruppo di persone di varie età stavano giocando a tirarsi una palla leggermente più grossa del normale. Sembravano divertirsi. Uno di loro lo salutò e gli chiese se voleva aggregarsi. Perché no, si disse, in fin dei conti si trattava solo di passarsi un pallone. Il suo secondo errore della serata lo scoprì al primo dei passaggi: era una palla medica, di sicuro la più pesante presente nel locale. Gliela lanciò un tizio di circa mezz’età e un quarto, che probabilmente in lui vide il vecchio compagno delle elementari che gli rubava sempre la Girella all’ora della ricreazione: gli sembrò di afferrare al volo una di quelle enormi sfere di ferro attaccate alle gru che si utilizzano per abbattere i palazzi. In quel momento capì perché si chiamano palle mediche: quando ti colpiscono hai bisogno di un dottore per curare le fratture. Rinunciò subito. Diede la palla al vicino che la lanciò ad una signora, in quel momento distratta perché intenta a sistemarsi la tuta, e la tramortì. Pensò che di quel passo il gruppo si sarebbe sterminato in meno di un’ora. Riprese a camminare per la palestra. Doveva assolutamente trovare qualcosa alla sua portata, anche se si stava rendendo conto che non era facile. Incuriosito si fermò accanto ai tapis roulant ed aspettò che se ne liberasse uno. Vi salì, diede una rapida occhiata ai vari pulsanti e premette avvio. Iniziò trotterellando e dopo aver adeguato la respirazione allo sforzo decise che era ora di aumentare il ritmo, anche perché fino a quel momento aveva tenuto un’andatura da ottantenne in riabilitazione dopo la sostituzione dell’anca. Percorsi un paio di chilometri si ritenne soddisfatto e si fermò sorridendo dimenticandosi di spegnere l’attrezzo: in un attimo si trovò sparato via dal tapis roulant e rovinò addosso ad una montagna sudaticcia di muscoli che si stava, con malcelato orgoglio, specchiando. Si profuse in mille scuse e fuggì via. Si ritrovò nelle vicinanze della zona spinning. Rivedendo l’istruttrice notata entrando in palestra non ci pensò nemmeno un istante: si fiondò sull’ultima cyclette libera anticipando, grazie ad una gomitata sul naso che avrebbe steso un lottatore di Sumo, un altro cliente che si stava per sedere. Urlando come un venditore di pesce al mercato di Mazzara del Vallo l’istruttrice diede il via alla lezione: come accompagnamento i Metallica a volume concerto. Tutti iniziarono a pedalare, sempre più vorticosamente. La lezione proseguì per una buona mezz’ora alla fine della quale si contarono due infartuati e tre in carenza di ossigeno. Luca si sentiva bene. Purtroppo, però, fece ancora un errore: incautamente si alzò di colpo dal sellino e le natiche, rimaste per il sudore incollate al cuoio, gli provocarono un dolore di una tale intensità che prima di svenire gli fece vedere in 3D tutta la via Lattea.
Riavutosi, saluto l’istruttrice di spinning: notò che anche lei odorava di cane morto bagnato, ma era talmente felice che glielo perdonò. Decise anche che per quella sera poteva bastare. Fece una doccia ad una temperatura vicina a quella del Sole che gli rilassò muscoli e parti doloranti del corpo che nemmeno sapeva di avere fino a quel giorno. Si vestì, salutò il ragazzo simpatico incontrato poco prima e si diedero appuntamento per i successivi giorni. Uscendo vide che al bancone all’ingresso era rimasta solo la Barbie, che rispose con un sorriso radioso al suo saluto. E mentre si avviava verso l’auto già pensava con entusiasmo alle prossime lezioni.
Simpatico ed ironico “reportage”!
Bravo…!