Premio Racconti nella Rete 2023 “L’oasi di Nurat” di Gerardo Marletto
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Tanti anni fa, nella piccola oasi di Nurat, in una delle zone più aride del deserto del Sinai, viveva un uomo di nome Abdallah. Era vedovo e padre di quattro figli: Nadine, Karim, Raouf e Yvette.
L’unico pensiero di Abdallah era fare in modo che i suoi quattro figli crescessero forti e sani. Era per questo motivo che per lui ogni alba non era altro che l’inizio di un nuovo giorno di lavoro che sarebbe durato fino al tramonto. Si dedicava al suo piccolo orto, alle poche capre col cui latte preparava un gustoso yogurt, ma soprattutto si occupava del pozzo. Con l’acqua del pozzo alimentava delle piccole cisterne dove si abbeveravano – a pagamento – i cammelli delle carovane di passaggio.
Ma un giorno, di colpo, tutto cambiò. Guardando verso il sole che sorgeva Abdallah fu preso da un irrefrenabile desiderio di partire, di viaggiare verso Oriente per visitare quei paesi lontani le cui bellezze venivano decantate la sera intorno al fuoco dai carovanieri di passaggio. La notte successiva Abdallah non dormì, dilaniato tra la voglia di partire – che lo faceva sentire leggero come se avesse le ali – e il senso di colpa che lo prendeva alla sola idea di abbandonare i suoi quattro figli. Un senso di colpa che lo schiacciava a terra, come se portasse sulle spalle una pesantissima incudine.
La mattina successiva chiamò i figli e disse loro che si accingeva a partire e che non sapeva quando sarebbe tornato. Alla notizia della sua prossima partenza i suoi figli restarono impietriti e così rimasero anche quando Abdallah infine si avviò, portando con sé un paio di cammelli che trasportavano le provviste per i primi giorni di viaggio e i piccioni viaggiatori che in tutti quegli anni Abdallah aveva addestrato.
Ogni settimana un piccione viaggiatore arrivava a Nurat portando una breve lettera di Abdallah per i suoi figli. Ogni settimana i quattro si riunivano per leggere quelle lettere e per piangere; piangevano la gioia di saperlo ancora vivo, piangevano il dolore di saperlo ancora lontano. E così, settimana dopo settimana, lettera dopo lettera, pianto dopo pianto, passarono gli anni, molti anni.
Finché un giorno arrivò l’ennesimo piccione viaggiatore che finalmente annunciava il prossimo rientro di Abdallah a Nurat, a casa, dai suoi figli. Quando Abdallah arrivò in prossimità di Nurat non credette ai propri occhi: quella che una volta era una piccola oasi circondata dall’arido deserto, era diventata una terra verde, lussureggiante, con piccoli corsi d’acqua, laghetti, orti, frutteti, palme, e campi coltivati a perdita d’occhio. Faticò a riconoscere in lontananza il suo vecchio pozzo e subito dopo intravide quattro figure che con passo sicuro gli stavano andando incontro; già da lontano capì che si trattava di due donne e due uomini, forti e sani. Quando ormai era molto vicino riconobbe nei loro occhi – e ancor di più nei loro sorrisi – i suoi quattro figli, che aveva lasciato ragazzi e che ora ritrovava adulti.
Passati i lunghi e commoventi momenti dei saluti, dei baci e degli abbracci, dei racconti, finalmente Abdallah riuscì a trovare il tempo per chiedere ai suoi figli come mai la loro piccola oasi si era così meravigliosamente trasformata. Fu Nadine – la più grande dei quattro – a raccontare che cosa era successo: “Quando ci siamo riuniti la prima volta per leggere la tua lettera abbiamo iniziato a piangere; abbiamo pianto per ore, fino a formare un piccolo laghetto nel punto preciso dove ci eravamo ritrovati. Nei giorni successivi intorno a quel laghetto iniziò a crescere un prato spontaneo, dove si intravedevano i primi germogli di tante piccole piantine. E fu così che decidemmo di spostarci ogni volta in un punto diverso per leggere le tue lettere e piangere. E ogni volta questo piccolo miracolo si è ripetuto. Settimana dopo settimana, lettera dopo lettera, pianto dopo pianto, questa terra che era brulla e arsa è diventata quel paradiso che ora hai davanti agli occhi”.
Incredulo e commosso Abdallah riuscì a pronunciare una sola stentata frase: “Ma allora… se io non fossi stato via per tutto questo tempo… qui ci sarebbe ancora solo deserto”. A quelle parole i cinque si abbracciarono e cominciarono a piangere, smettendo solo dopo diverse ore. In quel punto esatto è cresciuta la palma più alta di Nurat, che ancora oggi – dopo tanti anni – consente alle carovane di individuare l’oasi a chilometri di distanza.
Very good tears…!!!
🙂