Premio Racconti per Corti 2023 “Il colloquio” di Marco Tartaglione
Categoria: Premio Racconti per Corti 2023Nel suonare il campanello noto con sorpresa di avere il polpastrello leggermente sudato. Non mi capitava da un po’. Probabilmente perché di tutti quei precedenti incontri non mi era mai importato granché. Dopotutto ho studiato tanto nella mia vita, perché avrei dovuto essere entusiasta per dei posti come magazziniere o venditore porta a porta?
Oggi però no. Oggi ho finalmente trovato un ruolo in linea coi miei studi, i miei interessi, le mie capacità. Sono emozionato come non accadeva da tempo.
Mi passo distrattamente la mano sulla giacca per tamponare quel sudore. So già che dentro dovrò stringere mani in maniera energica per dimostrare fin da subito la mia fermezza. Qualcuno mi apre la porta, una ragazza molto bella e sensuale, ma dai modi un po’ troppo grevi per i miei gusti. Mi dice di accomodarmi con tono piuttosto scocciato. Ad un primo impatto quasi non faccio caso al suo outfit, che in un secondo momento mi si rivela in tutta la sua prorompenza: minigonna in pelle nera, camicetta trasparente da cui traspira un reggiseno color del sangue, tacchi a spillo stile “padrona severissima”.
Intanto mi rendo conto che la musica nella sala, in cui sto aspettando il mio turno, è assordante. Si tratta di un pezzo che adoravo quando anni addietro andavo in discoteca giù in Versilia. Che strano non essermene accorto subito.
Mentre Babylonia – Born Again rimbomba nelle casse appese alla parete, tento di resettare la prima impressione che ho avuto. Non delle migliori in effetti, ma magari questa azienda vuole dare proprio questa idea. Un ambiente giovane, fresco e fuori dai soliti schemi, anche se sembra di essere finiti più a una serata con Gianluca Vacchi al Pachanka di Formentera anziché a un colloquio di lavoro.
Finalmente tocca a me. “Eccone un altro, veloce dai che qua non abbiamo mica tempo da perdere con voi disoccupati… ah ah ah!”, nemmeno mi sono ancora seduto, che già vengo rimproverato da quello che sarebbe potuto diventare il mio futuro capo. Il tavolo, su cui ora sono appoggiato, è fastidiosamente appiccicoso. Ci sono lattine di birra e rimasugli di salatini stantii sparpagliati qua e là. Un olezzo amaro intasa la stanza, trasfigurando a poco a poco la mia euforia iniziale in un inaspettato sconforto.
Cerco ancora una volta di pensare positivo, nonostante la lista di cose scoraggianti continui ad allungarsi in maniera inesorabile. Pazienza.
Recito a memoria la filastrocca che ripeto ogni volta ad un colloquio: descrivo le mie esperienze, la mia formazione, le mie qualità, provando ad apparire, educato, sicuro, ironico e piacevole, ma anche creativo, determinato e volenteroso. Non è facile.
Dopo aver ascoltato con riluttanza la mia presentazione, l’uomo al di là di quel tavolo appiccicoso ripete la sua, di filastrocca, che già mi è capitato purtroppo di ascoltare troppe volte: “Allora, si tratta di un lavoro a tempo determinato, otto ore giornaliere, cinque giorni a settimana, sempre se non capitano emergenze nei weekend, e ti becchi 400 euro al mese. Tutto chiaro?”.
Non demordo: “Va bene, grazie. Ci sarebbe poi la possibilità di essere assunti a tempo indeterminato più avanti?”.
“Eh no caro, questo non possiamo assolutamente garantirlo! È già tanto quello che ti stiamo offrendo, ma si sa, voi neolaureati non avete voglia di fare un cazzo, solo pretese!”, sentenzia prontamente il benefattore che ho davanti, liquidandomi con una calda alitata al sapore di luppolo e generosità.
Quando torno a casa, i miei genitori mi aspettano speranzosi: “Allora, come è andata?”. Farfuglio qualcosa in modo sconsolato. Ormai non so nemmeno più che cosa raccontare, né a loro, né a me. Forse sbaglio io. O forse no. Forse sono sbagliati i tempi, forse la società. O forse sì, soltanto io. Delusione, incertezza, smarrimento, ansia, le solite stalattiti emotive che ogni volta si divertono a trafiggermi senza pietà.
Stasera anche più del solito, impaurendomi.
Dal buio della mia camera sento che la cena è pronta. Mi ridesto dal momentaneo torpore a cui mi ero distrattamente abbandonato, lanciando un’ultima occhiata al foglio della mia Laurea Magistrale che ho incorniciato sul muro. Mai avrei pensato che un giorno lo avrei guardato con tanto odio e disprezzo. Nessuna indecisione questa volta. Un balzo giù e via. Una rincuorante ondata di pace e serenità mi pervade l’animo ora. Niente più colloqui.
Si apre la porta e si assiste al colloquio, però riesco a immaginarlo come un corto solo a tratti.
Effettivamente è un po’ più lungo rispetto ad altri, però ci tenevo a soffermarmi su determinati dettagli. Grazie comunque per la lettura ed il commento Sonia!
Sono d’accordo con Sonia. Meriterebbe essere un racconto piuttosto che un corto. Molto intimista.
Marco, hai affrontato un tema importante. Grazie.
Grazie a te Riccardo per averlo letto e commentato!
Purtroppo è un’esperienza reale, che ho vissuto io stesso in prima persona: ho deciso di sfruttare questo concorso per raccontarla, trattandosi inoltre di un tema attuale..