Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Scappa Sara!” di Romina Zecchini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

“God save the queen. The fascist regime.

They made you a moron . A potential H bomb!” (canzone Sex Pistol)

 Vibrò a bomba la sveglia, il volume del telefono era così alto che avrebbe risuscitato un morto, ma era più che morta Sara.  Alla seconda strofa la mano cominciò lentamente a rimbalzare sul comodino come un peso senza vita, colpendo il telefono che cadde a terra. Un rumore sordo. 

“Ecco, ora non funzionerà più”.

Il sonno non l’aveva ancora abbandonata ma la curiosità dello stato del dispositivo le diede comunque il coraggio e la forza di mettersi seduta e sporgersi verso il pavimento. Allungò la mano ancora deformata dalla sensazione di paralisi corporea. Lo afferrò. Tutto a posto.

Schiacciò col palmo il tasto di accensione, erano le sei e dieci, poteva farcela. Fuori il sole non era ancora sorto, serviva accendere la luce della stanza per vedere qualcosa nell’oscurità. Si alzò dal letto e si girò in direzione della porta, l’interruttore della luce lampeggiava per indicarne la posizione sul muro, individuato doveva solo premerlo. Lo fece. Flash. I conati di vomito non si fecero attendere, la luce le dava fastidio quanto quella voce che la raggiungeva dal corridoio. Era un Trapano sordo che le perforava lentamente la tempia, non doveva ascoltare. L’oggetto salvifico era lì accanto, con il filo penzolante che attaccò subito al telefono, così si sistemò bene le cuffie e iniziò a sentire il corpo che scivolava lentamente sul pavimento freddo. Chiuse gli occhi. 

Due colpi forti. 

Doveva sbrigarsi, lo sapeva. Il Trapano era più vicino e sembrava inserirsi nella musica che proveniva dalle cuffie. Trattenne le parolacce, si alzò da terra e uscì dalla stanza diretta in bagno. 

Chiuse a chiave. Ancora colpi.

“Dio, devo uscire da qui”, guardò la finestra.

“Ora salto” le sembrò una buona idea, ancora un minuto e sarebbe esplosa.

“Porc, lo zaino!” Tornò indietro per recuperarlo e si trovò faccia a faccia col Trapano.

“Amore, ma non fai colazione? Ho preparato la cheesecake!

“No, mi fa schifo”

Nel pronunciare la frase era già di spalle, già davanti al portone di casa, già fuori. Un respiro a pieni polmoni.

Libertà.

Le scale del Liceo erano enormi e a Sara piaceva la sensazione del marmo freddo quando ci si sedeva in attesa della prima campanella. Quella mattina in particolare sentì il bisogno di sdraiarsi sul gradino appoggiando bene la faccia sulla roccia impassibile e fredda, l’orecchio gelato filtrava i rumori dell’edificio mentre gli altri studenti le passavano accanto a velocità accelerata.

“Ehi, non entri?” la svegliò Matias alle spalle.

“Mi vien da vomitare, salto la prima ora”

“Non fare la furba, ti perderesti una bellissima ora di algebra e alito puzzolente?”

“Appunto, se entro vomito sul serio!”

“Fa come vuoi, se non ti vedo per Storia però vengo a cercarti!”

Nessuna risposta.

Matias tentava spesso di avviare una conversazione con Sara. Lei era sempre più interessata alla sua musica che ai suoi impacciati approcci e non sembrava dargli minimamente importanza, eppure quella mattina Sara percepì una voglia forte di prenderlo per il braccio, di chiedergli aiuto, di farsi abbracciare, ma non lo fece.

Il banco di Sara restò vuoto durante la lezione di Storia e per quelle successive ma Matias non la cercò. Non ora.

Col peso dei libri che le lacerava le spalle esili e il sole alto che pareva friggerle il cervello , Sara salì sull’autobus  diretta a casa, la sua casa, quella  che Sara chiamava prigione. La musica le esplodeva in testa armonica e complice, i sobbalzi del mezzo le massaggiavano l’anima, gli sguardi delle persone intorno invece le davano immensamente fastidio. Ancora di più le facevano male i loro pensieri. Erano cattivi, massacranti, criticavano i suoi vestiti, il suo seno, i suoi capelli, il suo peso. Sara non poteva nascondersi, eppure ci provava, ci provava a sparire lentamente.

E ci provò anche quel giorno, seduta sul letto della sua cella. La testa diventò sempre più pesante, in bocca sentiva l’amaro della disperazione scenderle nello stomaco e bruciarla da dentro. Gridò il nome di Matias prima di sbattere il corpo a terra. Un rumore sordo.

“Ecco, ora non funzionerò più”.

 La sirena spiegata era diretta all’ospedale, il Trapano la seguiva in preda ad un pianto stridulo, a denti stretti e con la testa immersa in una nebbia di sensi di colpa, il trucco le colava dagli occhi tracciando ferite verticali.

Sara era sparita di nuovo ma quelle gocce che scendevano lentamente dalla flebo le entravano nelle vene e l’avrebbero fatta riemergere ancora una volta. Sara ancora non lo sapeva. Era ancora qui.

Sara era sparita di nuovo ma quelle gocce che scendevano lentamente dalla flebo le entravano nelle vene e l’avrebbero fatta riemergere ancora una volta. Sara ancora non lo sapeva. Era ancora qui.

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16 commenti »

  1. è un racconto vibrante, mi ha emozionato. grazie e complimenti

  2. Grazie Lorenzo ??

  3. Scusa, i punti interrogativi non erano previsti nel messaggio precedente.

  4. Complimenti per il ritmo della narrazione. Una disperazione in crescendo che lascia il segno nel lettore. Grazie per averlo condiviso

  5. Io l’ho trovato di una tenerezza struggente! E mi piace quando in un racconto o anche in un film ci sia una certa circolarità, un elemento che ritorna alla fine, come si era visto all’inizio. Nel tuo caso quel “non funzionare forse più”.
    Se posso essere sincera fino in fondo, l’incipit invece non mi ha particolarmente colpita, con le parole della canzone, ma è davvero una questione di gusti, non è una critica.

  6. Un po’ tragicamente triste, ma la vita offre anche questo!
    Comunque complimenti per la narrazione, realistica e penetrante!

  7. Grazie a te Paola, grazie infinite per aver letto il mio racconto e per le tue parole!

  8. Grazie Sergio!

  9. Disagio e realtà, entrambi ben descritti.

  10. Grazie Sonia

  11. Hai dipinto perfettamente l’incomunicabilità, la fragilità di una generazione ferita e spaventata, incapace di crescere. Complimenti.

  12. Grazie Elvira!

  13. Tema forte e di grande attualità. Ben scritto. Forse l’avrei “svolto” un pochino di più. È come se qualcosa resta in sospeso. L’idea del Trapano efficacissima.

  14. Bravissima per aver tratteggiato un tema così delicato.

  15. Grazie Caterina e grazie Manuela!

  16. Da una parte chi cerca di mantenere la protezione che ha portato avanti dal primo giorno di vita, adattandosi con fatica alla crescita e al cambiamento. Dall’altra opposizione, chiusura e fuga verso una libertà che non può aspettare e non tollera di essere negata. Non basta un cheesecake, purtroppo. Più avanti negli anni si faranno i conti con più lucidità pesando meriti e colpe e si troveranno nuovi equilibri. Ma questo passaggio del momento più brutto della crisi è descritto davvero molto bene: fretta, insofferenza, inappartenenza, claustrofobia, incomunicabilità. Sara si sveglierà, lotterà, litigherà, scapperà ancora, ma alla fine andrà bene. Complimenti!

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