Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Il vecchio Baldwin” di Clelia Tonini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Si guardò le mani appoggiate sulla tastiera del pianoforte. Mani minute, eleganti. Le dita fragili e sottili come grissini. Si portò le mani al volto con tristezza. La suonata ancora non filava, la musica non volava leggera. Non si spiegava cosa stesse succedendo al Baldwin. Le mani le dolevano da quanto erano tese e contratte. Maria se le accarezzò con delicatezza. Come faceva il marito Giulio dopo ogni concerto.

Ultimo pose il muso sul suo ginocchio. Il boxer le ricordò, puntuale come un orologio svizzero, che erano le sette.

“Hai ragione Ultimo. È ora della passeggiata. Sono due ore che suono. Nulla. È meglio andare.”

Maria si mise le vecchie scarpe da ginnastica che usava per camminare nella tenuta. Passò davanti allo specchio ovale con la cornice dorata. L’unico regalo di sua madre. Si guardò. Si guardò con disappunto.

“Cosa mi succede?” pensò a voce alta

Uscì con il cane, felice e scodinzolante, e presero il sentiero verso il roseto, come ogni mattina. Guardò il sole nella sua prima parte del cammino, che sorgeva dal mare. Respirò l’aria fresca e ricca di energia. La rugiada era ancora appoggiata sui fili d’erba, sulle foglie delle piante e degli olivi, sui grappoli della vigna.  Ogni volta si meravigliava di tanta bellezza.

Fecero il solito giro, fino al confine, là dove scorreva il fiume e dove tra le canne si annidavano i fagiani con i piccoli. Lungo la via del ritorno, in lontananza dominava il grande casolare, che Giulio ereditò dai suoi genitori. Si distribuiva in larghezza su un piano, circondato da un largo portico.

“Il vero valore di questa casa è il portico.” scherzava il marito

Un tempo animato da cene, da feste, da tante persone, da musicisti e non solo. I periodi più belli erano le vacanze al rientro dagli Stati Uniti dove abitavano per lavoro. Lei pianista, lui direttore d’orchestra. Insieme al teatro Metropolitan di New York per tanti anni.

Ora il portico era vivo di rigogliose piante grasse di ogni tipo e grandezza. Alcune erano ricche di fiori dai colori accesi. Il suo sguardo si accontentò, non era più la stessa vita.

Entrò in cucina e vide sull’isola la colazione già pronta.

“Buongiorno signora.” disse la governante

“Natascia buongiorno, puoi telefonare a Claude. Ancora non ci siamo.”

“È venuto solo due giorni fa.”

“Chiamalo per domani.” tagliò corto Maria

Bevve solo il caffè, era smaniosa di ritornare sul piano, di rifare la suonata. Perfetta nella partitura, ma non nell’esecuzione.

‘Cosa succede?’ si agitò

Si avvicinò al pianoforte. Al suo amante da più di trent’anni. Complici e leali. Ore, giorni, anni. Albe, tramonti, notti. Sacrificio, impegno, rivalsa.  E successi. Tanti.

Si avvicinò, accarezzò i tasti lucidi e ingialliti, guardò il cuore intarsiato in un angolo del leggio, invisibile agli altri. La firma di suo marito Giulio. Glielo aveva regalato in un freddo giorno di Natale a Manhattan. Un Baldwin verticale in legno lucido di ciliegio. Quel perfetto oggetto ingombrante seguì Maria in ogni suo concerto fino al casolare.

“Tu sei il mio incantesimo.” ripeteva a ogni vittoria e appoggiava la fronte sul leggio per ringraziare di tanta bontà.

“Cosa mi succede?” urlò con angoscia

“Stai invecchiando, Maria mia cara.” le rispose il vecchio Baldwin

Sentì una voce profonda.

“C’è qualcuno? Natascia?”

Non rispose nessuno.

Si sedette sullo sgabello imbottito in pelle nera. Era spaventata.

Appoggiò le dita sulla tastiera con delicatezza e cercò calore.

“Cosa ci sta succedendo?” parlò con tristezza al pianoforte

“Vieni fuori dalla bruma.”

“Cosa vuoi dire?” domandò incuriosita

“Il problema si chiama Claude.”

Maria scoppiò a ridere.

“Sei ridicolo. È vero. Claude è un arrivista, un arrampicatore sociale. Un pianista che non arriverà mai da nessuna parte. Come accordatore non è un astro nascente. Ci siamo conosciuti al concerto di beneficienza al Teatro Regio di Torino. Beh, cosa c’è di preoccupante? Lo aiuto con qualche lavoretto.”

“Lavoretti? Tre mesi di lavoretti mal riusciti. Quel tizio, il cosiddetto artista, è da brividi. Maria apri gli occhi.”

Mentre Maria lo guardava confusa e spaventata, il pianoforte continuò.

Claude non accordava. Claude creava disarmonia. Fu capace di aggiustare i tasti dissonanti a tempo. Certo, funzionavano, ma per pochi giorni. Ritornava, accordava nuovamente i tasti, privi di ogni suono e ne danneggiava degli altri. Non era di sicuro un bravo pianista, ma era un genio nato. Si ingegnò a tal punto, che tutto era impercettibile.

“Non ti sei accorta proprio di nulla?” domandò incredulo il piano

“Perché? Spiegami perché?” chiese con insistenza la donna

“Non è tutto, c’è dell’altro.”

Il pianoforte continuò ancora.

Claude fece sapere della strepitosa carriera di Maria, del successo delle sue composizioni e del pregiato pianoforte a un amico. Un certo Adolfino, produttore discografico fallito, spregiudicato e fuori controllo. Adolfino intuì subito che la pianista rappresentava una ricchezza senza fondo.

 “Questa è fantascienza. Le composizioni sono nella cassetta di sicurezza in banca. Come avrebbero potuto? In casa non le avrebbero mai trovate.” disse con voce isterica

“Esci dalla bruma, Maria.”

Il vecchio Baldwin proseguì con pazienza. Del resto era abituato alle sue sceneggiate.

“Il loro scopo è tirarti scema, è farti impazzire, è farti perdere ogni stima di te stessa e della tua arte.”

“In che modo? Dimmi in che modo, stupido piano!” Maria si alzò con rabbia dallo sgabello. Respirava con affanno e lo guardò con odio.

“Sabotando, danneggiando, annientando l’unica arte che possiedi, giorno dopo giorno. A tal punto che saresti arrivata a credere che le tue mani non fossero più in grado di suonare. La tua anima a creare. Il tuo pianoforte a suonare.” ribadì con fermezza

Tacquero per qualche istante, ciascuno assorto nel proprio pensiero.

“Non hai tutti i torti, Baldwin. La mia testa è nella nebbia.” disse a bassa voce con tristezza

Il giorno dopo si svegliò con il rumore battente della pioggia. Guardò fuori dalla finestra della camera. La nebbiolina si innalzava dai campi.

“Vieni fuori dalla bruma.” ricordò le parole del vecchio piano

Prese il cellulare e scrisse un messaggio a Claude.

Il piano funziona. Alla prossima.

Si vestì e uscì con il fedele Ultimo. Lo guardò correre dietro una lepre. Sapeva in cuor suo che sarebbe stato il suo ultimo cane. Presero il sentiero dei frutti, delle coltivazioni, dell’orto, per poi risalire verso casa. Il cane abbaiò. Vide in lontananza i facchini. Vide trasportare e caricare il prezioso oggetto sul camion.

“Signora, mi conferma la destinazione, Museo del Teatro della Scala di Milano?”

Maria accennò un sì con la testa.

Lo accompagnò con lo sguardo fino oltre il cancello della tenuta.

‘Vai a stare bene, vecchio tiranno!’ Sorrise in cuor suo.

Finalmente erano entrambi liberi.

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2 commenti »

  1. Ho letto più volte il tuo racconto, lo trovo particolare. Con un maggior numero di battute, alcuni aspetti narrativi avrebbero meritato un approfondimento, come la scena in un cui il pianoforte inizia a parlare, oppure la parte dove emergono i legami e le trame dei personaggi, oppure l’aspetto psicologico di tutta la storia.

  2. Grazie dei suggerimenti, sempre molto utili.

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