Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Il codice narrante” di Laura Venneri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

C’era un raggio di sole che filtrava dalla vecchia finestra nonostante le pesanti tende di velluto e i granelli di polvere danzavano in quel raggio vorticosi e leggeri, come se una musica nascosta li guidasse in quel volteggiare che solo la luce rendeva visibile.

Nell’ombra si muovevano migliaia di elementi impercettibili e invisibili.

Codice li guardava incantato dal suo scaffale e si interrogava se anche la polvere deposta su di lui un tempo aveva ballato in un raggio di sole. Si chiedeva quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che era stato spolverato, aveva deciso di concentrarsi per ricordarsene ma poi le ore e i giorni si erano confusi e aveva smesso di contare.

Sbuffò sonoramente e sentì una fitta nel fianco: era stato colpito dal suo vicino di scaffale. «Stai zitto, non sospirare continuamente. Sei uno strazio!»

Codice tacque immediatamente. «Come sono finito qua in mezzo agli stoici?» si chiese melodrammatico. Sapeva che in quella grande stanza sarebbe stato meglio da qualche altra parte e si domandava spesso quale mente contorta potesse averlo buttato là in mezzo a manoscritti così noiosi.

Eppure, avrebbe dovuto acquisire una certa sopportazione, aveva avuto una vita avventurosa, molte mani lo avevano toccato, esaminato ma da un po’ di tempo sembrava si fossero dimenticati di lui. Se almeno lo avessero riposto vicino ai suoi simili, di solito lo piazzavano vicino ad altri testi classici.

Una volta aveva viaggiato in una borsa di pelle insieme ad un altro manoscritto. La puzza della pelle era stata resa sopportabile dalla magia dei racconti del suo compagno di viaggio.

Era stato così in ansia quando era giunto a narrargli delle Simplegadi! Gli sembrava quasi di poter vedere la nave Argo schiacciata tra quelle rocce terribili, ma il suo episodio preferito era ambientato in Sicilia non che fosse altrettanto terribile e spaventoso ma, ovviamente, quelle terre, quel sole, quei pascoli li sentiva così familiari che si era quasi commosso.

Intendiamoci, aborriva la fantasia sfrenata così come la filosofia ma un bell’epillio era sempre meglio per distrarsi di una di quelle sterminate diatribe filosofiche. Per fortuna il viaggio nella borsa era stato abbastanza lungo da permettergli di scoprire come andava a finire la storia di Giasone e anche di ricambiare il favore facendo conoscere al suo nuovo amico codice il bellissimo canto delle Talisie.

Era molto orgoglioso di sé. Sapeva di avere una certa importanza ma soprattutto sapeva che la bellezza di quei canti sarebbe riuscita ad incantare chiunque.

Mentre rifletteva sul suo valore, sentì il rumore di un taglio netto. Caddero in qualcosa di umido perché dalla borsa cominciò ad entrare un liquido marrone. «Oh no!» gridò al suo compagno di viaggio che si dimenava per cercare di spiare cosa stesse accadendo. Era già stato ripulito dal fango una volta, era dolorosissimo e in genere non si tornava mai come prima.

Cominciarono a sentire chiaramente i fendenti di spade che si scontravano e stivali sconosciuti erano pericolosamente vicini alla borsa rischiando ad ogni colpo di calpestarli.

Codice si ricordò di quando la lampada ad olio dell’abate era caduta vicino al suo tavolo, aveva sentito il calore così distintamente che pensava fosse la fine ma si era salvato e anche stavolta – si disse – sarebbe andata così.

Proprio in quel momento di cieca speranza, un calcio fece capovolgere la borsa che si aprì ed entrambi furono sballottolati fuori. Provò una sensazione nuovissima: si ritrovò adagiato sull’erba, era umida ma piacevole, una carezza profumata. Non sapeva se era corretto definire una carezza profumata ma per fortuna non era un codice di grammatica. Ridacchiò e subito si sentì in colpa. Il suo compagno lo chiamava disperato: era planato su un sasso ma per fortuna non si era danneggiato. Se quegli umani avessero smesso di combattere li avrebbero sicuramente visti e raccolti. Non conoscevano la loro destinazione ma di solito quando venivano spostati non era certo per assistere ad un assalto di briganti e poi venire buttati in un fosso.

Mentre gli uomini continuavano a darsele di santa ragione Codice pensò che il suo creatore doveva aver visto quel paesaggio, o un paesaggio simile a quello, per sentirsi ispirato: le fronte degli alberi, il canto degli uccelli che meraviglia! Peccato solo per il rumore di ferraglia che rovinava l’atmosfera bucolica.

Ne aveva viste di cose strane nel corso della sua vita e gli esseri umani gli erano sembrati sempre così incomprensibili. I monaci del monastero non erano assolutamente come i pastori dei suoi versi e nemmeno quei tre matti che si stavano sfidando là in mezzo al bosco incuranti di loro due. Ad un certo punto, un fendente più forte fece schizzare il sangue dalla gola di uno dei briganti e quello cadde a terra vicinissimo a Codice con gli occhi sbarrati e la bocca digrignata.  Codice aveva già visto la morte e anche il sangue. L’amanuense che si occupava di lui al monastero si colpiva spesso le spalle con uno strano bastone mentre pregava in ginocchio, prima di tornare al lavoro chino su di lui. Dopo quello strano rito, i suoi occhi erano più concentrati, più veloci, le sue mani più tese.

La violenza e la morte non gli facevano paura ma non sapere cosa sarebbe stato di lui quello sì, la sua vita era così precaria. Certo, si rallegrava di non avere una gola che potessero tagliare con una spada ma altri pericoli erano sempre in agguato. Morire bruciato era il suo terrore più grande ma non vedeva fuoco o fumo nelle vicinanze. C’era speranza.

Quando anche l’ultimo brigante fu stordito Codice, venne riposto senza molto garbo nella borsa insieme al suo collega e si rimisero in viaggio. Codice si chiese se avrebbe mai risentito l’odore dell’erba.

Era abituato all’odore di chiuso, di cera, di incenso e di cinabro.

Aveva passato molti anni nel Monastero e si era abituato alla vita metodica e programmata dei monaci, al rintocco delle campane e anche alle più strambe abitudini degli amanuensi che si erano succeduti, col capo chino, a lavorare su di lui.

Subito dopo quello che si flagellava ne era arrivato uno più giovane con i capelli un po’ troppo lunghi, doveva sbuffare per mandarseli indietro quando chino sul tavolino intingeva il calamaio. Non si limitava a scrivere, ma gli era venuto lo schiribizzo di mettersi a fare decorazioni. Codice si chiedeva cosa avrebbero pensato di lui quando avrebbero visto tutti quegli scarabocchi. Ma bisogna ammettere che la sua era una vera e propria arte. Si capiva da come usava il calamaio quasi fosse un pennello, da come ornava le lettere con uno svolazzo all’indietro, una civetteria vera e propria. Il rosso delle iniziali non era mai troppo rosso né troppo sbiadito. Quel monaco sembrava conoscere l’esatta quantità di inchiostro necessaria.

Poi cominciò ad ornare i bordi della pagina con perfette figure geometriche: quasi un’antitesi a quegli svolazzi nelle lettere. Ogni tanto si fermava a guardarlo e sorrideva del risultato. Alcuni giorni saltava la preghiera per disegnare e decorare. Codice si convinse che non fosse molto religioso. Probabilmente era il figlio di qualche famiglia importante, sicuramente aveva un trattamento di favore a cominciare dal fatto che non gli facessero tagliare quel ciuffo orrendo.

Quasi come se avesse potuto sentirlo, un giorno si mise a parlare con lui e a raccontare la sua storia.

Il suo nome era Paolo ed era il figlio illegittimo di un nobile romano. Mole sua stat era solito ripetere. Era stato cresciuto nella “casa” ma non era mai stato riconosciuto e ben presto era stato mandato in quel monastero. Tuttavia, la sua condizione di bastardo non gli aveva impedito di apprendere i rudimenti della lingua e dell’arte e aveva goduto anche di una discreta libertà di movimento.

Appena poteva scappava ad esplorare quella straordinaria città che sembrava rivelare la bellezza in ogni angolo.

Per quanto Roma fosse pericolosa in quegli anni, nel suo degrado, si coglieva il passato glorioso e il germe di qualcosa di straordinario. I più grandi artisti del tempo accorrevano a Roma, le guerre sembravano un ricordo lontano e si respirava l’aria delle grandi attese. Le botteghe erano in fermento e Paolo ragazzino con i capelli troppo lunghi si intrufolava per osservare i maestri all’opera.

Quel monaco aveva un’anima da artista e gli piaceva sempre di più.

Una brusca frenata del cavallo lo distolse dai ricordi del suo recente passato. Forse erano arrivati.

Quando il loro “traghettatore” li tirò fuori dalla borsa per consegnarli al nuovo proprietario Codice capì subito dove si trovava e rimase senza parole. Firenze era bellissima, più di quanto avesse immaginato dai racconti che aveva sentito.

Piazza della Signoria era gremita di gente, uomini e donne comuni, artigiani, artisti e uomini d’affari. Un fermento che sarebbe stato confusione se non fosse che tutti sembravano sapere bene cosa fare e dove andare. Codice non aveva mai visto gente così diversa tutta insieme. Poco più in là sorgeva la famosa cupola di cui aveva tanto sentito parlare. Un gruppo di uomini e donne urtarono il suo nuovo proprietario rischiando di farlo cadere. «Dove vanno?» chiese l’uomo che li aveva trasportati «a sentire un predicatore, un tale Savonarola» rispose il gentiluomo che stava ricompensando il mercante con un sacchetto di monete sonanti.

Codice pensava che sarebbe finito in qualche nuovo Monastero, «bene – disse, rivolto a se stesso e al suo compagno di viaggio – dopo questa avventura un po’ di calma e di preghiere ci vogliono proprio».

Ma non finirono in un Monastero, furono portati in una delle biblioteche più belle che avesse mai visto. Niente a che vedere con le sale di lettura dei monaci. Dal vestibolo dominato da una scalinata in pietra serena fino all’imponente soffitto di legno di tiglio alle vetrate istoriate quel posto era tutto una celebrazione dell’arte e della bellezza.

Il suo nuovo proprietario, quasi a rispondere alla sua curiosità sull’autore di tale munificenza, mormorò tra sé e sé «Quel Michelangelo è davvero un genio».

E quanti manoscritti. Codice non aveva mai avuto tanta compagnia. Dovevano essere migliaia.

Ma non ebbe molto tempo di socializzare: non veniva mai lasciato in pace! Copisti, filologi, un certo Messere e i suoi amici lo studiavano e analizzavano continuamente.

Tra coppe di vino e molte risate sembrava di essere davvero sull’Elicona. Quegli uomini intonavano versi e discutevano di filosofia con la stessa passione con cui declamavano gli Idillii.

Fu quindi ricopiato. Con una certa riluttanza dovette ammettere che la sua copia era a dir poco perfetta.

Il ricordo di quei giorni splendenti lo consolava sin da quando era arrivato a Padova e la polvere aveva cominciato a ricoprirlo. Il suo attuale proprietario era un uomo illustre ma la sua biblioteca era poco frequentata.

Dopo quella carrellata di ricordi il sole era sicuramente tramontato ma nella stanza filtrava ancora una strana luce, finchè non fu chiaro a tutti che si trattava di lingue di fuoco che cominciarono ad arrampicarsi lungo le pesanti tende di velluto rosso.

Correva velocissimo il fuoco. E nessuno sembrava accorrere per spegnerlo. Tutti i manoscritti cominciarono ad urlare chi in greco, chi in latino, chi in volgare. Codice capì che era arrivata la sua fine e si disse che poteva accettarla. Aveva sempre trovato insopportabili gli stoici e ora provava a consolarsi con le loro teorie per la morte imminente. Ma sarebbe morto davvero? All’improvviso gli balenò in mente la sua copia perfetta a Firenze e comprese che il suo passaggio terreno non era stato vano, che sarebbe sopravvissuto insieme ai suoi splendidi versi come le statue, gli affreschi, i palazzi che aveva visto a Roma, a Firenze e infine a Padova. Mentre bruciava si chiese ancora chi fosse il condottiero su quel fiero cavallo che aveva visto appena arrivato a Padova, «probabilmente un veneziano» si convinse mentre le cornici e le lettere rosse svolazzanti del monaco Paolo diventavano cenere.

Loading

5 commenti »

  1. Fin dall’inizio l’ho adorato! Troppo simpatica l’idea di narrare la storia dal punto di vista di un libro!! Confesso che sul finale mi è davvero dispiaciuto per Codice!! Scritto molto bene l’ho letto con molto piacere! Complimenti!

  2. Mi ricorderò del tuo racconto quando posizionerò un libro in libreria!
    Spiace per il finale, poteva continuare a vivere di avventure…

  3. Grazie mille ad entrambe 🙂

  4. Mi è piaciuto molto. Originale e ben scritto. Il finale poi perfetto! Complimenti

  5. Originale e ben scritto! Amo molto i racconti in cui il punto di vista appartiene agli oggetti. Complimenti!

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.