Premio Racconti nella Rete 2011 “Noemi e Luigi” di Debora Boccaccini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011All’asilo nido Coccolandia, stamattina, fervono i preparativi per la festa della mamma. Le educatrici hanno comprato colori (lavabili) e colle (atossiche) e forbici (spuntate) per confezionare i pensierini per l’occasione e i bambini sono euforici alla vista dei tubi di cartoncino colorato che, slegati gli elastici, si srotolano velocemente e rumorosamente, con loro somma gioia.
Sara e le colleghe li adagiano a terra e iniziano a ritagliarli, creando ali per farfalle variopinte, piedi palmati per paperi e ochette, cappelli da maghetto e occhiali, e poi nuvole e fiori e ogni altro oggetto che la fantasia dei bambini riesca ad immaginare.
I bimbi fanno a gara per accaparrarsi il tubetto della colla, e litigano per contendersi lo stesso colore. Loris, ad esempio, strappa dalle manine di Noemi il suo giallo, gridando gioioso “Mio!” ma lei non ci sta e reagisce repentina, riprendendoselo. Loris ha quasi tre anni, è più grande di Noemi e quindi fa valere la propria superiorità fisica strattonando la bimba che, in un atteggiamento già molto femminile, grida Aiuto!…ed ecco arrivare in suo soccorso il principe azzurro che, per difendere la sua dama, spinge il fellone a terra; costui, pur cadendo sul sederino imbottito, scoppia a piangere, ma solo per l’umiliazione subita.
“Luigiii, non si fa così!” lo apostrofa Sara, andando a raccogliere il piccolo Loris per consolarlo e farlo smettere di piangere, e insiste: “Lo vedi che cosa hai combinato?”– lo ammonisce guardandolo dritto negli occhi – “Ora chiedi scusa al tuo compagno.” Luigi è un bambino bravo e obbediente, non ha nessun problema a chiedere: “Scusa, Lolo”, l’importante è che nessuno tocchi Noemi.
E’ sempre così – pensa Sara, guardando Luigi che salta come un grillo attorno a Noemi, seduta sul pavimento a colorare la sua ape Maia – Luigi e Noemi, Noemi e Luigi, sempre insieme, inseparabili.
La bimbetta ogni tanto gli getta uno sguardo e Luigi salta ancora più in alto, e poi si getta a terra e si rotola come un barattolo in discesa, strappando la risata e qualche applauso alla sua amata.
Sì, perché i due si amano, fin da quando, un anno fa sono arrivati all’asilo insieme. All’epoca, Luigi già camminava, mentre Noemi faceva i suoi primi tentativi e quando cadeva, lui era il primo ad accorrere. Se Noemi perdeva il ciuccio, lui glielo rimetteva, prontamente. Poi col passare del tempo, Luigi, maschiaccio in erba, ha cominciato ad usare le maniere forti, calci e spinte a tutti, meno che a lei. E se il senso di protezione sviluppato da Luigi verso Noemi si rafforzava di giorno in giorno, lei lo ricambiava con una manifesta preferenza rispetto a tutti, abbracciandolo e baciandolo ripetutamente.
E’una bambina permalosa con gli altri bimbi, ma mai con Luigi; a volte non vuole che altri tocchino i suoi giocattoli ma a Luigi è sempre permesso. E quando si addormentano, hanno i lettini contigui, uno accanto all’altro, e guai a chi osa sdraiarsi in uno dei due!: Noemi rivendica la proprietà di Luigi a gran voce, e lui quella di Noemi, a calci.
Sono la tenerezza personificata.
NOEMI.
Al centro dell’obiettivo della macchina fotografica ci sono io, con la mia corona di alloro in testa. Alla mia sinistra mio padre, col pizzetto grigio appena rifilato e i capelli tagliati corti “ a pulcino”, come dice la mamma con tenerezza, e alla mia destra mia madre, col suo caschetto rosso mogano “da pazza”, come dice papà, con biasimo.
“Io sono ancora giovane – è la risposta di mamma, valida per tutte le stagioni – posso ancora permettermelo”.
E’ luglio, ma non ho scelto io di laurearmi col solleone, piuttosto c’è da riflettere su CHI abbia inventato (e soprattutto PERCHE’mai lo abbia fatto!) la sessione di laurea estiva. Ma, tant’è, ora sono in posa per la foto ricordo; stasera ho la festa di laurea con i miei amici; poi sabato e domenica farò il giro del parentame, per salutare zii e cugini più o meno affezionati; infine, lunedì prenderò l’aereo per volare verso il mio futuro.
Il mio dottorato di ricerca a Barcellona durerà due anni e tornando, spero di avere uno sbocco professionale nell’insegnamento universitario in Italia. Intanto parto, con in valigia l’entusiasmo contagioso di mia madre e la tristezza di mio padre, che ha tutte le riserve del caso.
Eppure dovrebbe essere l’opposto, dato che per mia madre, io sono la sua unica figlia: dovrebbe essere possessiva, e iperprotettiva e contraria alla mia partenza, e invece non lo è. Per mio padre sono la seconda figlia, da lui mi aspetterei maggior distacco, e invece no. Forse perché sono una femmina o forse perché mi ha avuta a cinquant’anni, a pochi giorni dal suo compleanno, e mi ha sempre considerata come un regalo di Dio, o forse perché sono la figlia della donna che lui considera il grande amore della sua vita, non lo so.
So che quando gliel’ho detto, ha pianto e ho sentito che il cuore gli batteva all’impazzata, quando l’ho abbracciato per consolarlo.
So che non dovrei dirlo, ma lui è sempre stato il mio genitore preferito.
Papà è un intimista, introverso, fatto di poche parole e molte emozioni. Con le sue abitudini, il suo essere sempre uguale, sempre sereno, ha rappresentato la sicurezza e la mia solidità; mentre la mamma, con il suo estro e l’imprevedibilità, ha dato colore e sorriso e energia ai miei giorni ma non sempre l’ho capita veramente, anzi!, a volte l’ho sopportata a fatica. Fissata, poi, con l’indipendenza femminile, mi ha rimpinzato la testa di idee femministe e devo a lei, molto probabilmente, la mia solitudine sentimentale.
A forza di sentire i suoi discorsi (immagino che me li propinasse al posto della ninna- nanna già da fin dentro la culla!), ho fatto della mia autonomia la mia bandiera, la mia forza e il mio orgoglio ma gli uomini paiono non amare queste qualità in una donna, almeno non quelli che ho frequentato finora. Spero molto nella Spagna….
Li guardo abbracciati in posa per la fotografia intitolata “Ed ecco i genitori della luminare della scienza appena insignita” e non so proprio come farò senza di loro. Insieme hanno rappresentato il mio mondo: la roccia e il sole, la regola e l’eccezione, la serietà e il gioco.
Ce la farai benissimo. Tu sei la persona più in gamba che io abbia mai conosciuto, mi ha sussurrato la mamma nell’orecchio, mentre era lì alla mia destra, con il sole negli occhi e nel sorriso.
INSEPARABILI.
Mentre guido, getto un’occhiata dallo specchietto retrovisore e vedo che papà, seduto dietro, si sta addormentando. Mia madre, sul sedile accanto, mi chiede:
– Sei nervosa?
– No, perché?
– Beh, ci porti a conoscere i tuoi futuri suoceri, è un momento importante. Potremmo non piacerci, sarebbe un guaio, quanto meno sarebbe imbarazzante, no? Sono più giovani di noi?
Siamo dunque arrivati al nocciolo del problema: è in ansia per via dell’età. Mamma e papà mi hanno avuta tardi, oggi lei ha sessantasette anni e mio padre è un quasi – ottantenne, e pensano che per me la loro età possa essere motivo non dico di vergogna quanto d’imbarazzo. Invece io li adoro, sempre così uniti, così insieme, così ancora perdutamente innamorati l’uno dell’altro: si guardano negli occhi quando si parlano, si prendono per mano quando passeggiano, si chiedono ancora pareri e opinioni, dopo tanti anni sono ancora una coppia. Sono strabilianti.
Dopo averci riflettuto su, trovo, forse, le parole giuste per tranquillizzarla sulla questione:
– No, non sono giovani e non so dirti se hanno meno di te e papà. Però lei pare un po’ più vecchia di te, forse di qualche anno – e allora la vedo sorridere, appoggiando il capo sul poggiatesta, finalmente rilassata.
Mentre raggiungiamo Civitanova, mamma comincia a consigliarmi le strade migliori, per evitare semafori e rotonde che ci intralciano lungo la via.
– Conosco Citanò come le mie tasche – dice, ed è la solita frase, ogni volta che capitiamo qui, perché la mamma è originaria di questi luoghi e ha sempre frequentato Civitanova per via del lavoro,prima, e per gli outlet di calzature, poi.
Quindi, ascoltando il mio navigatore vivente, comincio a inforcare una serie di viette e viuzze trasversali, per evitare il traffico della nazionale Adriatica e mi ritrovo in men che non si dica in fondo al paese, nella zona dello stadio. Ora da qui in poi la strada la conosco io, e il navigatore vivente alza le mani, cominciando ad osservare i palazzi tutt’intorno.
Stiamo raggiungendo la casa del mio fidanzato. Andiamo “a fare conoscenza”, come si dice da queste parti, in vista del nostro imminente matrimonio. Le mie forti aspettative nei confronti della Spagna, dunque, erano state ampiamente ripagate, al di là quanto io stessa avessi mai osato immaginare, perché in terra straniera non solo mi ero innamorata ma avevo persino incontrato l’Amore, quello giusto, quello a cui è impossibile sottrarsi e che ti costringe a legarti, mani e piedi!, ad esso, irrimediabilmente; ed è appunto quello che sta per succedere perché il nostro matrimonio è fissato per il prossimo 31 dicembre. Una data spettacolare, secondo mia madre. Secondo mio padre, no….
Papà, sul sedile posteriore, ha schiacciato un pisolino per tutto il tempo ed ha appena aperto gli occhi, stropicciandoseli come un bambino. Mamma allunga il braccio attraverso i sedili, e si prendono, al solito, per mano.
– Questo è corso Vittorio Emanuele, mi dice, ed io annuisco.
– Brava, ora devo girare qui e andare dritta fino allo stop…
– Si, con corso Garibaldi.
– Esatto, poi lo attraverso e….
– …e passi davanti al cinema Adriatico– termina lei.
– Esatto.
– Ma questa è Via indipendenza! dice mamma, con entusiasmo – abitano qui?
– No, in via Castelfidardo, devo girare a sinistra.
– Non ci posso credere! Ma lo sai che in via Castelfidardo c’era il tuo asilo nido?
– Ma che? Coccolandia?
– Si, si, stava proprio lì. Ecco, dopo il cavalcavia, a sinistra c’è la BNA….
e tutti guardiamo a sinistra dove c’è una lunga vetrata, con su scritto “Kebab Rashid”,
– prima c’era …– precisa mamma e poi indica la vietta a sinistra – e quella è via Castelfidardo, aggiunge.
Esatto, e metto la freccia a sinistra, per girare aspettando il mio turno.
Mamma è pensierosa, la vedo di sottecchi che diventa seria seria e “sento” i suoi ingranaggi girare forte. Smette di dare istruzioni e si guarda attorno, senza commentare più nulla, ma siamo arrivati. Fermo la macchina davanti al cancello del condominio, scendo e vado al citofono a suonare e vedo mamma quasi imbronciata. Sta succedendo qualcosa.
Il cancello si apre, io entro nel vialetto, fermo la macchina e tutti scendiamo, mentre Luigi ci viene incontro. Dopo avermi baciato, stringe la mano a papà e bacia la mamma, che lo abbraccia col solito calore, anzi forse con qualcosa in più. Alle spalle di Luigi sopraggiungono i suoi genitori, il grande momento sta per arrivare. Mentre presento papà, mamma in disparte sta guardando altrove, nella casa accanto, verso le finestre del primo piano. Si è avvicinata alla recinzione per guardare meglio, quasi calpestando l’aiuola lì a confine.
“Mamma? – la chiamo, senza capire. Sta succedendo qualcosa.
La mamma si volta, con gli occhi umidi ma sorride. Si avvicina al gruppo e spedita raggiunge la madre di Luigi, e la chiama per nome: Michela! – e aspetta la sua reazione.
Tutti siamo stupiti, ci guardiamo l’uno con l’altro, basiti, e poi tutti insieme guardiamo lei, che ora prende la donna per le braccia e le spiega: Ti ricordi l’asilo? Coccolandia? Era lì, erano quelle finestre lì, vero?
– Si, ma tu – dice Michela aguzzando la vista dietro gli occhiali spessi, per vedere meglio, per vedere lontano almeno almeno a ventisette anni di distanza – ma tu sei…
E le facce delle due donne si accendono come lampioni, si spalancano le porte della sorpresa e della meraviglia, si riconoscono e si abbracciano forte ridendo, sotto lo sguardo stupefatto dei presenti.
– ..sei Debora, la mamma di Noemi! – sussurra Michela.
– e tu sei Michela, la mamma di Luigi! – le fa eco mia madre, emozionata.
Noemi e Lugi. Luigi e Noemi. Sempre insieme, inseparabili.
questi due piccoli innamorati esistono veramente! Rappresentano la gioia delle loro mamme e la speranza di un futuro d’amore, che non si realizzerà forse in questi termini, ma…chi può dirlo? Il destino è imprevedibile.
Verrebbe da dire che l’asilo Coccolandia è stato “il nido” di un amore sbocciato in tenera età.
E’ un bel racconto: una tenera storia d’amore, raccontata con stile molto gradevole.
Nikki Simonetti
Gioacchino De Padova
Da Coccolandia a Happyendlandia, il cerchio, come è giusto che sia, si chiude nei tempi e modi più giusti . E conclude una storia che mi da l’idea essere del tutto vera. Il racconto si esplica lieve e delicato. I salti temporali adottati dall’autrice, col momentaneo abbandono di uno dei protagonisti, ci fa chiedere preoccupati: ma Luigi dov’è finito? Nessuna paura sappiamo che non può sparire dalla storia, non sarebbe giusto. “Eccolo di nuovo, che ci fa ciao” come direbbe Shel Shapiro. Romanticamente piacevole.