Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2023 “Profumo di pane” di Stefano Minari

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023

Ciao nonna Hilda,

ti scrivo una lettera invece della solita telefonata, perché mamma dice sempre che le cose belle bisogna scriverle, così possono essere lette e rilette più volte e riportare il sorriso nelle giornate tristi. A dir la verità mi vergogno un po’ di come è iniziata questa storia.

Devi sapere che sulla strada per la scuola c’è la bottega di un fornaio, dove molti amici si fermano per comperare la merenda. Mi fermavo spesso anch’io, ma senza soldi potevo comperare solo il profumo che usciva da quella vetrina. Torte, biscotti, focacce, ma soprattutto pane, ceste e ceste di pane. Nonna, sapessi che profumo ha quel pane! Sarà per l’invidia verso i compagni, sarà perché la colazione a casa era sempre piuttosto striminzita, avrei dato non so che cosa per poter entrare almeno una volta ed uscirmene con il mio bel filone fumante sotto il braccio, da mostrare in classe come un trofeo.

Finita la scuola, avevo comunque occasione di passare spesso là davanti e avevo notato un ragazzo che aiutava il fornaio nelle consegne a domicilio. Infilava una decina di sacchetti nei borsoni della bici e poi via a pestare sui pedali. Una volta l’ho incrociato mentre recapitava un sacchetto di pane in un’abitazione vicina alla piazza e per un paio di giorni l’ho tenuto d’occhio. Sempre più o meno alla stessa ora, stessa modalità: bici e borsoni contro il muro, un suono al campanello, una corsa sulle scale e poi ritorno dopo circa 5 minuti. Il terzo giorno ho aspettato che chiudesse la porta alle sue spalle e poi ho frugato in un borsone per rubare un sacchetto di pane e volare via. La porta si è aperta all’improvviso, col ragazzo di spalle che ringraziava un signore che si era incaricato di portare lui il pane ai destinatari. Era più grande di me e mi è saltato addosso in un lampo, strappandomi il sacchetto dalle mani. E strappando pure il sacchetto. Il pane di cui avevo sentito già addosso il calore ed il profumo è finito per terra. Mi ha quasi staccato un orecchio con uno sberlone.

“Brutto idiota. Adesso rubalo pure e mangiatelo a casa sul pavimento, come un cane. Tanto la tua faccia non mi è nuova e ti verrò a cercare!” Risalì sulla bici e corse verso la bottega, per farsi sostituire quello che io avevo rovinato.

Non è stato necessario mi trovasse lui; ci ha pensato prima mamma. Il nostro quartiere è piccolo, tutti si conoscono e non riuscirebbe a nascondersi neppure una formica. Mi ha detto che non mi avrebbe picchiato perché neppure le botte che aveva preso dal nonno avevano salvato suo fratello Tomàs dalla galera, tuttavia il fatto di vederla piangere a dirotto mi ha fatto più male che se avessi preso due schiaffi in piena faccia. Per qualche giorno non mi ha quasi parlato e io non ho trovato neppure il coraggio di chiederle scusa, dal tanto mi vergognavo. Una mattina mi ha chiesto di accompagnarla a fare la spesa e in pochi minuti mi sono trovato davanti alla bottega del fornaio.

“Entra” mi ha detto in modo secco.

Una signora gentile ci ha fatti entrare in una piccola stanza vicina al locale dove luccicavano il forno e le impastatrici.

Seduto ad una panca ci attendeva il fornaio, Carmelo. Ho notato subito le sue mani appoggiate al tavolo, con il palmo verso l’alto ed ho avuto paura che intendesse rifilarmi gli schiaffoni risparmiatimi da mamma. Con quei due badili avrebbe potuto staccarmi la testa dal collo.

“Mamma mi ha detto che ti chiami Felipe. Io sono Carmelo, il proprietario del pane che hai cercato di rubare la settimana scorsa. Lei è venuta subito qui, offrendosi di pagare, ma io non voglio i suoi soldi, voglio i tuoi. Non subito, me li porterai quando ne avrai. Ma attento che ho la memoria lunga!”

Me la stavo facendo addosso. Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia e continuavo ad osservare le sue manone e quel mignolo della destra tutto ricurvo verso l’esterno.

“Strano il mio dito, vero? Quando stringo la mano a qualcuno, lui è lì che esce per i fatti suoi, ma mi aiuta a ricordare come è fatto il mondo. Io ho iniziato a rubare alla tua età, fregando matite dal cartolaio. Poi sono arrivati i borseggi al mercato, la prima bicicletta, finché non ho rubato il portafogli alla persona sbagliata, un parente del boss del quartiere. Mi hanno aspettato fuori dal cinema, portato in un vicolo e spezzato il mignolo. Una piccola punizione per un piccolo sgarro involontario, ma con la promessa di passare a trovare anche le altre dita, se necessario. Niente pronto soccorso, solo una fasciatura casalinga: era la regola non scritta del quartiere.”

“Ma al boss la mia sveltezza era piaciuta e sono diventato il suo esperto in motorini, auto e infine il fattorino tutto fare. Ho anche imparato a sparare e giravo pure armato, per darmi un tono, casomai dovesse servire a spaventare qualcuno. Una mattina fui invitato in campagna a una prova di tiro e mi fecero provare una nuova pistola; fui così bravo che mi dissero che potevo pure tenerla. Alla sera vennero a prendermi i carabinieri, che cercavano il responsabile di una sparatoria fra bande di qualche giorno prima. Come fossero arrivati a me, posso immaginarlo; fatto sta che trovarono la pistola, che, guarda caso, usava proiettili uguali a quelli trovati nella pancia di un ferito grave e, ovviamente, le mie impronte digitali sull’impugnatura. Risultato: cinque anni di galera.”

“Tua mamma mi ha raccontato la sua storia, che certo conosci bene anche tu. È scappata via dal Sudamerica con te ancora in fasce, perché tu non facessi la fine di suo fratello Tomàs. Anche lui sarà partito dal rubare una piccola cosa, come tutti, quasi per gioco, come me con le matite. O come tu col pane.”

“Per fortuna un sacerdote mi ha convinto a frequentare un corso di pasticceria in carcere e mi ha poi trovato un lavoro in questo forno, gestito da un vecchio di nome Michele, cui ormai servivano braccia più giovani e robuste delle sue. Non gli ho mai chiesto nulla, ma anche lui non doveva aver avuto una vita facile.”

“Carmelo, non guardarti indietro” – era stato il suo benvenuto alla bottega – “C’e qualcosa di peggio che aver buttato via una fetta della propria vita: buttare via pure il resto!”

“E così mi passò i segreti del mestiere, ma prima di tutto quelli del pane. Quando lo rivedo, lo prendo sempre in giro perché gli dico che ho conosciuto un arcangelo Michele tutto particolare; quello vero aveva la spada, il mio la pala. Lui ride, poveretto, ormai non capisce bene quello che gli capita intorno, ma gli devo il mio secondo pezzo di vita. Ogni volta che tolgo dal forno quel cibo dorato, tiro fuori qualcosa di buono anche da me.”

Mi porse la manona per stringerla, ma la mia fu inglobata nella sua come un capretto nella bocca di un coccodrillo. “Si stringe la mano, si stringe la promessa. Aspetto i tuoi soldi quando li avrai! Ma intanto non rovinarti la vita per un pezzo di pane. Se ti infili nell’imbuto sbagliato, non sei più tu che decidi se tornare indietro.”

Sai, nonna, da quel giorno sono passate diverse settimane. A luglio il ragazzo delle consegne ha trovato un lavoro e Carmelo mi ha chiesto di sostituirlo, almeno fino all’apertura delle scuole. Il momento più bello è però quello in cui entro nel forno e lo aiuto a preparare i sacchetti da consegnare. Mamma mia! Il paradiso probabilmente profuma di pane! Ormai le vacanze sono agli sgoccioli, ma credo che ogni tanto andrò ad aiutare Carmelo, anche solo per immergermi ancora in quell’aroma divino.

PS: Sai tenere un segreto? Penso che Carmelo lo vedrò spesso comunque. L’altro giorno ho dimenticato il berretto al forno e così nel pomeriggio sono andato alla porta sul retro per entrare. Carmelo stava lì in sella alla sua moto; mamma gli era di lato, lui l’ha baciata sulla fronte e le ha infilato un casco. Mamma è salita in sella dietro di lui, abbracciandolo stretto. Carmelo ha dato gas al motore e via! Io mi ero nascosto dietro a un cassonetto dell’immondizia per non farmi vedere. Li ho lasciati passare e ho sentito che si lasciavano dietro una scia dal meraviglioso profumo di pane.

Un abbraccio

Felipe

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1 commento »

  1. Bello, ben scritto. Le emozioni traspaiono dalle righe.

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